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L'impronta magnetica della nostra galassia rilevata da Planck

Creato il 08 maggio 2014 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

Planck: impronta magnetica della Via Lattea

Credit: ESA and the Planck Collaboration

Una nuova immagine del telescopio spaziale Plank dell'Agenzia Spaziale Europea ESA svela le linee del campo magnetico della Via Lattea.
Una vera e propria mappa delle impronte digitali della nostra Galassia che permetterà agli astronomi di studiare la struttura del campo magnetico e comprendere meglio i processi di formazione stellare.

La missione era stata interrotta il 23 ottobre 2013, quando il satellite era stato inserito in un'orbita eliocentrica ed comandato lo switch-off, ma gli scienziati stanno ancora analizzando una grande mole di dati alla ricerca di ulteriori indizi sulla storia dell'Universo.

Misurando la polarizzazione della luce emessa dai grani di polvere microscopici che riempiono il mezzo interstellare, sono riusciti ad ottenere la mappa completa del campo magnetico della nostra Galassia.

La luce polarizzata può essere descritta come un'onda di campi elettrici e magnetici che vibrano in direzioni ortogonali tra loro e alla loro direzione di marcia. Di solito, questi campi possono vibrare in tutte le direzioni ma se ne preferiscono alcune, allora la luce si dice "polarizzata".

E' quello che può accadere quando una luce rimbalza su una superficie riflettente come uno specchio o il mare.
Esistono anche dei filtri che assorbono la luce polarizzata, come le lenti degli occhiali da sole che eliminano l'abbagliamento.

Nello spazio, la luce emessa dalle stelle, dai gas e dalla polvere può diventare polarizzata in vari modi, che dipendono dai campi magnetici.

"Questa è l'immagine migliore che abbiamo mai ottenuto del campo magnetico della Via Lattea per una parte di cielo così ampia", ha detto Charles Lawrence, scienziato statunitense del progetto Planck, presso al Jet Propulsion Laboratory della NASA, Pasadena, California.

L'immagine è una proiezione Mollweide del piano della sfera celeste, con il piano della galassia allineato con l'asse orizzontale dell'ovale.
Alcune aree, per lo più quelle alle alte latitudini galattiche, sono state mascherate. Si tratta per lo più di zone a bassa intensità.

Le linee visibili ad arco e i vortici, invece, tracciano la struttura del campo magnetico della Via Lattea.
Le regioni più scure corrispondono ad una forte emissione polarizzata e le righe indicano la direzione del campo magnetico, proiettata sul piano del cielo.

La banda scura che corre orizzontalmente attraverso il centro corrisponde al piano galattico.

Il 17 marzo scorso era stato annunciato che l'esperimento BICEP2 (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), condotto presso il South Pole Telescope (SPT) era riuscito a rilevare le firme delle onde gravitazionali primordiali confermando la teoria dell'Universo Inflazionato, grazie ad segnale polarizzato, non dovuto però ai grani di polvere ed ai campi magnetici ma al debole segnale impresso nella radiazione cosmica di fondo ed alle indefinite onde gravitazionali primordiali.

Ora, ci si potrebbe chiedere se la mappa di Planck possa in qualche modo confermare i risultati dell'esperimento BICEP2. Nella press release dell'INAF, risponde Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI di Planck e associato INAF:

"È la mappa della polvere a latitudini galattiche basse e intermedie: sono dunque escluse le regioni nelle quali l’incidenza della polvere è bassa, le più utili per fare cosmologia, fra le quali la porzione di cielo osservata da BICEP2. Perciò non è da questa mappa che si potranno trarre elementi utili a confermare, o meno, il risultato di BICEP2. Però ci dice che i risultati in polarizzazione sono già qui che mordono, e che probabilmente avranno un maggior impatto rispetto a quelli in temperatura resi pubblici nel 2013. In ogni caso, non esistono a oggi mappe così precise della polarizzazione della polvere nella nostra galassia. E questo ci fa ben sperare circa la capacità di Planck di confermare o meno l’esistenza dei cosiddetti “modi B” della CMB che BICEP2 afferma di aver misurato".

Lo studio verrà pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics.


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