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L’inferno senza coperchio: dalle acciaierie di Pittsburgh all’ILVA di Taranto

Creato il 05 ottobre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Si chiamano “Brooms army” l’esercito delle scope. Con un obiettivo dichiarato “ Dimostrare a noi stessi e al mondo che esiste una Londra civile” si legge nei vari messaggi su Twitter e siti locali. Hanno preso possesso dei quartieri più devastati della capitale con le loro brigate di militanti emerse dai fumi degli incendi appena spenti , forti e fieri , armati di scope e , i più organizzati, di guanti di gomma.
BROOMS ARMY
“Sono rimasta affascinata da questo guizzo morale di civiltà. Possibile che Londra , la mia città di adozione da quasi sei anni , fosse diventata una giungla di bande criminali pronte a derubare e vandalizzare? Poi ho visto l’esercito delle scope , la maggioranza silenziosa dei cittadini che non si lasciano mettere i piedi in testa. E non ho potuto fare altro che unirmi a loro “spiega Megan Hills , maestra elementare 35 enne originaria dell’Australia. China di fronte a una libreria dalla vetrate infrante si dava da fare con una scopa e un grosso sacco di plastica dove raccogliere rottami , e resti di una città devastata.
Sebbene la città danneggiata , alcuni quartieri sembrano ripuliti. Nella zona di Claphan Junction  era arrivato il sindaco Boris Johnson , che in un gesto populista , dopo essere stato criticato dai negozianti per la passività della polizia verso i criminali, si è impossessato con gesto repentino di una scopa dal lungo manico brandendolo come un trofeo e scatenando l’applauso.
“Grazie a tutti per essere scesi nelle strade con una scopa. Voi siete lo spirito più autentico della nostra comunità” ha gridato Johnson tra il  consenso generale. Panifici e pasticcerie distribuiscono dolci ai volontari , privati passano a dare bevande. Lo stesso avviene in vari quartieri londinesi.
Il volontari si sono mobilitati mediante messaggi “Twitter non c’entra nulla con i banditi. Dipenda da come viene usato” aggiunge l’australiana. I media afferma che tutto questo avviene anche in altra città. “Le nostre difese sono le nostre scope” scrivono. Non vogliono l’ingresso della politica in questi gesti di civiltà. Un barista di Liverpool ha inaugurato una pagina su Facebook titolata “La pulizia di Liverpool”. Tra i suoi associati un supermercato locale disposto a donare scope , una cooperativa che offre sacchi di plastica per la raccolta rifiuti e un bar che ha distribuito 100 tra caffè e tè.
A fianco ai volontari ci sono però anche i banditi. I testimoni raccontavano d’intere famiglie arrivate a derubare. Si sono visti genitori mandare figli piccoli nei negozi in fiamme dicendo loro cosa prendere , per lo più scarpe, vestiti e articoli da cucina. I genitori aspettavano in macchina i figli . Caricavano i bagagliai e fuggivano indisturbati.
Il problema è che l’innocente ed encomiabile spirito civico che caratterizza i soldati dell’esercito delle scope si accompagna alle organizzazioni di autodifesa violenta. E’ già avvenuto nei quartieri di maggioranza sikh , turca e d’immigrati del Bangladesh , dove nelle notti scorse gruppi di autodifesa hanno aggredito potenziali saccheggiatori. Ora entrano in campo anche gli estremisti della English defence league , organizzazione xenofoba di estrema destra che da anni lotta contro l’ l’espressione muta di milioni di voci, di teste, di pance e anche di cuori. Di paure e di decisioni coraggiose. Espressione comunque democratica, non calata dall’alto.

Raccontare oggi di Pittsburgh ha tuttavia ancora più senso perché la sua storia non è finità lì dove l’abbiamo lasciata, ovvero nella sua crisi più nera. Raccontarla oggi in questo articolo ha un suo ulteriore pezzetto di senso in quanto una decina d’anni dopo quella terribile mazzata subìta dalla città – era la metà degli anni Ottanta – chi scrive fu portato su quella stessa collina che era stata testimone dell’impotente disperazione di Frank Lloyd Wright. Intorno, dal verde delle colline spuntavano i tetti dei quartieri residenziali, i pinnacoli con le “M” dorate dei McDonald’s, i campanili bianchi e aguzzi delle chiese. Più giù, in fondo alla valle, ma sotto un cielo incredibilmente azzurro e terso, c’era una bellissima città moderna, una piccola Manhattan irta di palazzi di pregevole e ardita architettura. E c’era sempre quella grande “Y” disegnata dall’Ohio River e dai suoi due tributari, l’Allegheny e il Monongahela. Ma era diventata un’acqua pulita e ricca di pesci.

Che cosa era successo? Era successo che proprio nel momento più buio per Pittsburgh, il Mercato aveva deciso per il meglio. Si era svegliato e si era accorto che una volta spenti gli altiforni, dispersi nell’aria anche gli ultimi sbuffi di fumo delle ciminiere e corsi via – spinti dalla corrente – finanche gli ultimi scarichi che avvelenavano l’acqua dell’Ohio River, perfino l’ex capitale mondiale della siderurgia poteva tornare a crescere investendo su altri asset. Perdipiù puliti, ma che fino ad allora erano stati tenuti in disparte, come depositi infruttiferi, perché lì tutti (corporation e operai) erano accecati dalla facilità del guadagno. C’era innanzitutto, per esempio, il capitale immenso e quasi inutilizzato racchiuso tra le mura della Carnegie Mellon University, paradossalmente il lascito più importante lasciato ai posteri da due delle famiglie siderurgiche più inquinanti del passato. Era un capitale di scienza, di conoscenza e di cervelli così come quello della Westinghouse Electric con i suoi “laboratori delle meraviglie”. O ancora era un capitale di dedizione al bene dell’umanità come il centro dove Jonas Salk aveva messo le basi per lo studio del vaccino antipolio. E c’erano ospedali d’eccellenza rimasti nascosti per anni dal fumo delle ciminiere.

Il Mercato – che anche quando stona è in fondo un coro, non una persona sola – decise di investire tutto lì, o la va o la spacca. Ed è andata. Sono bastati dieci anni. Perchéimmigrazione. Vigilantes stavano linciando tre giovani di colore su un bus di Eltham. Per questo è intervenuto il sindaco Johnson cercando di calmare i negozianti e ottenere in giustizia in modo ragionevole, senza vigilantes. quella che hanno visto gli occhi di chi scrive adesso queste righe era già allora una città dove desiderare di vivere, quella piccola Manhattan nella quale, tra le tante istituzioni e business puliti, era sorto anche il centro mondiale per lo smistamento degli organi destinati ai trapianti. Del genere: “Serve un fegato a Londra?” “Ne abbiamo uno a solo un’ora di volo a Parigi”. Era – ed è – una città di librerie e di musei, di ristoranti francesi raffinati e di altri italiani dove per fortuna non fanno le inesistenti fettuccine Alfredo. Una città dove le orecchie di chi scrive hanno potuto godersi per due ore, in uno splendido teatro, l’armonia del violoncello di Itzhak Perlman.

Questo per dire – sì, finalmente siamo alle ultime righe! – che anche Taranto potrebbe trovare una sua strada verso un futuro e uno sviluppo migliori, soprattutto più puliti e conseguentemente più sani. Il mare c’è, poco dietro la campagna pure, e quanto a cultura e risorse turistiche nelle quali investire… beh, di certo in Puglia non mancano. Il problema sta in chi deciderà gli investimenti.

La politica locale? Mmm…

Un solo magistrato? Due volte mmm…

Il Mercato, allora! Mmm…ma esiste il vero Mercato in Italia?

Pittsburgh, per farlo, ha capito che doveva liberarsi una volta per tutte di quel capitalismo familiare avido che aveva creato e strapagato – mentre la avvelenava – una classe operaia divenuta cieca perché altrettanto attaccata al denaro. Pittsburgh si è fidata del Mercato e le è andata bene. Così, mentre i 150mila eredi dei vari Kowalczyk, Lorusso e Krantz continuavano a caricare i loro furgoni per dirigersi verso Sud, i suoi centri tecnologici e di ricerca medica si riempivano di altre decine di migliaia di giovani laureati e scienziati in arrivo dai Paesi più poveri del mondo – grandi geni dalle mani piccole, adatte a provette e tastiere di computer – accolti a braccia aperte anche perché immensamente più colti dei loro coetanei americani. E qui non c’entra soltanto il Mercato, ma anche lo spirito fondante e “cementizio” dell’America, quello del melting pot. Non a caso è a Pittsburgh che Bill Gates ha investito 20 milioni di dollari in un centro di Computer Science. Non a caso è sempre a Pittsburgh che le aziende di biotech sono ormai più numerose delle panetterie parigine. Certo, l’aroma nell’aria non sarà lo stesso, diciamo anzi che come Zurigo nemmeno Pittsburgh ha aromi, ma sicuramente quella è un’aria è pulita. E da allora continua anche a rendere.

Featured image, Pittsburgh, source Wikipedia.

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