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L’incredibile frivolezza dell’anima : Giovanni Boldini ( 1842 – 1931)

Creato il 29 novembre 2013 da Wsf

“Il pittore aveva saputo immortalare il moto delle ore nell’attimo luminoso in cui la donna aveva sentito caldo e aveva smesso di danzare, in cui l’albero era avvolto da un alone d’ombra, in cui le vele sembravano scivolare su uno smalto dorato. Ma, proprio perché l’attimo gravava su di noi con tanta forza, quella tela così fissata nel tempo dava l’impressione d’un’estrema fuggevolezza, si sentiva che presto la donna se ne sarebbe andata, le barche sarebbero sparite, l’ombra si sarebbe spostata; che la notte stava per scendere e il piacere per finire; che la vita passa e gli attimi, mostrati contemporaneamente con tutte le luci che vi si fondono, non si recuperano più”   M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Milano, Mondadori, “Meridiani”, vol . II, 1986, p. 714

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Giovanni Boldini, pittore borghese benestante, frequentatore di salotti della nobiltà, dei caffè intellettuali fiorentini dell’epoca, amante dell’opera, fu un grande amico di  Marcel Proust.  Così come Proust fu un amante della vita mondana, del mondo sfavillante delle cene e dei ricevimenti in ricchi palazzi, della frenesia metropolitana, del lusso e dell’eleganza. E’ stato sempre considerato un pittore minore, un artista di secondo piano rispetto ai suoi contemporanei impressionisti, un artista cultore della dolce leggerezza del vivere, e per questo reputato prevalentemente  soltanto un allegro ritrattista di ricche signore. Letta la biografia di Giovanni Boldini e viste le sue opere, le cause della sua scarsa menzione  anche nel nostro secolo rimangono un mistero. Lo stile unico e personalissimo del tratto pittorico, l’uso sfavillante del colore a voler rimarcare i particolari che tramutano l’attimo in tempo eterno di bellezza , denotano una personalità tesa ad un’estetica sognante ed allo stesso tempo guizzosa che non ammette nè sgualciture nè ombre. La solarità spensierata dei paesaggi, i ritratti e i set aristocratici nei dipinti di Boldini mostrano una predilezione per la ricerca di un armonico sublime, che partendo da  tracce sottili  punta a rivelare tutta l’alchimia modaiola della Belle Epoque . Se Proust nel nostro secolo riveste un’importanza letteria d’eccellenza, non si può non ammettere che egli in fondo non ha avuto divinità da rivelare o principi da esibire; non ha avuto nulla da idealizzare, solo tanto da raccontare, proprio come Boldini, il quale distanziandosi dalla semplificazione iconoclastica, racconta la spensieratezza e la positività che pervadeva la sua epoca .  Come nelle opere letterarie di Proust,  le sue ideazioni pittoriche sono intrise di un piacevole frivolo elitarismo , del tutto apparente e non sostanziale che si traduce in una dimensione importante delle sue opere non solo a livello artistico, ma anche filosofico. I suoi dipinti presentano messaggi in sè compiuti che non necessitano di interpretazioni, ma solo di semplice lettura senza preconcetti perchè possa emergere semplicemente il piacere della fruizione estetica. Forse di Giovanni Boldini  non si parla molto, per quel convenzionale pregiudizio che condanna la frivolezza, e che associa in via sprezzante la frivolezza alla vita borghese, alla vanità, all’ambizione piuttosto che alla verità . D’altra parte anche Proust all’epoca era reputato un letterato futile e frivolo e Satre  con un certo disprezzo lo definì  persino ” borghese”, ma Boldini ha avuto l’onore di essere associato ad una delle pagine più a luci rosse del grandissimo romanzo ” Albertine Desparue” del celebre francese. Si legge nel romanzo un chiaro richiamo al  dipinto ” Leda col cigno ” di Giovanni Boldini :

” Ricordandomi di come era nel mio letto, credevo di vedere incurvarsi la coscia di Albertine; la vedevo, era un collo di cigno, cercava la bocca dell’altra giovine donna. Allora non vedevo più neppure la coscia, ma il collo ardito di un cigno come quello che in un disegno fremente cerca la bocca di una Leda vista nella specifica palpitazione del piacere femminile, perché c’è solo un cigno ed essa sembra più sola (…). In quel disegno il piacere, invece di andare verso la donna che lo ispira e che è assente, sostituita da un cigno inerte, si concentra in colei che lo prova”

Giovanni Boldini Leda col cigno Olio su tela, 43 x 49, ante 1884 Collezione privata
Giovanni Boldini – Leda col cigno – Olio su tela, 43 x 49, ante 1884

E non a caso Proust si ispirò proprio a Giovanni Boldini per il personaggio del pittore Elstir ne ” La Ricerca del tempo perduto “. Pur non tralasciando la quotidianità , il narratore non sa perdere di vista la bellezza.  ” Egli ammira Elstir , quel pittore che manipola le cose, confondendone i contorni , illudendo e ingannando l’osservatore sino a farlo smarrire e perciò a renderlo felice. Il fascino di Elstir può essere percepito solo in una sorta di seminconscienza , in uno stordimento dell’intelletto….Nei quadri di Elstir la materia del mondo disaggregata e fuoriuscita dalle proprie forme sembra sciogliersi in colori …un universo nato dal caos della creazione artistica. Essenze accessibili al narratore per pura intuizione, senza sforzi , in un abbandono gaudioso ” (1)

Non a caso Marcel Proust si ispirò a lui per il personaggio di Eltsir ne “La Recherche du temps perdu”. – See more at: http://www.skira.net/boldini-helleu-sem.html#sthash.498dZ9Me.dpufAnche se non nominato direttamente secondo alcuni studi si alludeva proprio a Boldini l’autore del dipinto intitolato ” Leda con il cigno “  nominato nel romanzo.  Dice John Rawls : “un pensiero che non sappia dialogare con la frivolezza mondana…dimostrerebbe insicurezza”. Frivolezza perchè è sempre associata all’ambizione e non alla verità? Al di là degli svariati giudizi critici sulla pittura , è innegabile una visione erudita e decisamente avanguardistica delle immagini da lui ritratte ; non solo le sue donne , ricche ed eleganti, ma anche i paesaggi nascono da rapidissimi colpi di pennello che infondono vita e movimento grazie all’uso di colori squillanti e rigoroso studio formale alla ricerca di un piacere estetico che va oltre i protocolli convenzionali del gusto diffuso dell’epoca.

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Come Elstir, Giovanni Boldini,  in assenza di pretesa di trasfigurazione simbolica o interpretativa si fa portatore di un movimento raffinato impreziosito da tratti veloci di luce in rincorsa armonicamente plastici pur nel loro tratto deciso.  La figurazione è concepita come fotogramma dell’attimo, viene annullato il peso dell’oggetto in una rappresentazione che vuole essere soprattutto fotografia pittorica di un dettaglio. Nei suoi dipinti  annulla ogni principio ordinatore della linea a favore dello spirito tautologico della materia e del tempo. Il particolare è libero ed estraneo mentre scorre e vive . L’eleganza è il suo tacere, il suo esonerarsi da qualsiasi dialogo con l’artista che diventa fotografo del particolare nel  mistero del suo contesto , nel mistero del pensiero che l’ha generato.

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Il grado di realtà dell’immagine dipinta tende all’astrattismo senza esasperazione, piuttosto ci si immerge come  in un velo di sospensione estatica ed onirica , in cui l’eloquenza contemplativa del particolare rimanda al rapporto immediato tra la sobrietà del del colore e  il gesto-soggetto poetico, esaltato dall’ ambientazioni silenziose e mobili in una composizione  costituite da un insieme di forme complessivamente inspecifiche che si confondono e si contaminano, affollate e quasi indistinte, immerse in una favola irreale.

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Le mani delle sue donne ad esempio sono fasci di luce, eleganti farfalle, ramificazioni artigliate che si dipartono imprevedibilmente da forme molli e morbide, apparentemente innocue, nel controllato tratto che sbava dai contorni e così respira. Il pennello è usato come una videocamera che cerca e si posa come un’ape da un dettaglio all’altro volitivo e curioso, restituendo  sensazioni di vento, sussurri, respiri, sospiri in scambio libero di contemplazione con il suo fruitore. Contemplazione pittorica che nasce da un insieme di suggestioni e di immagini sedimentate, in cui il flash intellettuale non è mai messo fuori gioco, ma viene rielaborato con attenta e controllata consapevolezza euforica ; tutto ciò però senza l’abbandono degli stilemi propri della pittura, che per Boldini  sono sempre personalissime stratificazioni di modi, di stile, di colori e di segni. Nelle sue tele affiorano talvolta effervescenze che sembrano provenire dal suo vissuto dal quale emerge una sapienza da alchimista  che opera sulla soglia di un pensiero irriducibile rispetto alla realtà, in quanto governato da euforiche eruzioni di energie cromatiche e informali. Ne deriva la sensazione immediata per l’osservatore di un innegabile piacere tra tanti traboccamenti di colori e immissioni di luci, anche nel rimando alle dichiarate coordinate artistiche di matrice macchiaiola, che nella sua esperienza performativa vanno oltre, con associazioni, legami interni ed esplorazioni sognate tipiche dell’impressionismo. E ciò proprio nella costante consapevolezza che lo scorrere del tempo è necessariamente intransitivo, e non si lascia mai coniugare se non attraverso i simulacri di una propria personale visione momentanea e fuggevole.

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Nota : (1) da :  Contro il corpo : Proust e il romanzo immateriale  Di Eleonora Sparvoli

The Addiction – arte ed altri demoni  ( http://fabolousaddiction.wordpress.com/ )


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