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l’elemosina

Da Dallomoantonella

Ieri mattina ero in casa, nella mia bella casuccia calda, in assoluto relax.
Suona il citofono ed io apro la porta finestra del terrazzo e lancio un urlo nel vuoto..”Chi è?”
Nessuno risponde allora mi avvicino alla balconata e intravedo una mendicante, una signora anziana, che in genere sotto le feste viene sempre a bussare in giro in cerca di arrotondare la sua povertà.
Accidenti, come faccio a scendere così in disordine? Allora cerco di rendermi un poco presentabile, e quindi prendo il mio piccolo obolo e scendo le scale.
Arrivata al cancello, la mendicante non c’è più.
Ma no, non può essere andata via.
Allora guardo meglio, se poi corro sulla strada forse la vedo allontanarsi e la posso richiamare.
Nulla, di lei è rimasto solo il suo fantasma.
Dispiaciuta torno in casa.
Ma che razza di cristiana sono, penso tra me.
Hai esitato troppo a renderti presentabile, mia cara, e l’occasione di fare il tuo dovere te lo sei lasciato scappare.

Poco male, ripenso. Devo uscire e forse la ritroverò per strada.

Nella tarda mattina decido di andare al mercato. Siamo sotto le feste e devo fare delle spesucce.
Arrivo nel solito angolo della via Cavour.
Tutti i giorni sta un ragazzo di colore, sempre nello stesso punto, come se si fosse incollato a quella mattonella della strada, a chiedere un poco della nostra generosità.
Come lo vedo giro l’angolo, per istinto.
Mi inquieta vederlo sempre lì, con il suo sguardo implorante, e la gente che gli passa davanti facendo finta di non vederlo.
Ma subito dopo mi si accende il ricordo della mia povera vecchietta dimenticata e ritorno indietro decisa.
Mi giro verso il mio amico e vedo che lui già mi sta guardando.
Ha già capito tutto anche lui.
Lo raggiungo, e gli metto nelle mani il mio dovere di buona cristiana.
Lo guardo negli occhi e gli dico “Buon Natale”.
Lui mi ricambia risollevato lo sguardo.
Poi mi allontano, tra il soddisfatto e l’imbarazzata.
Mi imbarazza incontrare la povertà.
So che dentro ogni povero c’è Gesù, ma io non sono stata educata ad averne autentica compassione. Io non ho il dono di amare i poveri come me stessa. Io della povertà ho paura, e in genere paura ed amore non vanno molto d’accordo.
Però mi vergogno. Mi vergogno della mia piccola fortuna che so di non avere fatto nulla per meritarla. So che c’è un muro invisibile tra quello che sono io e quello che sono loro, i poveri.
Il mio terrore di stare dalla parte sbagliata è tale che la povertà preferisco gestirla così, con questi piccoli quanto sporadici gesti.
E questo fanno di me una cristiana come tutti, un poco smunta.

Camminando decisa verso il mercato, trovo un altro giovane, questa volta non di colore, che altrettanto mi chiede qualcosa, implorando.
Io rispondo decisa: “Ho già dato dall’altra parte, non ho nulla…”
Mento spudoratamente.
Non è vero che non ho nulla.
Ho semplicemente ritenuto esaurito il mio dovere di assistere il prossimo.
Subito mi ripento della mia indifferenza.
Decido tra me di rimediare al ritorno.

Tornando dal mercato piena di piccole borse, m’ incammino decisa verso quell’angolo dove avevo lasciato deluso il mio povero.
Ma ecco che mi cade lo sguardo su un uomo che sta inginocchiato sul ciglio della strada. Ha davanti a sè un cartello con scritto. “Sono povero, per favore aiutatemi”

Lo so che ci sono i falsi poveri. Lo so che tra questi si nascondono dei mezzi omuncoli che vivono di espedienti e che stanno soltanto recitando una parte. Lo so che se dovessi incontrarli di notte, da sola, in una strada solitaria, forse sarebbero loro a farmi la festa.
Ma ora è giorno, siamo in una via piena di gente e di luce, ed io sono propensa a fare bene, a vedere solo le cose positive.
E dunque mi dico pari pari. “E perchè non darli a lui, i miei piccoli denari?”

L’uomo sta con la testa girata dalla parte opposta, come se avesse vergogna di farsi vedere, o come se attendesse la sua fortuna altrove.
Però mi sente avvicinare e si gira verso di me.
Intravede l’obolo tra le mie mani e non faccio in tempo a dirgli “Auguri” che già le sue mani hanno afferrato le mie, pronte ad acciuffare il cinque euro prima di vederselo volare via.
Anche lui si stupisce di tale immediatezza inconsulta ed inattesa.
Io lo saluto con lo sguardo pensoso.
Un fugace incrocio di sguardi, e poi il povero ritorna sommerso nella sua povertà mentre io ritorno a far parte della mia vita ordinaria.

Quanti poveri, ragazzi. Se abbiamo bisogno di toglierci il nostro senso di colpa per avere una vita normale mentre altri non ce l’hanno, davvero non ci mancano le occasioni.

Se ci fossero tanti uomini buoni quanti sono i poveri del mondo, il mondo non sarebbe poi così povero.

E pensare che i poveri esistono solo perchè esistono i ladri, non ci fa davvero sentire meglio.

In quanto alla mia vecchietta, non l’ho rivista, ma so che tornerà a suonare alla porta.

Ecco, quello che volevo dire con questo piccolo articolo è che noi siamo soprattutto la nostra quotidianità, dietro l’apparenza e i momenti di euforia che lasciano il tempo che trovano.

E che se avessimo una quotidianità di cui non vergognarci, saremmo senz’altro come gli alberi di natale, tutti splendidamente illuminati.


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