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L'equazione di Frank Drake

Creato il 27 novembre 2014 da Dariosumer

L'equazione di Frank DrakeFrank Drake
Fin da giovane Drake amava l'elettronica e la chimica. Racconta di aver considerato la possibilità dell'esistenza della vita su altri pianeti già a partire dall'età di otto anni, ma non discusse quest'idea con la sua famiglia o gli insegnanti a causa delle prevalenti ideologie religiose.
Si iscrisse alla Cornell University grazie ad una borsa di studio di elettronica. Lì iniziò a studiare astronomia. Le sue idee riguardo la possibilità dell'esistenza di vita extraterrestre vennero rinforzate quando lesse uno scritto dell'astrofisico Otto Struve nel 1951. Dopo il college lavorò brevemente nel campo dell'elettronica e poi si laureò in radioastronomia all'Università di Harvard.
Drake iniziò la sua carriera intraprendendo la ricerca radioastronomica al National Radio Astronomy Observatory (NRAO), a Green Bank nella Virginia Occidentale e in seguito al Jet Propulsion Laboratory. Condusse importanti misurazioni che rilevarono la presenza della magnetosfera e della ionosfera gioviana.
Nel 1960 Drake condusse la prima ricerca radio di un'intelligenza extraterrestre, nota come Progetto Ozma. Non venne trovata alcuna evidenza di segnali alieni. Drake considerava il “contatto” sotto forma di segnali luminosi o radio inevitabile negli anni a venire.
Nel 1961, assieme a J. Peter Pearman, organizzò la prima conferenza sul SETI al NRAO. Qui propose a una dozzina di scienziati la sua famosa equazione, un tentativo di stimare il numero di civiltà extraterrestri intelligenti presenti nella nostra Galassia con le quali potremmo pensare di entrare in contatto. Il vero problema nella stima di questo numero sta nella scarsa conoscenza che abbiamo dei fattori di questa equazione.
Drake prese parte ai primi studi sulle pulsar, fu professore alla Cornell University (1964-84) e direttore del Osservatorio di Arecibo.
Nel 1974 scrisse il Messaggio di Arecibo, mentre nel 1972 disegnò assieme a Carl Sagan la piastra collocata sulle sonde Pioneer 10 e 11, il primo messaggio fisico inviato nello spazio. La piastra venne progettata per essere comprensibile da un eventuale extraterrestre che avrebbe potuto incontrarla. In seguito supervisionò anche la creazione del Voyager Golden Record.
Nel 1974 venne eletto all'Accademia Americana per le Arti e le Scienze.
Drake è un membro dell'Accademia Nazionale per le Scienze e fu il presidente della Società Astronomica del Pacifico. Attualmente è impegnato nel Progetto Phoenix, legato al SETI.
È professore emerito di astronomia e astrofisica all'Università della California, dove è stato anche preside di Scienze Naturali (1984-88).
L'equazione di Frank DrakeKnown, types alien of worlds
Gli astronomi hanno scoperto più di 700 pianeti alieni al di là del sistema solare, il numero è in aumento . Alcuni sono grandi e caldi, e altri sono più piccoli e freddi, ma gli scienziati sono ancora alla ricerca di un gemello della Terra.
Solo di recente, esattamente il 5 Dicembre è stato scoperto da Keplero telescopio spaziale della NASA, un pianeta nella zona abitabile che ruota intorno alla sua stella, in cui, l'acqua liquida e forse la vita, potrebbero esistere.
Alla domanda: "quante potrebbero essere le civiltà aliene presenti nella nostra galassia?" apparentemente si può dare risposta solo lavorando di fantasia e proponendosi di fare dell'ottima fantascienza.
C'è stato qualcuno che ha provato a dare invece una risposta quantitativa cercando strenuamente di rimanere all'interno del contesto della pura speculazione scientifica.
Lo ha fatto elaborando un'equazione che, una volta risolta, permetterebbe di avere una stima attendibile di quante altre civiltà condividono con noi questo strano condominio che potrebbe essere la nostra galassia. Nonostante i termini che compaiono nell'equazione siano tutti potenzialmente quantificabili, per la stessa natura del problema, essa si colloca nel terreno tanto caro a chi scrive della speculazione "ibrida", nel senso di appartenere all'intersezione tra filosofia probabilistica, fantascienza e "seria" scienza. Infatti, quasi tutti i termini di questa equazione sono conosciuti con un tale margine di errore da costringerci a considerarli, da un punto di vista strettamente scientifico, praticamente… ignoti, anzi, incogniti.
A proporla fu nel 1961 l'astrofisico Frank Drake. Sulla base di vari considerazioni che riporteremo più avanti, Drake stabilì che il numero di civiltà presenti nella nostra galassia poteva essere quantificato tramite la relazione
N = N* fp nt fv fi fc fe
In essa N rappresenta appunto il numero di civiltà presumibilmente presenti nella galassia. Bisogna prestare attenzione al fatto che comunque qui si parla di civiltà e non di vita nel senso più generale del termine.
Il motivo di un tale distinguo operato da Drake immagino sia da ricercare nella chiara impossibilità tecnologica- all'epoca drammatica, oggi sempre meno preoccupante- di andare a vedere di persona se altrove vi siano forme di vita.
Quindi la speranza di scoprire se, a esempio, su Vega esista o meno una civiltà veniva riposta interamente nella possibilità di ricevere una "telefonata" da lì, un messaggio organizzato in modo tale da dirci in modo non ambiguo che la vita non solo lì è attecchita, ma che ha anche raggiunto un grado di evoluzione culturale tale da permetterle di comunicare la propria presenza.
Il secondo termine, primo del secondo membro di questa equazione, è un numero enorme e questa sua enormità è il motivo principale per cui anche la speranza di non essere soli è tra le ultime a morire.
N* infatti rappresenta il numero di stelle della nostra Galassia, stimato dell'ordine dei cento miliardi di stelle più o meno simili al nostro Sole. Possiamo anche pensarlo come l'unico termine dell'equazione
N = N*, possibile variante di quella di Drake, manifesto dell'ottimismo per eccellenza che vede la vita nella sua forma classificabile come civile, attecchita attorno a tutte le stelle. Una posizione impossibile da difendere sulla base di un buon senso fisico e storico-politico.
fp è la frazione di stelle "capoluogo di provincia", ovvero che trascinano gravitazionalmente dei sistemi planetari. Questo termine è soggetto a continue revisioni da parte degli astronomi i quali, grazie al notevole impulso dato dalle nuove tecnologie, proprio in questi ultimi anni stanno trovando sempre più prove inequivocabili della presenza di pianeti attorno a moltissimi degli astri esaminati.
nt nell'equazione recita la parte della frazione di questi pianeti che presentano condizioni simili a quelle del nostro: una distanza dalla loro Stella che possa fornire una quantità di calore e di luce né scarso né troppo intenso (ovvero che la collochi in quella che viene di solito indicata come "zona abitabile"), in una zona del sistema planetario in cui gli effetti mareali degli altri pianeti siano trascurabili; un pianeta in cui vi sia la presenza degli elementi essenziali per la nascita della vita e con una gravità tale da potere trattenere un'atmosfera; un'atmosfera che riesca a indurre un effetto serra così da proteggere il suolo dalle dannose radiazioni ultraviolette, eccetera.
fv è la variabile che tiene conto di quanti di questi pianeti adatti alla formazione della vita siano stati realmente in grado di farlo. La vita come e forse più di qualsiasi altro evento all'interno del nostro Universo è un fenomeno complesso, soggetto a moltissime, troppe variabili e il percorso fisico, chimico e biologico che conduce al suo sviluppo può essere deviato o interrotto da tutta una serie di fattori, alcuni al momento noti e molti altri ignoti. Tra i primi non possiamo non pensare, per esempio, alla caduta al suolo di uno o più asteroidi delle dimensioni di quello che qui sulla Terra si suppone abbia interrotto bruscamente l'esistenza dei dinosauri.
Al termine fi viene affidato un "lavoro di concetto": deve tenere conto di quanti, tra tutti quei fortunati pianeti che hanno sviluppato la vita, sono stati capaci di custodirla e di permetterle di evolvere come vita intelligente.
fc è un termine alquanto cinico e arriva subito dopo fi a ricordarci che l'intelligenza è una cosa e la civiltà è un'altra. L'intelligenza intesa come capacità di connettere logicamente concetti per sintetizzarne altri o produrre azioni, è un articolo che sul nostro pianeta si spreca e, come per le arance, una grande abbondanza ne fa precipitare il prezzo.
Sembra allora così normale ai nostri occhi che la vita sia sempre intelligente, ma la vita civile fatta di cultura, tecnologia e buon senso (servirebbe più di un dossier per stabilire cosa effettivamente sia, ma dubito si riuscirebbe nell'intento: propongo un'equazione di Drake per il buon senso) è il solo fattore che può farne risalire le quotazioni.
Come già qualcuno faceva notare, un mondo popolato da soli cani sarebbe un mondo pieno di intelligenza, ma la loro mancanza di manualità bloccherebbe la possibilità che questo pianeta rientri nel novero di quelli rappresentati dal termine fc.
Chi scrive è fra quanti pensano che, per molti versi, il cane sia meglio dell'uomo; ma senza cadere nei molti luoghi comuni cari ai cinofili, posso solo immaginare che forse la mancanza di un concorrente così forte come l'uomo permetterebbe anche ai cani di sviluppare nei millenni un pollice opponibile e altre caratteristiche capaci di condurre una specie animale allo sviluppo di una civiltà.
In ogni caso, ovviamente, la ritengo un'ipotesi remotissima. Nel suo incredibile cinismo, il termine fc contempla comunque anche la possibilità che si possa trattare di vita intelligente e civile, ma anche estremamente riservata e non disposta per motivi suoi a comunicare proprio niente di sé. Pudore cosmico, insofferenza verso gli altri, agorafobia o semplicemente uno stadio evolutivo civile ma non tecnologicamente adeguato alla comunicazione interstellare potrebbero essere tutti elementi tali da fare crescere il valore di questa frazione.
E così siamo arrivati all'ultimo termine, il vagone finale di questo treno di possibilità che essendo sì in qualche modo connesse tra loro, ma- a ben vedere- tutte indipendenti, vanno moltiplicate reciprocamente come suggerisce di fare la teoria delle probabilità, cosa che spiega la particolare forma dell'equazione di Drake.
fe è un termine tremendamente realistico e, dato che la Storia è maestra di vita, ci dice che le civiltà nascono, crescono, raggiungono un apogeo culturale e di prosperità economica; ma dice anche che- ahimé- prima o poi subiscono la catastrofe del declino spesso autodistruttivo.
Se una civiltà aliena fosse disposta a comunicare con altre civiltà sparse nel cosmo, ma nella sua isteria evolutiva- a questa sua apprezzabilissima tendenza- si contrapponesse l'incubo di una guerra totale tale da distruggere l'intera razza o da lasciare pochi superstiti incapaci per vari motivi di riprendere un discorso orientato verso la comunicazione cosmica, non verremmo mai a sapere della sua esistenza.
Sembra di avere chiesto a un interlocutore: "Ho diverse novità circa la vita nell'Universo, alcune decisamente brutte, altre belle, altre meno. Quali vuoi sapere prima?" e che ci sia stato risposto di partire con le belle per arrivare, per gradi, alle peggiori.
Siamo partiti con l'ottimismo per antonomasia dato dalla posizione "esistono tante civiltà quante sono le stelle" e finiamo con lo scenario peggiore che si possa immaginare, ovvero di trovarci in una galassia paragonabile a un deserto pieno di villaggi abbandonati o di paesi in cui sono tutti defunti; noi unici superstiti di questo grande monumento ai caduti che potrebbe essere la nostra galassia.
Appare chiaro come sia un'equazione che rispecchia una visione della vita per così dire tolemaica: essa ci dice che troveremo civiltà solo laddove le condizioni saranno uguali o di poco dissimili da quelle che troviamo qui sulla Terra.
La pretesa di scientificità di questa equazione e della teoria che la sorregge potrebbe allora sembrare vacillare se la si guardasse come una moltiplicazione di incognite, ma si commetterebbe l'errore di non considerare la grande correttezza del metodo adottato per condurre la ricerca del valore dei suoi singoli termini: è proprio per tutelare questa correttezza del metodo scientifico che è stato scelto di restringere il campo d'azione di questa ricerca a ciò che sappiamo per certo sulla vita e le sue richieste dalla nostra esperienza diretta di esseri viventi.
Potrebbe apparire un'equazione inutile, uno stupido lambicco fatto per pubblicare articoli, libri o Dossier, addirittura.
Potrebbe sembrare addirittura il vessillo di una ricerca "pseudoscientifica", ma in fondo le promesse di città spaziali e di viaggi sulla Luna sono realizzate sì dalla scienza, ma sono state teorizzate e annunciate alla gente da menti come quella di Drake in possesso di una certa dose di fantasia e di capacità di analisi fuori dal comune.
Se un "ragioniere cosmico" può oggi permettersi di stare dietro all'oculare di un telescopio a osservare per nottate intere un singolo oggetto del cielo per stabilire con precisione estrema quale è la sua luminosità nell'infrarosso, deve riconoscenza magari al suo collega che indaga sul Principio Antropico e che pubblica con l'Adelphi: la gente non sa che farsene della luminosità di quell'oggetto quando il giorno dopo si trova al supermercato di fronte alle melanzane.
Se si fa ricerca spaziale è anche perché molti contribuenti credono agli UFO per provare un sano brivido contro il quale non mi sembra il caso di scagliarsi più di tanto.
Gli adulti si danno dei motivi per sognare che siano all'altezza della suggestione, di infantile memoria, di Babbo Natale.
Babbo Natale in ogni caso sembra accertato che non esista, mentre dell'inesistenza degli UFO ancora non abbiamo prove certe. Possiamo e dobbiamo tollerare simili credenze pseudoscientifiche pseudoscientifiche perché spesso la scienza, paradossalmente, in ultima analisi è pseudoscientifica.
Secondo alcuni studiosi, comunque, è possibile dare una stima abbastanza precisa del valore dei singoli termini dell'equazione di Drake, valutazione che paiono condurre alcuni alla conclusione che la vita altrove c'è, convincendo invece molti altri della sua assenza.
Il bello di questa equazione è in definitiva il suo stesso difetto più evidente: ovvero che la sua apparentemente rigorosa scientificità attrae molti seri studiosi che riescono a fare valutazioni numeriche estremamente varie e spesso fortemente contrastanti sul possibile valore del suo risultato!
Vita intelligente
Quante civiltà extraterrestri?
L'equazione di Frank DrakeL'equazione di Drake è il più famoso, rispettato modello matematico per la previsione di vita aliena. Ora, è un infografica di facile lettura
❖ Un calcolo probabilistico
Cominciamo col dire che, naturalmente, può esserci un atteggiamento di totale negazione, a priori, dell'esistenza di altre civiltà extraterrestri: e in tal caso è inutile fare dei conteggi.
Un altro atteggiamento (che è sostanzialmente quello condiviso dalla maggioranza degli scienziati) consiste nel dire che, siccome esistono delle leggi generali che valgono in tutti i punti dell'Universo, si può ragionevolmente pensare che un certo fenomeno avvenuto in un punto possa verificarsi anche in un altro, se le condizioni sono analoghe. Perlomeno mediamente.
Naturalmente la difficoltà consiste nel valutare le varie situazioni e i vari processi, e trarne poi una probabilità statistica. Per questo, con l'aiuto del Prof. Alfonso Cavaliere e del Prof. Daniele Fargion, astrofisici all'Università di Roma, abbiamo cercato di tracciare due «curve»: una ottimistica e l'altra pessimistica. La prima corrisponde alle valutazioni fatte da persone come Isaac Asimov o l'astronomo Carl Sagan. Nel suo libro "Civiltà extraterrestri" (Extraterrestrial Civilizations, 1979), Isaac Asimov fa un'analisi accurata delle probabilità; le sue cifre secondo alcuni sono persino prudenziali, ma noi le considereremo il massimo dell'«ottimismo ragionato» e rappresenteranno quindi la curva superiore [*]. Per quanto riguarda il pessimismo è difficile dire fino a che punto si può essere pessimisti: comunque ci sembra che le cifre sotto indicate possano rappresentare una valutazione abbastanza restrittiva. I dati si riferiscono alla nostra Galassia, dove conosciamo meglio il numero di stelle e certe condizioni locali. Naturalmente si tratta di cifre arbitrarie, ma costituiscono un esercizio interessante, per ragioni che vedremo in seguito.
❖ Ottimismo e pessimismo
Iniziamo dunque col primo dato. Quante stelle esistono nella nostra Galassia? Circa 300 miliardi, si ritiene. Per un calcolo pessimistico diciamo solo 100 miliardi. Scriviamo quindi le nostre prime due cifre.
Numero di stelle nella nostra galassia
Ottimista: 300 miliardi
Pessimista: 100 miliardi
Quante di queste stelle possono avere un sistema solare simile al nostro? Se si scartano le stelle doppie, quelle troppo grandi, quelle troppo piccole ecc. si arriva alle seguenti valutazioni (che tiene conto del fatto che la vita media di una stella deve essere abbastanza lunga per dare il tempo alla vita di evolversi su un pianeta).
Numero di sistemi solari simili al nostro
Ottimista: 1,7% di 300 miliardi = 5 miliardi
Pessimista: 0,1% di 100 miliardi = 100 milioni
Ma se esistono sistemi solari simili al nostro, quante probabilità vi sono che esista un pianeta nella posizione giusta, cioè non troppo caldo e non troppo freddo? Alcuni studiosi, come Michel Hart, ritengono che non sia estremamente raro che un pianeta possa trovarsi alla distanza giusta, e che forse noi siamo gli unici. Tuttavia la maggior parte degli esperti e piuttosto incline a credere che un pianeta in orbita giusta non dovrebbe costituire un'eccezione. La stima ottimistica è del 20%, la pessimistica può scendere al 10%.
Numero dei sistemi solari simili al nostro che potrebbero avere un pianeta in posizione giusta
Ottimista: 20% di 5 miliardi = 1 miliardo
Pessimista: 10% di 100 milioni = 10 milioni
Come si vede, in due passaggi, il pessimista si trova già a una valutazione cento volte inferiore, rispetto all'ottimista (cioè 10 milioni rispetto a 1 miliardo).
A questo punto nasce una domanda importante: ammesso che esista un pianeta adatto, quale è la probabilità che la vita sia poi veramente cominciata? Questo è il punto più controverso.
Tutti sono d'accordo che si possono formare ovunque molto facilmente delle molecole organiche, le quali sono già in pratica i mattoni della vita: quanto però alla probabilità che si uniscano insieme per creare delle grandi molecole capaci di replicarsi, e poi dare origine a delle forme di vita di tipo batterico, questo dipende da valutazioni veramente soggettive, perché oggi non disponiamo di parametri validi.
Alcuni ritengono che ciò sia assai poco probabile, altri invece ritengono che se il tempo a disposizione per un evoluzione biochimica è sufficiente, ci sono buone probabilità che questo processo si verifichi. Altri ritengono addirittura che si tratti di un fenomeno quasi spontaneo, così come avviene per la formazione di amminoacidi. Asimov è fra questi, e nel suo libro dà questo evento al 100%, considerandolo praticamente una conseguenza spontanea, quando il pianeta è adatto alla vita.
A questo punto ci sembra ragionevole sdoppiare le ipotesi pessimistiche. Un moderato (cioè che accoglie le precedenti valutazioni pessimistiche, ma in questo caso si dimostra assai più possibilista) potrebbe valutare queste evento al 50%.
L'ipotesi estrema potrebbe, in teoria, scendere a zero: ma in realtà nessuno di coloro che studiano questi problemi esclude che ciò sia avvenuto.. Una probabilità su 10 mila (lo 0,01%) sembra poter rappresentare una valutazione abbastanza pessimistica. Si hanno quindi a questo punto tre cifre.
Numero di pianeti adatti alla vita su cui può essersi sviluppata una forma di vita di tipo batterico
Ottimista: 100% di 1 miliardo = 1 miliardo
Moderato: 50% di 10 milioni = 5 milioni
Pessimista: 0,01% di 10 milioni = 1.000
Il passo successivo è l'evoluzione della vita. Qui c'è abbastanza accordo sul fatto che la vita, una volta partita, possa in qualche modo evolversi. Per gli ottimisti l'apparizione di esseri pluricellulari è solo questione di tempo: 70% di probabilità. Il moderato potrebbe dire: 20 probabilità su cento. Il pessimista potrebbe scendere a 5 probabilità su cento.
Numero dei pianeti sui quali da forme di vita di tipo batterico avrebbero potuto svilupparsi forme di vita di tipo pluricellulare
Ottimista: 70% di 1 miliardo = 700 milioni
Moderato: 20% di 5 milioni = 1 milione
Pessimista: 5% di 1000 = 50
Vediamo ora il gradino successivo: lo sviluppo dell'intelligenza. Per l'ottimista il passaggio dall'essere pluricellulare a forme intelligenti è quasi certo (90%). Il moderato potrebbe valutare questa probabilità al 25%; il pessimista al 2%.
Numero dei pianeti sui quali partendo da forme di vita di tipo pluricellulare avrebbero potuto svilupparsi forme di vita intelligenti
Ottimista: 90% di 700 milioni = 600 milioni
Moderato: 25% di 1 milione = 250.000
Pessimista: 2% di 50 = 1
Una volta che si arriva agli esseri intelligenti, gli ottimisti ritengono che il passaggio a forme di vita sociale, con sviluppo di forme di tecnologia, sia ovvio (100%). Anche il moderato si sbilancia e accetta l'idea che partendo da forme di vita intelligenti (dato un tempo sufficiente) si possa giungere a una società tecnologica (100%). Il pessimista, invece, ritiene che ciò possa avvenire solo molto raramente (5%).
Numero dei pianeti dei quali, partendo da forme di vita,avrebbe potuto svilupparsi una civiltà tecnologica
Ottimista: 100% di 600 milioni = 600 milioni
Moderato: 100% di 250.000 = 250.000
Pessimista: 5% di 1 = 0,05
Ma subentra a questo punto un altro notevole passaggio restrittivo. Se vogliamo comunicare con un'altra civiltà extra terrestre, infatti, noi non siamo ovviamente interessati alle eventuali civiltà già scomparse o a quelle non ancora nate: noi siamo interessati solo a quelle contemporanee, cioè che esistono in questo momento. Per fare questo calcolo occorrerebbe sapere quanto dura una civiltà tecnologica. Perché se dura un tempo molto lungo, allora ci sono più probabilità che le nostre esistenze si incrocino; se la durata è molto breve, allora le probabilità diminuiscono notevolmente.
Mediamente sulla Terra un mammifero, come specie, dura cinque o dieci milioni di anni; l'uomo con la sua civiltà tecnologica, durerà di più o di meno? Asimov dice di meno: solo un milione di anni. Se si applica un criterio analogo per gli altri pianeti, facendo un po' di conti si ha solo una probabilità su mille (cioè lo 0,1%) che un'altra civiltà tecnologica sia nostra contemporanea. Questa è l'ipotesi ottimistica.
Il pessimista moderato potrebbe dire che la durata di una civiltà tecnologica è molto inferiore al milione di anni: solo 20.000 anni. Tuttavia, poiché un sistema solare del nostro tipo (e quindi un pianeta come la Terra) è solo a metà strada della sua esistenza (e quindi ha ancora qualche miliardo di anni di vita), potrebbero riemergere in seguito, sullo stesso pianeta, varie volte, altre civiltà. Diciamo 10 altre volte, per complessivi 200.000 anni. Quindi lo 0,02%. Il pessimista, invece, potrebbe dire che una civiltà tecnologica dura solo duemila anni, poi si autodistrugge e non riappare mai più. Ecco quindi le nostre ultime cifre.
Numero dei pianeti della galassia sui quali esiste una civiltà tecnologica
Ottimista: 0,1% di 600 milioni = 600.000
Moderato: 0,02% di 250.000 = 50
Pessimista: 0,0002% di 0,05 = 0,0000001
La cifra ottimista è molto elevata: secondo Asimov esisterebbero oggi nella nostra Galassia 600.000 civiltà extraterrestri. Ci sembrano decisamente troppe, anche se non abbiamo prove per dimostrare il contrario.
Il pessimista moderato arriva alla cifra conclusiva di 50. Cioè noi saremmo una delle poche civiltà tecnologiche oggi esistenti nella Galassia.
Tra queste due cifre, 50 e 600.000, esiste dunque un ventaglio di probabilità,in cui si possono situare coloro che ritengono possibile o probabile l'esistenza di altre civiltà nella nostra Galassia.
Quanto al pessimista egli è sceso molto al di sotto dello zero, e secondo i suoi calcoli noi non dovremmo praticamente esistere se non per puro caso. C'è infatti solo una probabilità su dieci milioni (appunto lo 0,0000001) che esista oggi una civiltà tecnologica nella nostra Galassia. Siamo stati eccezionalmente fortunati ad apparire. E’ come se avessimo azzeccato cinque volte di seguito un en plein alla roulette.
❖ Una sorprendente moltiplicazione
Non so quale di queste varie opzioni è più vicina al vostro modo di vedere. Si tratta, naturalmente, di un esercizio teorico e ognuno può scegliere delle strade intermedie o zigzaganti o diverse. E rifare i conti per le sue ipotesi. Se però sostanzialmente le vostre conclusioni rimangono nell'arco di queste valutazioni, c'è un fatto molto sorprendente che succede.
Infatti, queste cifre si riferiscono soltanto alla nostra Galassia. E nell’Universo esiste un numero immenso di galassie: si calcola ve ne siano almeno dieci miliardi osservabili... A questo punto le cifre cambiano completamente, perché bisogna moltiplicare il tutto per almeno dieci miliardi, e allora si sale a cifre sbalorditive.
Il pessimista, in tal caso, salirebbe da 0,0000001 a 1.000. Vale a dire che, in base alle sue restrittive percentuali di valutazione, vi sarebbero oggi nell'Universo almeno 1.000 civiltà extraterrestri.
Il moderato salirebbe a 500 miliardi... E l’ottimista a 6 milioni di miliardi di civiltà extraterrestri contemporanee alla nostra! Ecco quindi i dati conclusivi per l'Universo:
Numero di civiltà tecnologiche oggi nell'universo
Ottimista: 6 milioni di miliardi
Moderato: 500 miliardi
Pessimista: 1.000
Sono cifre che ci appaiono strabilianti ed eccessive: d'altra parte si deve pur ammettere che per escludere l'esistenza di altre civiltà nell'Universo bisognerebbe ricorre a percentuali ancora più basse di quelle adottate nell'ipotesi pessimistica. Cioè bisognerebbe essere più pessimisti del pessimista. In altre parole, questo esercizio probabilistico ci mostra che il numero di stelle è talmente elevato che, pur mantenendosi bassi, si ottengono in definitiva cifre sorprendenti, anche se non riusciamo a valutare quali sono queste probabilità, perché ognuno può rendersi conto che le variabili sono troppe, e nessuna cifra attendibile può uscirne fuori. Questi calcoli, insomma, pur non potendo dimostrare alcunché, sembrano indicare che valga la pena di tentare una ricerca seria, e di passare dalla teoria alla pratica: cioè di arrivare alla fase sperimentale. Infatti nella scienza c'è una regola d'oro che è alla base di tutto il processo delle conoscenze: qualsiasi ipotesi o teoria è la benvenuta, però non hanno alcun valore scientifico fino a quando non vi sono delle verifiche sperimentali. Il metodo sperimentale è il solo valido. Altrimenti uno può dire una cosa, un altro il contrario, un terzo un'altra cosa ancora, senza poter provare nulla. Le teorie sono certamente utilissime, perché sono stimolanti e servono per impostare una ricerca. Ma senza verifiche sperimentali restano quello che sono: cioè solo delle ipotesi.
Ma allora come si fa a verificare se esistono delle civiltà extra terrestri?
C’è, per ora, un solo metodo sperimentale possibile: quello di mettersi in ascolto dello spazio con dei radiotelescopi, e cercare di captare dei segnali radio.
[*] L'analisi delle probabilità di Isaac Asimov
da "Civiltà extraterrestri" (Extraterrestrial Civilizations), 1979
Nella nostra Galassia Via Lattea ci sarebbero:
300.000.000.000: stelle
280.000.000.000: sistemi planetari
75.000.000.000: sistemi planetari che girano attorno a stelle simili al Sole
52.000.000.000: stelle simili al Sole che hanno un'ecosfera utile
5.200.000.000: stelle simili al Sole, popolazione I, 2a generazione, con ecosfera utile
2.600.000.000: stelle simili al Sole, popolazione I, 2a generazione, con un'ecosfera utile al cui interno giri un pianeta
1.300.000.000: stelle simili al Sole, popolazione I, 2a generazione, con un'ecosfera utile al cui interno giri un pianeta simile alla Terra
650.000.000: numero di pianeti abitabili
600.000.000: numero di pianeti abitabili che hanno generato la vita
433.000.000: numero di pianeti abitabili che hanno generato una vita multicellulare
416.000.000: numero di pianeti abitabili che hanno generato una ricca vita terrestre
390.000.000: numero di pianeti che hanno sviluppato una civiltà tecnologica
530.000: numero di pianeti in cui è in essere oggi una civiltà tecnologica

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