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L’enigmatico caso dell’uccello aronese

Creato il 04 aprile 2012 da Alfa
L’enigmatico caso dell’uccello aronese
Agli appassionati di misteri non sarà sfuggito un articolo sul numero 4 del mensile «Il sasso nel lagone», pubblicato il primo di ogni mese. Ideato e diretto da Massimo Sole, brillante penna trasteverina trapiantata sulle rive del Verbano, «Il sasso nel lagone» è una rivista su cui ci riserviamo di tornare in altra occasione in quanto ha tutte le caratteristiche per scuotere la sonnacchiosa vita culturale della cittadina in cui viene stampato, per il suo stile accattivante e gli approfondimenti rigorosamente documentati.
Torniamo però al reportage a firma di M.S., sigla dietro cui si nasconde verosimilmente lo stesso Massimo Sole, dedicato a un misterioso episodio accaduto poco più di un secolo fa. Lo spunto è dato da un articolo comparso sul n. LXVI di «Annals of Cryptology» che contiene un elenco di straordinarie scoperte di specie precedentemente ritenute fantastiche. Pesci come i celacanti (Latimeria chalumnae e Latimeria menadoensis), autentici fossili viventi che si credevano estinti assieme ai dinosauri ed invece sorprendentemente ricomparsi sui mercati del pesce nell’Oceano Indiano. O mostri degli abissi fino a pochi anni fa ritenuti leggendari, come gli Architeuthidae, i calamari giganti che vivono nelle profondità dell’oceano e i cui tentacoli possono raggiungere  25 metri di lunghezza.
Oltre a queste e ad altre specie l’articolo di «Annals of Cryptology» citava il caso di una fenice (il cui ultimo avvistamento, in terra di Egitto, risale all’anno 34 d.C.) in Piemonte agli inizi del Novecento. La fonte di tale segnalazione era indicata brevemente in un diario di un cittadino aronese che un ufficiale americano, il capitano John A. Fisher, aveva potuto leggere alla fine della seconda guerra mondiale grazie alla nipote, con cui aveva avuto una breve ma intensa relazione.
M.S. ha avviato quindi una sua personale ricerca che l’ha portato infine a mettere le mani sul famoso diario, consegnatogli dall’ormai anziana signora. Il racconto che ne è scaturito è altamente godibile e vi invito a leggerlo nella versione originale. Mi limito, con il consenso dell’autore, a riassumerne i contenuti.
Tutto cominciò con il ritrovamento di una strana creatura in uno dei boschi sulle colline sopra Montrigiasco. Era l’anno della cometa di Halley, il cui passaggio non mancò di scatenare ancestrali paure. Lo scrittore Lev Tolstòj, scrisse a questo proposito sul suo diario: “La cometa sta per catturare la Terra, annientare il mondo, e distruggere tutte le conseguenze materiali della mia attività e delle attività di tutti. Ciò prova che tutte le attività materiali, e le loro presunte conseguenze materiali, sono prive di senso. Solo ha un senso l'attività spirituale.”
Come sappiamo lo scrittore fu smentito dai fatti (a dimostrazione di quanto poco avveduti possano essere talora gli scrittori) e le attività materiali proseguirono alacremente, ad ogni modo in quei mesi molti erano in attesa di eventi straordinari. È in questo contesto che si collocano gli eventi descritti nel diario del giovane Randolfo Carroccio.
In esso si descrive il rinvenimento da parte di una banda di ragazzini di uno strano uccello, che nessuno aveva mai visto prima, ma che tutti trovarono straordinariamente bello. Particolare curioso, l’animale copriva sempre accuratamente il fianco sinistro, impedendo in tutti i modi di vederlo nonostante gli sforzi di quanti si avvicinavano.
Dopo poco, comunque, tutti cessarono di interessarsi a questo aspetto, incantati dalla bellezza e dalle straordinarie tonalità del suo piumaggio. Randolfo sottolinea che solo pochi invece prestarono attenzione ai suoni che emetteva, trovandoli nel complesso piuttosto banali.
Poiché l’uccello sembrava incapace  di volare, uno strano gruppo di persone prese a radunarsi per accudirlo e ammirarlo in segreto, formando una sorta di setta. M.S. li descrive come “ragazzini viziati da piccoli e fanciulle dagli occhi sgranati”, ma anche come “poeti di arte incerta,
impiegati saccenti, ingegneri di poco ingegno e uomini di mezza età dalle fantasie eccessive”.
E aggiunge che tutti erano affascinati dalla bellezza di questo straordinario uccello. Tutti erano impegnati a lodarlo e nutrirlo. E tutti erano convintissimi di trovarsi di fronte ad una fenice, la mitica creatura che gli antichi Egizi pensavano potesse rinascere dalle proprie ceneri.
Dalla lettura del diario emerge un altro elemento sconcertante. Tutti i componenti del gruppo degli adoratori della fenice raccontavano agli altri di strane visioni, in cui si vedevano nei panni di cavalieri senza macchia e senza paura, coperti da bianche armature, impegnati improbabilmente a combattere il male che li circondava. Dalla lettura è impossibile comprendere se si trattasse di fantasie o di vere e proprie allucinazioni. 
La realtà apparve improvvisamente, in tutta la sua drammaticità, un giorno di aprile dell’anno 1911. Quel pomeriggio lo strano gruppo di amici si radunò per sfamare il sempre più famelico uccello, ma questo, evidentemente insoddisfatto dall’offerta, alzò l’ala sinistra, mostrando il suo lato orribile e crudele. Con una zampa artigliata strappò il cuore ad uno di quelli che l’avevano amorevolmente curata fino a quel momento e lo divorò. Quindi spiegando le ali si levò in cielo lanciando urla che risuonavano come un’orribile maledizione. E svanì per sempre.
Non sappiamo esattamente cosa accadde in seguito. I giornali parlarono brevemente della scomparsa di un certo A.M., tornando sulla vicenda solo per riferire di una voce secondo la quale un aronese sarebbe stato tra i dispersi nel naufragio del transatlantico RMS Titanic, naufragato nella notte tra il 12 e il 13 aprile 1912. Inutile dire che nessun nome corrispondente compare nei registri dei passeggeri imbarcati.
Non risultano altre indagini sul caso. Dobbiamo pertanto desumere che il resto del gruppo si sia guardato bene dal denunciare il fatto. Il diario di Randolfo Carroccio si fa lacunoso e, in un punto, davvero inquietante quando dice che “fecero ciò che andava fatto, portando a termine l’opera della fenice”.
Allo scoppio della Grande Guerra Randolfo Carroccio si arruolò volontario e fu tra i primi caduti sul fronte italiano. Il suo diario rimase in un cassetto, a lungo dimenticato. Finché non fu ritrovato, gettando nuova luce su questo episodio che ha dell’incredibile.

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