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L’invasione araba nel Piemonte medioevale.

Creato il 06 marzo 2014 da Paolo

saraceniQuesto articolo è partito da una semplice parola in dialetto piemontese che mi ha portato a ricercare radici arabe nel mio Piemonte e nel cuneese in particolare: Ramadan. Mia madre,  da piccolino, quando ero particolarmente ilare e sciocco mi ammoniva con un “piantla li’ d’fe l’ramadan!“…smettila di fare il Ramadan!. La storia ci dice che i due potenti Stati arabi di Africa e Spagna, seppur ostacolati nella loro espansione dagli eserciti di Carlo Magno e dalle navi di Bisanzio, non rinunciarono mai all’ambizioso progetto di estendere il loro dominio anche in buona parte dell’Europa. Nel golfo francese di S.Tropez, allora Fraxinetum Sarracenorum, i saraceni avevano costituito un punto di base alle loro scorribande. Era l’anno 889 quando un imbarcazione di pirati arabi si fermò furtivamente in una baia vicino all’attuale golfo di S.Tropez e dopo aver invaso un vicino villaggio e visionato i dintorni compresero l’importanza stategica di quei luoghi. Ci restarono sino al 975, anno della distruzione di Frassinetto (molti rimasero nei nostri paesi e si mescolarono con la popolazione locale aggiungendo ad essa quei caratteri ereditari che ancora oggi sono visibili sui volti di tanti piemontesi, come i capelli ricci e gli occhi neri).  Si spinsero poi a Oneglia, Albenga, Genova e, penetrando nell’entroterra giunsero in Val Tanaro, sino a Mondovì, Borgo S.Dalmazzo ( antica Pedona), Acqui e Tortona, trucidando gli abitanti e distruggendo chiese e abbazie. Nel 904, per la precisione il 24 maggio, lungo il torrente Pogliola, presso Mondovi’, uccisero non prima di averlo spellato vivo, il vescoso di Asti, Eilulfo (diventerà in seguito S.Bernolfo) che marciava contro di loro. Nel 906 invasero la valle del Tanaro e la valle Pesio, stabilendosi tra la popolazione e per 70 anni  non ebbero nessuna difficoltà a gestire il loro dominio. Un loro vantaggio fu quello di arrivare dalla Liguria, scavalcando montagne e incontrando gente poca avvezza a tecniche difensive di guerra. In millenni di civiltà mai nessuno, neanche i Romani, affrontarono con tanta prepotenza ed enormi carneficine queste popolazioni. Tutto questo creò uno spostamento di genti dalla piana verso l’alta montagna che, perdurando la minaccia, costituì la prima vera base di nuclei abitati in aggiunta alle grange benedettine di Villarchiosso (Villare clausum), Valdinferno, Porenca, Perzietta e altre. Per proteggere poi questa vie di penetrazione in Piemonte, nella seconda e più numerosa calata del 935, in una realtà storica feudale e in balia dei signorotti, gli arabi si insediarono in alcuni punti strategici erigendo torri e fortificazioni. Per ammirare questa fenomenali tecniche di costruzione basta visitare i resti del castello di Frabosa (CN) oppure la stupenda torre posta su di un precipizio in alta val Tanaro (CN), ai Barchi presso Eca Nasagò. Il nome stesso della frazione Eca Nasagò  trae origine da due parole arabe che significano “feroce” e “luogo di battaglia“, per indicare probabilmente qualche terribile scontro avvenuto in zona. Si conosce anche il nome del loro condottiero, Sagittus, famoso per la sua infallibilità nel tiro con l’arco. Dalla torre dei Barchi detta dei Saraceni, partivano ogni giorno per il saccheggio dei paesi vicini, assalivano castelli, distruggevano chiese, incenerivano le biblioteche e i codici miniati dei conventi, riducevano allo squallore totale tutti gli edifici che incontravano sul loro cammino infernale. Massacravano gli uomini e rapivano fanciulle e bimbi che poi avviavano sui lontani mercati di schiavi in Oriente. Tornavano dalle loro scorribande a notte fonda e come covo si impadronirono delle case vicine alla torre chiamate ”Zitta di Barchi“. Proprio qui, narra la storia, che un giovane valligiano al quale i saraceni avevano stuprato e rapito la fidanzata, promise ai suoi compaesani la liberazione incondizionata senza ovviamente essere creduto, considerando la ferocia dei saraceni. SARACENI2Il giovane studiò le usanze del gruppo invasore e si rese conto che la guardia della torre era avvertita del ritorno dei suoi compagni da un tipico fischio ripetuto tre volte. Quando lo udiva, il saraceno nella torre apriva il portoncino che si affacciava verso il precipizio del fiume Tanaro e porgeva la mano ai compagni senza che potesse però scorgerli, data la forma della torre. Una sera, con il cuore in gola, il giovane fischiò tre volte e decise di vendicarsi. Si pose tra i denti il coltello e allungò la mano; con un balzo entrò nella torre., afferrò il saraceno per il collo e lo uccise. Poi sentì il fischio di avviso, quello vero. Ad uno ad uno porse loro la mano, ma anzichè tirarli a se nella torre, con uno sforzo enorme, li fece roteare verso il vuoto, lasciandoli quindi cadere nel precipizio e nelle acque scure del fiume Tanaro. Il rumore di un forte temporale che si scatenò all’improvviso, nascose le urla di dolore e di morte dei saraceni. Poi, arrampicandosi  sulla torre, bruciò tutte le loro cose mentre gridava al villaggio la liberazione avvenuta. Tutti gli abitanti lo festeggiarono e lo portano in trionfo e fu aggiunto al suo cognome di famiglia un soprannome significativo: “Tornatore” cioè “reduce dalla torre” Ancora oggi nella borgata alcune famiglie storiche si chiamano Zitta-Tornatore. Ma se nelle nostre vallate gli arabi si limitarono a distruggere e uccidere, edificando punti d’appoggio, nelle regioni che ebbero vita tranquilla come in Sicilia o in paesi come la Spagna, essi portarono una nuova ventata di civiltà. Basti pensare a come riuscirono ad unire il loro immenso dominio, che si estendeva dall’India alla Spagna, sotto una sola religione e sotto una sola lingua che ancora oggi è una delle più diffuse del mondo. Furono attivi e geniali in ogni campo e molti prodotti agricoli furono introdotti da loro: gli agrumi, il riso, la canna da zucchero, il carrubo, le melanzane e anche il cotone e la coltivazione del baco da seta. Poi verso il 1200, dopo aver conosciuto un periodo di massimo splendore (come tutte le più importanti civiltà passate) iniziò la loro decadenza. In pochi anni gli Abbassidi vennero definitivamente travolti dai Mongoli, sostituiti poi dai Turchi, che tramite i loro sultani ripeterono gli appelli di Maometto alla guerra santa. Ma la superiorità europea era evidente e terminò così la grande epopea araba in Europa e pochi ruderi sparsi sui monti delle mie valli parlano di un epoca lontana che è stata molto importante per tutti noi, ma che pochi conoscono. Vi segnalo che nella provincia di Cuneo vivono alcune tradizioni risalenti appunto a quel periodo, come il Moro di Mondovì e il Festival dei Saraceni di Pamparato. La più importante rimane a Sampeyre dove ogni 5 anni viene rivissuta la cacciata dei saraceni dalla vallata e viene chiamata “la Baja“. La prossima durante il Carnevale del 2017.

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Alcune parole in dialetto piemontese derivanti dall’arabo:

Aticioc – Carciofo – in arabo Ardashuk

Burnia – Vaso – in arabo Brnja

Coma – Mucchio – in arabo Koma

Cussa – Zucca – in arabo Kusa

Marghè – Pastore – in arabo Margah

Credits:  Sergio Piazzo – I saraceni in valle Ellero – Ed.ARS – Ricerca iniziata nel 1986 e tuttora aperta  presso la Facoltà Orientale dell’Università di Torino / A.Sattia – I saraceni nelle Alpi – Ed.Studi Storici – 1987 / G.Patrucco – I saraceni nelle Alpi Orientali – Bollettino Storico Bibliografico Subalpino – 1908.

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