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L’Impero dei venti. E noi? Carne cruda

Creato il 17 febbraio 2014 da Tipitosti @cinziaficco1

“L’Italia ha investito 70 mld  per pale e pannelli solari che dovevano servire a governare il clima. Ma piove come sempre. Era meglio destinare quelle risorse a dighe e opere  idrauliche. E ancora.  I fatti occorsi in Liguria hanno precisi responsabili: i signori del fotovoltaico  e dell’eolico. Quegli impianti sono devastanti per il paesaggio e insignificanti alla produzione elettrica (che deve  soddisfare la domanda quando essa si manifesta  e non quando soffia il vento o brilla i sole). E allora, perché esistono? In nome di cosa sono stati installati? Sono stati installati in nome del desiderio di governare il clima. Ricordate il protocollo di Kyoto? O gli impegni del 20-20-20 che irresponsabili burocrati di Bruxelles hanno imposto ai Paesi membri dell’Ue? Orbene, sono nati col preciso e dichiarato scopo di voler governare i capricci del clima. Capita che piove più di quanto vorremmo, con conseguenti rischi di inondazione? Capita che piove meno di  quanto gradiremmo, con conseguenti rischio di siccità? Comunque la mettiate, dobbiamo – ci si dice da almeno 20 anni – promuovere parchi eolici e tetti fotovoltaici”.

cover l'impero dei venti
E’ quanto scrive Franco Battaglia  (http://www.ilgiornale.it/news/liguria-rischio-alluvione-poteva-essere-ridottocon-i-soldi.html) e che Daniele Camilli, giornalista ed Elena Hagi, presidente dell’Associazione ReSeT  https://it-it.facebook.com/io.reset riportano nel loro libro, intitolato: L’Impero dei venti – (Io, carne cruda) – Eolico e trivelle, tra inchieste, edizioni Intermedia.

Un testo illuminante e tosto, in cui si scoprono: da una parte, la nuova visione politica energetica che promuove e finanzia la corsa alle rinnovabili, con impatti dannosi su ambiente e territorio, dall’altra, una visione dell’economia che vede le campagne come paesaggi banali, spazi liberi da vincoli.

“Ed è In questa dimensione – fanno capire gli autori – che si accomodano green economy, lobbies e faccendieri”.

Elena ha risposto alle mie domande.

Perché tanta curiosità nei confronti delle Fer, Fonti Energetiche Rinnovabili?

L’affaire rinnovabili è una questione che sta influenzando il settore economico e industriale, contribuendo, con il cuneo fiscale, a determinare scelte strategiche di delocalizzazione delle produzioni, proprio per gli alti costi dell’energia elettrica. Non dimentichiamo che il prezzo dell’energia elettrica in Italia è il più alto d’ Europa. Ma la questione agisce anche sugli equilibri economici e naturalistici delle aree d’impianto. Si stanno colonizzando intere regioni italiane – spesso aree agricolo-produttive, zone S.I.C., zone Z.P.S., aree naturali, parchi. L’installazione dei grandi impianti FER, dapprima con distese di fotovoltaico a terra e di grandi impianti di eolico, poi con gli impianti denominati “bio”- masse e “bio”-gas, poi con la geotermia industriale, si è rivelato invasivo e repentino.

In che senso?

In un lasso di tempo relativamente breve, circa una decina d’anni, abbiamo visto cambiare il paesaggio di intere aree del Meridione, delle isole e di larga parte del Centro Italia. Anche i crinali non sono stati evitati. L’impatto di queste nuove industrie energetiche, nate per salvare l’ambiente, hanno un potenziale massiccio proprio su territori, che hanno una vocazione naturalistica o sono a rischio idrogeologico. Ma non c’è solo questo aspetto a preoccupare.

Cos’altro c’è?

Per gli incentivi  alle rinnovabili elettriche sono stati  sottratti ai portafogli degli italiani circa 11 mld, per il solo anno 2012. Ad oggi sono stati spesi più di 200 mld di euro per le rinnovabili, ricaricati in bolletta nella voce A3 delle utenze. E il prelievo proseguirà per 20 anni con oltre 12 mld l’anno (6,7   per fotovoltaico e 5,8 per le altre Fer, tra cui l’eolico in misura prevalente). Il fenomeno ha acceso l’interesse di capitali d’investimento nazionali e esteri. Questo interesse non ha trovato alcun freno o controllo sulla fonte e sulla provenienza dei denari investiti in tali industrie. Ma si sono manifestate le prime resistenze delle popolazioni locali. Per questo abbiamo cominciato ad occuparcene.

impianti eolici
A pagina 46 scrivete: “Abbiamo dato retta a quelli di Legambiente, Greenpeace, Wwf, ai Kyoto-club, ai Pecoraro Scanio e ai Prodi. Nel 2007 il governo Prodi fece approvare una legge – si chiama Conto energia – che consente di remunerare fino a sei volte la quota di mercato il kWh elettrico a chi lo produce col fotovoltaico”.

Sì. E ne è scaturito  un circolo vizioso di interessi, che ha consentito l’abbondanza di impianti solari, sparsi per tutto il Paese, costati quasi 70 mld. Ci è stato assicurato che così avremmo governato il clima.

Che Paese viene fuori dalla vostra inchiesta in tema di tutela dell’ambiente?

“L’impero dei venti” racconta il nostro Paese che cambia apparentemente con questa nuova strategia energetica, favorendo le FER industriali, ma che nello stesso tempo investe ancora in carbone e gas, perché a costo di approvvigionamento più vantaggioso. Un Paese che sta sottoscrivendo enormi debiti per continuare a favorire, senza opportuni controlli, economici e di potenziale produttivo per singolo impianto, qualsiasi capitale investito in questi impianti. Un Paese che sta svilendo la principale risorsa d’indipendenza – ossia la filiera agro-alimentare nazionale – a favore d’importazioni a minor costo di prodotti esteri e per agevolare la conversione da terreni agricolo-produttivi a terreni per le cosiddette agro-energie, ossia cibo per macchine di produzione elettrica (“bio”-masse e “bio”-gas). Il nostro è un Paese che continua a investire in discariche e termovalorizzatori invece di mettere in campo opportune scelte di minor produzione.

E tutto questo nel silenzio di tanti, anche di ambientalisti, legati, come fate intendere, a grandi gruppi industriali e bancari che finanzierebbero le rinnovabili. E non solo.

Siamo tutti spettatori silenziosi degli enormi disastri generati ogni anno dai fenomeni climatici, che nulla avrebbero di straordinario, se si investisse in sicurezza ambientale. Ogni anno assistiamo sgomenti a tragedie per le piogge autunnali o invernali per poi scoprire che sempre più si sono favorite pratiche di edificazione selvaggia, spesso a ridosso di territori potenzialmente franosi, spesso nelle fasce golenali, spesso senza i dovuti riequilibri delle aree impermeabilizzate. Si continua a non investire per la salvaguardia dei territori a rischio, si continua a non prevenire, si continuano a favorire politiche di deregolamentazione. E’ evidente che non possiamo governare il clima, tanto più che qualsiasi politica di diminuzione delle fonti energetiche inquinanti è miseramente fallita, nonostante l’imponente installazione in breve tempo degli impianti rinnovabili a caratura industriale. Il fallimento del Protocollo di Kyoto, nato per salvare il pianeta dai gas-serra con 180  firmatari nel 1997, ha visto pochi anni dopo l’abbandono del tavolo da parte di molte economie emergenti e di Usa, Russia, Cina e India, tra gli altri. L’Italia, dal canto suo, ha ridotto le emissioni per due fattori principali: crisi economico-industriale e delocalizzazione delle produzioni.

Photovoltaik_adlershof

Nessun Governo si è mai preoccupato di osservare la Costituzione, di tutelare il paesaggio e la salute dei cittadini?

Nessun Governo ha ottemperato agli obblighi costituzionali di tutela del paesaggio e della salute pubblica nella questione rinnovabili. Non si è legiferato per mettere a punto meccanismi di controllo, neanche per evitare la possibile infiltrazione d’interessi criminali e criminosi nelle filiere, sia di produzione dei macchinari, sia di utilizzo potenziale di denari riciclabili nell’installazione e nel conseguente accesso agli incentivi per le FER industriali. Se si sono aperti i “cordoni della borsa” repentinamente, le maglie di controllo si sono allargate. Forse gli interessi in gioco erano e sono troppo grandi. Ed è probabile che chi sponsorizza, senza farsi domande di sorta neanche per le criticità ambientali che queste nuove industrie energetiche possono avere, spesso possa avere interessi diretti e finanziatori generosi.

Le rinnovabili, fa capire, come la droga: lavatrici di denaro sporco. Non è un po’ esagerato il paragone?

“Pusher di rinnovabili”. Il meccanismo di infiltrazione sembra lo stesso e il modello con cui si mettono a tacere le resistenze si muove su offerte economiche al rialzo sia nei confronti delle amministrazioni locali sia dei proprietari terrieri. Mentre prima del Decreto ministeriale 2010 gli oneri economici compensativi, destinati direttamente alle amministrazioni locali, ospitanti gli impianti, erano permessi, dopo il decreto, gli oneri non possono più essere meramente economici, ma nulla ha vietato ad alcune Società di poter finanziare comunque i territori: sponsorizzazioni delle sagre, dei festival, donazioni alle chiese. Inoltre è giusto ricordare le numerose inchieste, che hanno coinvolto negli anni anche nomi importanti, i quali sono in attesa di veder perfezionato il loro iter. In alcuni casi agli atti sono stati allegati sia intercettazioni inequivocabili, sia coinvolgimenti a tutti i livelli.

E non si è fatto niente contro questo fenomeno?

Nonostante tra i primi provvedimenti legislativi e gli ultimi sia passato più di un decennio, nessun atto concreto è stato messo in campo per arginare o almeno frenare il potenziale d’infiltrazione di capitali sporchi in questo settore. Dal punto di vista economico, inoltre, i guadagni puliti generati dall’investimento di capitali nella green-economy sono assai più ingenti, garantiti e legali di quelli della droga. Ma ci siamo posti anche il problema del futuro.

Cioè?

Sì, c’è il problema degli impatti sulla salute di chi ci vive a stretto contatto, con ampia letteratura scientifica internazionale. Ma il vero casus belli è in effetti lo smaltimento futuro di questi apparati, visto che a oggi non esistono protocolli di smaltimento e che l’unica garanzia è messa in campo da fidejussioni da rinnovare di anno in anno dalle Società proprietarie degli impianti.

Però, in tutto questo. i piccoli e medi proprietari dei terreni che tipo di resistenza oppongono?

La condizione degli agricoltori e degli allevatori di piccole-medie imprese vive, sopravvive a: forti pressioni concorrenziali, a minor costo per le importazioni, a evidenti perdite dovute alle contraffazioni dei prodotti italiani, a sistemi di controllo e tassazioni assai più vincolanti rispetto a molti altri Paesi.

L’alternativa? Insomma, non c’è soluzione?

Non può essere nel singolo piccolo-medio proprietario, anche se molti si sono successivamente pentiti di aver accettato accordi e molti altri si sono rifiutati di sottoscriverli. Va sottolineato che per i guadagni milionari potenziali delle Società d’impianto restano le briciole ai proprietari che vincolano i loro terreni per una media di vent’anni, senza garanzie di pagamento, con obbligo di eventuale rinnovo, senza garanzie di futuro smantellamento e smaltimento, senza possibilità di ripristino della situazione precedente. Anche molte ditte delegate alla messa in opera di alcuni impianti, in appalto o in subappalto, sono rimaste scottate dal mancato pagamento delle spettanze e nulla hanno potuto ottenere dalle Società proprietarie, spesso con sede all’estero, spesso in paradisi fiscali, che continuano a incassare gli oneri del GSE (gestione servizi energetici), ma continuano a non pagare il dovuto, con le ditte che chiudono o hanno chiuso e gli operai che non vengono pagati. Solo due esempi per tutti: Fotovoltaico Montalto di Castro – Schiavi del fotovoltaico in Puglia.

Quindi?

E’ evidente che questo Paese non ha una vera strategia di riconversione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Se l’ avesse voluta veramente, avrebbe investito in piccoli-medi impianti diffusi, avrebbe investito in impianti per le civili abitazioni e realizzati a consumo di territorio zero, avrebbe investito per rendere il più possibile indipendenti dal punto di vita energetico le industrie con impianti realizzati vicini, avrebbe gradualmente spento le centrali a carbone, avrebbe rivisto e migliorato la rete elettrica nazionale, causa principale di dispersione e conseguente inquinamento elettromagnetico,  non realizzata e calibrata per reggere i carichi non programmabili. Anche la strategia energetica nazionale del 2013, sponsorizzata da Passera e Monti, risulta anacronistica ed economicamente dannosa, visti gli enormi investimenti effettuati nelle FER e gli enormi “pagherò” che annualmente l’Italia dovrà corrispondere alle FER.

A pagina 34 scrivete ancora: “Si vuole fare dell’Italia l’hub del gas europeo, sventrando le montagne e scavando a fondo per far passare le tubazioni lungo tutto l’Appennino e che l’ambiente, le foreste, la fauna, si fottano tutti, popolazioni comprese, mentre i consumi di gas calano del 18  per cento e la discesa sembra senza fine”. Parliamo del gasdotto  Grecia –Albania- Italia lungo circa 800 chilometri o Tap.

gasdotto

La Tap è una scelta ulteriormente folle, un ennesimo tassello che va a stravolgere qualsiasi prospetto energetico ambientalista e economico, sia per il nostro Paese sia per quelli che ci cederanno il gas: Azerbaijan e Turkmenistan. Oltre allo sfregio di moltissime regioni italiane, con il posizionamento delle infrastrutture necessarie, si renderà evidente anche quello economico.

Per chiudere, le rinnovabili, per come sono sfruttate ora, sono solo un bluff?

E’ importante notare che la media di produzione picco si verifica nei mesi di minor richiesta di energia elettrica – periodo primavera/estate. Vale la pena analizzare i dati di potenziale produttivo installato e la costante decrescita dei consumi elettrici nazionali. Purtroppo l’Italia continua a investire in modo schizofrenico in fonti energetiche inquinanti e in fonti potenzialmente non inquinanti. Nessun macchinario nelle sue fasi di produzione e funzionamento è a impatto zero e sarebbe necessario analizzare l’impronta ecologica complessiva di ogni fonte energetica e quindi anche delle FER. Si ricordino i pannelli fotovoltaici con diodi tossico-cancerogeni.

                                                                                                                         Cinzia Ficco


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