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L’intervista ad Andrea G. Pinketts

Creato il 09 luglio 2011 da Yourpluscommunication


L’intervista ad Andrea G. Pinketts

Perché il crimine diventa mito?

Il crimine in realtà è da sempre mito, voi pensate ai processi dell’800 in cui i grandi scrittori raccontavano storie giudiziarie rendendole popolari, creando quello che una volta si chiamava Fejeton e da lì creavano romanzi straordinari perché il crimine è il termometro assoluto del tempo in cui si vive perché attraverso l’esposizione, alcune volte, addirittura esagerata, del crimine si arriva a comprendere il periodo storico in cui stai vivendo. E il mito invece, non so, voi pensate alla tragedia greca e a qualche omicidio totalmente abissale nella crudeltà della tragedia greca diventa mito. E diventa anche poesia attenzione, perché se qualcuno sa raccontarlo diventa poesia se, per fare un nome a caso, Barbara D’urso racconta un delitto in televisione resta in televisione, se Eschilo racconta la stessa storia è qualcos’altro. Con tutto il rispetto per Barbara D’Urso ( che non è poi molto)

L’intervista ad Andrea G. Pinketts

Come si puo’ definire il periodo storico attuale rispetto al crimine?

E’ un periodo in cui il crimine dell’oggi è più esposto. Non è che non esistessero i serial killer,( tu pensa a Gillez Deere maresciallo di Francia compagno d’armi di Giovanna D’Arco che ha ispirato la fiaba nera di Barbablu, quindi pedofilia e assassini seriali esistono da sempre), solo che adesso alcuni casi hanno questa soluzione mediatica e immediata (parlo del giornalismo) ed in realtà l’uomo, per fortuna è un animale curioso, ciò lo distingue dagli altri animali. Non so per dirti il mio cane fiuta le tempeste ma non indaga sulle tempeste, non potrebbe mai fare il metereologo a Rete 4, forse la meteorina si…

Portare il crimine in tv fa si che tutti diventino detective?

Interessante questo discorso, con i suoi pregi e i suoi limiti. I pregi sono quelli che si fa luce su elementi oscuri della società in cui viviamo, e i difetti che chiunque si sente immediatamente autorizzato a stabilire di essere un detective, quindi prendendo cantonate pazzesche. Ma non parlo del telespettatore, parlo anche degli inquirenti.

… Volendo essere impertinenti anche dei criminologi?

Io stesso vengo spesso interpellato da televisioni. Nella realtà io ho seguito dei casi autentici per Il Giornale. Penso ai bambini di Satana nel ‘95 per Panorama piuttosto che il mostro di Foligno nel ’91 ma lì indagavo nel silenzio. La cosa interessante era che Esquire, allora, per quello del mostro di Foligno, aveva detto “Com’è che c’erano tutte le televisioni improvvisamente a Foligno per tre mesi?” ( poi se vi ricordate il bambino Simone Allegretti è stato ucciso da Chiatti ma c’è stato un mitomane Stefano Spilotro si chiamava che fin che c’era lui le televisioni sono state lì)

L’intervista ad Andrea G. Pinketts

La domanda interessante di Esquire è stata “Ma com’è Foligno sapendo che c’è un colpevole ancora in giro? E che l’altro è stato un abbaglio e soprattutto che ormai non gliene freghi niente a nessuno?”. Quindi la televisione e persino la fiction, secondo me, ha un ruolo importante se trattata da persone competenti. Il mio primo romanzo si chiamava “Lazzaro vieni fuori” e trattava di pedofilia. Allora la Mondadori mi aveva detto che la pedofilia non esisteva in Italia. È uscito sette anni dopo.

Oggi più che inchieste giornalistiche sembra quasi che ci sia una spettacolarizzazione del crimine a tutte le ore…

La spettacolarizzazione del crimine a tutte le ore è esattamente nefasta, è come la cucina. Io vedo poco la tv, ma se la accendi alle nove del mattino (io torno a casa tardissimo perché sto promuovendo il mio nuovo romanzo “Depilando Pilar” un thriller per Mondadori che tratta degli argomenti di cui stiamo parlando) io la tv la vedo al mattino mezzo rincoglionito. E devi pensare che al mattino tu inizi da “uno mattina” o chi per lui fino all’una e mezza c’è gente che continua a cucinare. E credo che questo sia il problema della over exposition: tu alle 9 del mattino mangeresti melanzane alla parmiggiana? No! Un tortino di acciughe e cavoli amari? No! E in realtà la tv ti propone in questo modo nauseabondo un eccesso di prodotti che in altri orari potrebbero anche piacerti. E lo stesso col crimine: mentre nei telefilm uno può fare una scelta la tv del dolore raccontato, della finta commozione è assolutamente deprecabile, Di un’inchiesta non devi dare ogni giorno conto al telespettatore, devi dare conto e contro agli inquirenti se non lavorano.

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Questa spettacolarizzazione del crimine costruisce però dei fenomeni come “il turismo della domenica” sul luogo del delitto o la richiesta di autografi al presunto assassino…

I pellegrinaggi per gli assassini esistono da sempre. Solo una ventina di anni fa, per non andare nel passato remoto, l’assassino Pietro Maso riceveva proposte di matrimonio, cosa che è avvenuta con Vallanzasca che era un altro tipo di assassino, ma non dimentichiamoci Landru che era assolutamente affascinante e affabulatorio, luxoricida. Lui invitava queste vedove o signore sole nella sua villetta le uccideva e le bruciava dopo essersi intestato il loro patrimonio e il processo di Landru è stato uno dei più seguiti nella storia dei processi di Francia. Quindi è cambiato il media se vuoi, ma non è cambiata l’attenzione.

Soprattutto in quest’ultimo anno, sembra che molti giallisti, o presunti tali, abbiano dipinto le librerie. Quanto nella speranza che il loro libro diventasse un film piuttosto che una fiction?

Io non ho mai pensato ai miei libri come film. È vero che c’è una tendenza a scrivere direttamente per immaginarsi una possibile soluzione cinematografica. Io ne ho avuto una straordinaria che ho perso che è stata quella di Claude Chabrol, uno dei più grandi registi francesi della storia del cinema che voleva realizzare al cinema “il conto dell’ultima cena”; lui era un uomo straordinario, ci siamo sentiti per anni al telefono poi ci siamo incontrati al festival di Lione e mi aveva testimoniato questo suo entusiasmo, tant’è vero che mi ha citato in un film che si chiama “l’innocenza del peccato” in cui consigliava il libro da cui avrebbe voluto fare il film. Purtroppo è morto. Il rischio è che chiunque si impossessi delle tue storie le riduca a fiction, ma non parlo dei telefilm d’autore ai quali siamo grati, parlo di quelle cose mercenarie e miserabili senza essere Victor Hugo.

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E’ possibile pensare che il crimine venga utilizzato dalla tv per spostare l’attenzione dei telespettatori dagli argomenti “più caldi” del Paese?

Io credo che, ribadisco il concetto, il crimine sia un termometro. Voi pensate al caso di Girolimoni, accusato ingiustamente di assassinare delle bambine perché c’era la necessità di trovare un colpevole per garantire l’identità e l’efficienza politica di un regime. E non solo per quanto riguarda il fascismo, siamo bipartisan. Se pensate a Čikatilo che ha cannibalizzato, ucciso, stuprato centinaia di bambini e bambine eppure l’opinione pubblica della Russia ancora comunista negava l’evidenza, permettendogli di continuare a compiere i propri crimini. Quindi io credo che tutti i regimi che vogliono autocensurarsi e rinunciare all’informazione reale di ciò che accade nel proprio paese siano altrettanto criminali quanto i criminali che compiono i delitti

Estremizzando: si puo’ pensare che la gente, oggi, uccida per il gusto di apparire in televisione?

Io credo che la telvisione abbia influito da un certo punto di vista positivamente sull’informazione nei confronti del delitto in altri invece negativamente perché c’è una frase di Francis Scott Fitzgerald “Datemi un eroe e vi creerò la tragedia”. Ma in realtà ci sono molte persone che escono dall’anonimato con il gesto folle che sono convinte di essere i comprimari cattivi, i bad boys del Grande Fratello, quindi c’è anche la voglia di apparire.

Marina Angelo

Montaggio: Giovanni Mercadante


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