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L’ignoranza

Creato il 29 maggio 2013 da Storiediritratti @GianmariaSbetta
L’ignoranza

L’ignoranza

Forse non sarebbe del tutto giustificato classificare questo romanzo sotto l’etichetta di letteratura di viaggio. Perché, a ben guardare, quello che i protagonisti compiono, più che un viaggio verso l’ignoto, è un ritorno al noto. Ma il Grande Ritorno di un uomo e una donna al loro paese natale, la Boemia, dopo la caduta del regime comunista, mette in luce che ciò che davano per conosciuto – la patria – non corrisponde a come era rimasto impresso nella loro memoria. I loro ricordi, infatti «non si somigliano». In questo sta la loro ignoranza.

«In greco «ritorno» si dice nóstos. Álgos significa «sofferenza». La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare». (p. 11)

È questo, probabilmente, il tema che conduce le fila del romanzo, in tutte le sue storie intrecciate, come quella della ragazza adolescente che, delusa da un amore finito, prova la stessa sensazione – anche se scaturita da cause diverse – che provano i due protagonisti:

«Sino a quel momento, il tempo ha avuto per lei le sembianze del presente che avanza e inghiotte il futuro; ne temeva la velocità (se c’era in vista qualcosa di spiacevole) oppure si ribellava di fronte alla sua lentezza (se c’era in vista qualcosa di bello). Adesso il tempo le appare in maniera del tutto diversa; non è più il presente vittorioso che s’impossessa del futuro; è presente vinto, prigioniero, travolto dal passato. Vede un giovane che si stacca dalla sua vita e se ne va, per sempre inaccessibile. Ipnotizzata, non può che contemplare questo brandello della sua vita che si allontana, non può che contemplarlo e soffrire. Prova una sensazione del tutto nuova che si chiama nostalgia». (p. 77)

In Kundera è così: i personaggi vivono storie spesso separate, in tempi e in luoghi diversi, ma provano le stesse sensazioni. A volte la narrazione di una vicenda si arresta, sospende per un momento il suo corso, ed ecco che un motivetto secondario – ma non per questo meno godibile – prende per qualche pagina il suo posto. Il tema della nostalgia, della sofferenza del ritorno, pervade tutto il romanzo. Iosef e Irena tornano a Praga dopo un’assenza di anni, e nessuno dei due ci si riconosce. Il ritorno a casa diviene una scoperta allora più importante e più intensa di quella che da Praga li ha portati all’estero. Il ritorno a casa diviene l’esperienza più vitale del viaggio. È proprio questo che bisogna considerare, mentre si torna trascinando le valigie piene di vestiti da lavare, che forse quando il nostro viaggio finisce, e si varca la soglia di casa, forse proprio lì sta la più importante scoperta. Quella che si dà per scontato – a torto – di conoscere casa propria.

«fu stregata da immagini che d’improvviso affiorarono da vecchie letture, da film, dalla sua memoria e forse da quella dei suoi antenati: il figlio perduto che ritrova la vecchia madre; l’uomo che si ricongiunge all’amata cui aveva strappato una sorte feroce; la casa natale che ciascuno porta dentro di sé; il sentiero riscoperto dov’è rimasta l’impronta dei passi perduti dell’infanzia; Ulisse che rivede la sua isola dopo anni di vagabondaggio; il ritorno, il ritorno, la grande magia del ritorno». (pp. 10-11)

Carlo


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