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L’Idromele

Da Damgas @incucinablog

Cominciamo subito con lo smentire il fatto che l’idromele sia un liquore a base di mele come molti erroneamente credono , come indicato anche dal nome, derivante dal greco “ hýdor “acqua” e méli “miele “, si tratta di una bevanda a base di miele, che con ogni probabilità è anche la bevanda fermentata più antica del mondo, nata prima ancora della birra.

Noto come la bevanda degli dei se ne hanno le prime tracce nell’antico Egitto, ma troviamo poi tracce di

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idromele anche in Grecia, nell’ Inghilterra dei celti, tra i Vichinghi, tra le popolazioni slave ed in generale quasi ovunque vi sia il miele. Idromele quello antico che nulla ha a che vedere con quello odierno, prodotto in maniera molto rudimentale dentro otri di cuocio era infatti prodotto con il solo scopo di inebriare il consumatore così da renderlo più vicino alle divinità. A riprova di ciò molte sono le leggende, specie nella mitologia vichinga, dove veniva considerato bevanda reale, la preferita dal Dio odino e di altre creature sovrannaturali, ricavata dal sangue del saggio Kvasir. Se nei paesi scandinavi, luoghi in cui il clima non consentiva la coltivazione della vite l’idromele restò a lungo la bevanda più in voga, soppiantato molto lentamente solo dalla birra, così non fu per i greci e per i romani, popolazioni presso le quali l’usanza di questa bevanda venne ben presto abbandonata con la scoperta del vino. Ciò che tuttavia sorprende è come questa bevanda, che da poco, grazie ad alcuni sta timidamente cominciando ad esser di nuovo prodotta in Europa, viene da più di 10.000 anni ancora prodotta nel corno d’Africa, dove è bevanda nazionale (in Etiopia si chiama “tejj” ed in Eritrea “mies”) esattamente come un tempo, ponendo nell’otre di cuoio i favi sbriciolati e l’acqua. Rifacendosi a ciò che dice Karl Kerenyi docente di storia delle religioni  nel suo libro intitolato ” Dionisio”, dove parla del mito dell’otre di cuoio, sembrerebbe che questa bevanda ebbe avuto origine proprio nel corno d’Africa, dove probabilmente ebbe anche origine l’umanità. Di qui, seguendo i flussi migratori si è poi diffuso in tutto Europa. I maggiori produttori di Idromele furono i celti e i vichinghi, non a caso la rinascita di questo prodotto deve molto alle rievocazioni di musica celtica e cultura anglosassone. Per citare quest’ultima, curioso è ad esempio come il termine ” luna di miele” derivi dalla tradizione anglosassone di bere idromele nella “mazer cuop” ovvero coppa della coppia per la durata di un ciclo lunare. Usanza giunta con le migrazioni anche in Irlanda, Canada e America, dove a riprova di ciò si tiene il più grande concorso di idromeli artigianali denominato appunto ” mazer cup”.  In Italia l’idromele, già surclassato dal vino al tempo dei romani scomparve del tutto a partire dal medioevo, anche se molto curioso è il fatto che molti apicoltori abbiano per secoli a produrre una sorta di vino detto “acquetta” ottenuto mescolando i residui della torchiatura (delle vinacce) con l’acqua di lavaggio degli opercoli.

Da qualche anno tuttavia, con la riscoperta delle antiche bevande, divenuta la nuova moda del momento l’idromele sta nuovamente riaffiorando, prodotto sia artigianalmente che, per così dire industrialmente; si tratta di una bevanda da consumarsi fresca, in sostituzione dei vini bianchi per accompagnare aperitivi e pasticcini.

Ecco dunque la ricetta, che devo dire è veramente molto semplice ed alla portata di tutti, purché abbiate pazienza , in quanto la fermentazione primaria dura circa 4 settimane ed almeno 6 quella in bottiglia.

Ingredienti:

1,5  litri d’acqua ,  1 kg di miele (meglio millefiori) , 2 g di lievito per la produzione di birra

Procedimento:

Scaldate sul fornello l’acqua fino alla temperatura di 80°g circa, quindi spegnete e versate dentro il miele miscelando il tutto per bene; il calore oltre che ad aiutare il dissolversi del miele dovrebbe aiutare a neutralizzare le muffe ed i lieviti nocivi, trasferite dunque il tutto nel fermentatore od in un comune vaso in vetro (come ho fatto io) ed unite il lievito preattivato in un goccio d’acqua tiepida. A questo punto tappate ed inserite il gorgogliatore ( se non lo avete coprite solamente il vaso badando a non chiuderlo ermeticamente, basta poggiare il coperchio senza avvitare. Ponete dunque a fermentare in luogo riparato lontano da correnti d’aria e con una temperatura costante compresa tra i 19 e i 22 gradi per 4 settimane. Abbiate cura di agitare ogni giorno il contenitore così da mantenere ben mescolati i lieviti per evitare che muoiano. Trascorso questo periodo controllate con un densimetro la gradazione (se ne siete provvisti, in caso contrario fa niente) e se compresa tra gli 8 e i 12 gradi alcolici imbottigliate in bottiglie adatte a sopportare a la pressione ( tipo quelle da birra o da spumante). Prima di assaggiare lasciate trascorrere almeno 6 mesi in luogo riparato ed asciutto.

Se ne otterrà un prodotto dal gusto piuttosto secco con una gradazione compresa tra i 9 e i 14 gradi


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