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L’Editoriale/ Storia. L’Unità degli Italiani e l’antica chimera di Massimo d’Azeglio

Creato il 07 dicembre 2013 da Antonio Conte

massimo_dazeglioBari – Stimolato da uno stimato lettore del mio blog, metto da parte alcuni dei miei doveri per il dopo e mi cullo nella lettura di alcuni articoli tra cui la recente scomparsa di Nelson Mandela che lascia un vuoto incolmabile, l’annuncio di Papa Francesco ai fedeli di fare la pastorale cattolica e cristiana anche dal web. Questa notizia mi porta a pensare che forse avremo dei moderatori più capaci, più genitori attenti e consapevole delle birbate solitarie fatte nel cyber spazio da adolescenti intelligenti ed irrequieti. Leggo ancora notizie – destabilizzanti dicono alcuni dispacci delle agenzie –  legittime della Consulta. Mi rincuora che l’Ansa abbia usato le virgolette su alcune parole riportandole e non facendole proprie. Leggo ancora delle fioriture nelle primarie di casa PD, di quelle del Carroccio accompagnate dalla euforica e trasbordante dichiarazione di Bossi, secondo il quale, solo lui stesso sarebbe in grado di salvare la Lega. E ancora, si possono leggere le opinioni, che direi almeno esagerate, di Grillo rivolte ad una lunga serie di nomi. Stamattina, per radio si poteva ascoltare anche un’altra sua iniziativa: la gogna mediatica per i giornalisti dissidenti. “Al legno”, una giornalista dell’Unità. Potremmo dilungarci infatti, sulla libertà di espressione dei giornalisti o di ogni cittadino costituzionalmente sancito dall’arti. 21. Ma anche sull’opportunità o meno di provocare sentimenti di odio. E ancora si è letto delle iniziative nel centro destra dopo lo scioglimento del PDL.

Si può concludere che a livello politico ciò che purtroppo sta emergendo sono gli estremismi. Come se si fosse aperta una finestra temporale sulla politica che si chiuderà, ci si augura con le prossime elezioni, ma per scongiurare problematiche di stabilità del Governo, fosse sarebbe opportuno si svolga un pacato e sereno confronto politico: il più ampio possibile.

Vivo questa fase della vita politica italiana con un certo incredulo sospetto che ciascuno tiri al proprio mulino e che nessuno – o quasi – pensi più agli elettori.

Tra le cose che sono venute a galla da queste letture; stimolato da amici che come me hanno a cuore la Pace ed il progresso del paese, non solo nazionale, è un lavoro di Massimo D’Azeglio, “I miei ricordi”(*), mi sono soffermato a Pag. 9 dove leggo le seguenti parole: “pur troppo si è fatta l’Italia, ma non si fanno gli Italiani”. In nota il link al documento.

La frase mi porta indietro ai ricordi di recenti studi in cui festeggiando i 150 anni della Repubblica – era solo due anni fa: 1861-2011 – avevo preparato una breve tesina circa la diffusione della lingua italiana grazie al Cinema ed alla Televisione, ma come vedremo e non solo: “L’Unità d’Italia e degli Italiani”. L’importanza della lingua standard italiana era palpabile per esempio quando il Cinema muto iniziò a preparare le didascalie per commentare le varie scene. Si affidò l’incarico al poeta Gabriele D’Annunzio che ne preparò con stile, anche se non mancava chi, come Montale, scriveva altre poesie come “I Limoni” in netto contrasto stilistico e di contenuti per esempio alla “Pioggia nel Pineto”. Tuttavia, la diffusione della pellicola muta con didascalie dannunziane portava giovamento alla lingua italiana che anche così iniziava ad affermarsi sui dialetti regionali.

Altri episodi importanti erano la nuova Pubblica Amministrazione di cui allora non si sarebbe potuto sospettare il suo livello attuale di ingrovigliamento o la sua abulimia normativa.  E, tuttavia la burocrazia portò con la mobilità dei dirigenti, che dal nord si trasferirono nelle regioni meridionali, il suo contributo al livellamento nell’uso della lingua italiana, insieme ad un lento scambio dei costumi e degli usi locali.

Non possiamo tacere però il forte contributo dato dalle Forze Armate, in particolare dall’Esercito alla standardizzazione della italianità in tutte le regioni grazie alla leva obbligatoria che imponeva la convivenza tra soldati proveniente da diverse regioni: allora il periodo di leva superava i due anni. L’Esercitò organizzò molti corsi di italiano nelle caserme elevando il grado culturale dei soldati che esonerati dal lavorare potevano e doveva imparare come parlare o scrivere con altri connazionali. Era insomma ancora assente una lingua comune standard diffusa.

Fatti determinanti circa l’unificazione linguistica giunsero da Alessandro Manzoni che aveva pubblicato da poco, nel 1840 il suo noto romanzo, i “Promessi Sposi”. Diventato Ministro della Pubblica Istruzione promosse il testo come lettura obbligatoria nelle scuole. Ovviamente anche la Scuola cambiò e pose gli accenti sulle differenze, o meglio sulle peculiarità regionali dalle quali partire per costruire il sentimento nazionale ed il rispetto per la cultura italiana.

Altri contributi più recenti sono venuti da Piero della Francesca nella letteratura, con la radio e poi con la televisione. Ricordiamo il fenomeno di massa di “Lascia o Raddoppia” con Mike Buongiorno o di “Campanile sera”, il gioco televisivo in onda dal 5 Novembre 1959 sul Rai Uno, all’epoca “Programma Nazionale della Rai” e trasmesso ogni il giovedì sera alle 21:00 e condotto sempre da Mike Bongiorno con l’esterna di Enzo Tortora. Da questo partì poi l’idea del noto programma “Giochi senza Frontiere” che coinvolgeva nei gioghi tutti i paese europei e milione di telespettatori italiani. La stessa RAI, allora di servizio al cittadini-telespettatori, trasmetteva “Non è mai troppo tardi”, si trattava di un corso di Italiano standard diffuso per televisione. Potevano partecipare infatti tutti gli italiani che aveva o potevano procurarsi un posto davanti alla TV.

Erano queste alcune delle iniziative e dei grandi momenti che sarebbero piaciute a Massimo D’Azeglio, che aveva ragione e purtroppo ne ha ancora. L’Italia oggi sta attraversando momenti difficili, la cosa più riluttante che sembra dover ingoiare è che molti politici non pensano più con valori unitari e con il rispetto all’unica bandiera. Sembra che l’azione politica sia in cerca di più Italie. Sarà davvero così?

Forse cari lettori, alla fine dopo aver scelto un partito dovremmo scegliere anche quella? Riflettiamoci!

Antonio Conte

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Note
(*) http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t207.pdf

41.125816 16.866650

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