Magazine Cultura

L’indecenza: Punti di Vista e Deformazione della Realtà

Creato il 08 aprile 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
L’indecenza: Punti di Vista e Deformazione della Realtà

Chi non desidererebbe un salotto come quello in cui vivono e recitano i protagonisti de L'indecenza?

La scenografia è l'aspetto che ho più apprezzato nello spettacolo tratto dall'omonimo romanzo di Elvira Seminara, adattato da Rosario Castelli: arredamento accogliente, nella luce delle piantane che simulano una perfetta atmosfera da interni.

Il focolare domestico - che si rivela di natura esclusivamente architettonica - a causa di un autunno afoso si dirige però verso l'esagerazione soffocante, simboleggiata dalle gabbie appese allo pseudo lampadario.

Una giovanissima colf ucraina, Ludmila, irrompe nella vita di una coppia spenta di mezza età: ai coniugi, interpretati da David Coco e Valeria Contadino, non è nemmeno concesso un nome proprio che li identifichi.

La bravissima Elena Cotugno mantiene costantemente un impeccabile accento da ragazza dell'Est; divertente la commistione fra questo ed alcuni termini inusuali come "ignominia", appresi mediante vocabolario. Altrettanto inusuali però, quando scambiate tra marito e moglie, espressioni come "rassettiamo dopo" o "alle ventuno" per indicare l'ora della cena. Le loro conversazioni risultano talvolta artificiose e "sono appese ad una corda tesa", come ad un certo punto riscontra Ludmila.

Il suo sorriso costante non è sintomo di un'estraneità al mondo; al contrario, la ragazza è presente a sé stessa anche quando evade ascoltando la musica ad occhi chiusi. Il marito la osserva ma può ascoltare quella musica - e con lui anche noi spettatori - soltanto a volume basso, in quanto proveniente dalle cuffie non indossate. Come ipnotizzato segue la ragazza ma ciò che succede dopo non ci viene mostrato. Viene mantenuta "l'ambiguità dei fatti che accadono", citando il regista Gianpiero Borgia, tanto che ad un certo punto sono arrivata a dubitare dell'effettivo arrivo di Ludmila nella casa dei coniugi: la moglie sempre più in preda alle visioni paranoiche arriva a parlare da sola credendo di rivolgersi alla ragazza.

L'ambiguità generata dai punti di vista soggettivi vuole essere resa anche mediante i monologhi che vedono i tre protagonisti estraniarsi, oltre che dalla ripetizione di alcune scene, a mio avviso non sempre reinterpretate in maniera particolarmente bipolare, da giustificarne l'iterazione funzionale.

Efficace la messa in scena della cena e dell' indecenza dell'abbigliamento di Ludmila che simbolicamente si sdraia seminuda sul tavolo. Ad essere provocatorio non è di certo esclusivamente il suo vestiario bensì il suo modo di porsi rispetto alle azioni, alla sua vita che ne è tenacemente impregnata.

"Non deve tenere le finestre troppo a lungo aperte per fare cambiare l'aria". E più avanti sempre la moglie ammonisce: "È così imprudente la felicità".

Ludmila è imprudente e sfugge con disinvoltura al parassitismo inquietante di chi l'ha assunta non per occuparsi meramente delle faccende domestiche ma per restituire linfa ad una relazione che ha sostituito i baci sulla fronte a quelli sulle labbra.

A differenza delle piante da interni, immobili e disposte ad offrire la loro bellezza, Ludmila esce, si crea in poco tempo una cerchia di amici; percepisce forse con ritardo la pericolosità dell'insoddisfazione altrui, covata con invidia e rassegnazione.

"È così imprudente la felicità", laddove non si difende dall'indecenza - questa sì, a pieno titolo - dell'infelicità, causata dal circolo vizioso del grigio malcontento quotidiano.

A fine spettacolo, il salotto dei coniugi senza nome è tutt'altro che desiderabile.

Fotografie di Antonio Parrinello


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :