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L’estinzione del riformismo dopo l’asteroide Grecia

Creato il 24 giugno 2015 da Albertocapece

asteriudeCiò a cui siamo di fronte è l’estinzione di una specie politica, anzi di molte specie tra loro collegate: l’asteroide greco ha colpito duramente dopo mesi di tira e molla e in un attimo ha posto ufficialmente fine al grande mastodonte della socialdemocrazia. Ne ha svelato la vecchiaia e l’impotenza, l’anacronismo di tesi, strategie, sistemazioni intellettuali buone per il capitalismo produttivo, ma del tutto inutili dentro quello finanziario e globalista. La resa di Tsipras – come del resto avevano immaginato molti commentatori – è di fatto quella di un intero atteggiamento di fronte ai problemi della democrazia e dell’eguaglianza che si pensava di poter affrontare e risolvere gradualmente dentro il contesto e il paradigma della produzione.

La Grecia si è alla fine arresa non perché non potesse andare alla guerra, visto che anche i creditori hanno armi affilate, ma perché resistere davvero e non mandare avanti un bluff nella speranza che gli altri ci caschino, era nell’essenza e nella natura di Syriza che faceva conto come un Rousseau collettivo sulla natura sostanzialmente “buona” e riformabile dell’Europa, dell’euro e dei corollari sociali ad esso collegati, quasi che l’austerità fosse un incidente di percorso e non una velenosa sostanza politica. Alla fine non è riuscita a contrastare l’egemonia culturale dominante, trascinando anche i greci che hanno votato per lei a sperare nella possibilità di compromesso ed anzi vedendo in esso l’unica strada. E’ sembrato di assistere a uno di quei documentari in cui si vanno a filmare gli squali per dimostrare che dopotutto non sono pericolosi e non attaccano l’uomo. Il capitalismo finanziario lo attacca eccome invece e il non accorgersene è dovuto solo alle distorsioni prodotte dal controllo culturale stabilito dal pensiero unico.

E’ umano, troppo umano come direbbe Nietzsche –  sempre a proposito di nuovi miti della sinistra – che all’inizio del declino dell’Urss e ancor più dopo la sua implosione, con la mancanza di un oggetto di fede ancorché criticato e criticabile all’infinito, ma pur sempre impalcatura destinata a sorreggere la legittimità concreta di speranze, si sia dato vita alla danza dei dervisci narcotizzati da fine della storia,  fine delle ideologie, postmodernismo, società liquida, non senso della distinzione destra -sinistra e infine decrescismo da disperazione e immolazione. In sostanza a una lunga resa tra ipocrisia e disorientamento.

Ora sappiamo che qualsiasi movimento politico pratichi queste vie è così intriso di pensiero unico da non riuscire a trovare in se stesso la forza di sottrarsi al ricatto e che senza un’idea di società radicalmente differente, anche solo come grenzbegriff, come concetto limite, non può che sventolare bandiera bianca di fronte alle logiche finanziarie. Oltretutto è politicamente e anche psicologicamente impossibile gestire la necessaria gradualità di uscita dal paradigma della massima diseguaglianza come motore economico, senza essere collegati a un’idea forte e alternativa. E la vicenda greca dimostra come questo non sia solo impossibile in tempi normali, ma lo è anche nel cuore dell’emergenza, dell’impoverimento, della crisi umanitaria.

Del resto sperare in una rivoluzione in mancanza di un soggetto rivoluzionario è un prendersi in giro, al massimo si può far conto su un ribellismo che certamente può cambiare qualche carta in tavola, ma che inevitabilmente – dopo tanto latitare della sinistra – non può che essere gestito dalla destra, ovvero da chi della disuguaglianza e dell’esclusione –  “a casa nostra”-  è ben convinto e rifiuta la globalizzazione solo perché troppo impari ormai. Insomma si è sperimentato fino in fondo che la classica socialdemocrazia, assieme ai  suoi parenti, derivati e quinte colonne del grande capitale incistate a sinistra, non è in grado nemmeno di creare il terreno sul quale può essere seminato il germe di un cambiamento, anzi finisce per assolvere alla funzione dei corvi che becchettano il seme tra i solchi.

Sì, l’asteroide che molti tenevano si è effettivamente abbattuto e il fatto che uno dei più intransigenti sulla resa della Grecia sia stato proprio Rajoy, insidiato da Podemos, fa capire che l’estinzione di speranza non è destinata a fermarsi ai confini ellenici quanto meno nelle intenzioni dei poteri europei. Ci si può consolare con il chiacchiericcio di chi, in spregio di ogni realtà, vede nella resistenza alle imposizioni durata pochi mesi una vittoria comunque: dopotutto l’allenamento alla rassegnazione e a contentarsi di ciò che passa il convento non manca. E le cose stanno ancor peggio di quanto non si pensi perché le contraddizioni interne al sistema sia su scala globale che europea finiranno in pochi anni per esplodere lasciando spazio ad ogni specie di avventure, né di destra, né di sinistra, in località fine della storia, in braccio a qualche liquida d’alto bordo. E certamente con una grande decrescita per i ceti più poveri. Vale a dire la mercanzia che offre oggi la socialdemocrazia, alias riformismo, alias bandiera bianca incorporata nella dotazione di servizio.


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