Magazine Cinema

L’ inverno del nostro scontento (Parte II, capitolo II) – John Steinbeck (estratto)

Creato il 10 ottobre 2014 da Maxscorda @MaxScorda

10 ottobre 2014 Lascia un commento

Margie Young-Hunt era una donna attraente, bene informata, abile, così abile da sapere quando e come mascherare la propria abilità. I suoi matrimoni eran falliti, il fallimento era stato degli uomini; uno perché era debole, e il secondo più debole ancora. Morì. La compagnia altrui non le veniva da sé. Se la creava, turava le falle con frequenti telefonate, lettere, cartoline di auguri, e organizzava incontri casuali. Portava la zuppa fatta in casa agli ammalati, ricordava i compleanni. Con questi mezzi faceva sì che il prossimo non ignorasse la sua esistenza.
Più d’ogni altra donna della città badava a non mettere pancia, a tener la pelle chiara e splendida, i denti lucidi, la linea del mento ben tesa. Una discreta parte del suo reddito la dedicava ai capelli, alle unghie, al massaggio, alle creme e agli unguenti. Le altre donne dicevano:
"Dev’essere più vecchia di quel che sembra."
Quando i muscoli che sorreggono le mammelle non reagirono più alle creme, ai massaggi e alla ginnastica, se le mise nel reggiseno speciale, che gliele teneva alte e baldanzose. I suoi capelli avevano proprio quel lustro e quell’ondulazione che promette la pubblicità televisiva. In compagnia, quando cenava, danzava, rideva, divertiva, si tirava dietro l’accompagnatore con una rete di piccoli magneti, chi avrebbe avvertito un freddo senso di cosa risaputa a memoria? Dopo un opportuno intervallo e uno sborso di quattrini, di solito ci andava a letto, se poteva farlo con discrezione. Poi ricominciava a turare le falle. Prima o poi quel suo letto ospitale doveva diventar la trappola, per catturare la sicurezza e gli agi del futuro. Ma la preda saltava via intatta da quella tagliola imbottita. Sempre più spesso incontrava uomini sposati, anormali, cautelosi. E Margie sapeva benissimo che la sua stagione stava tramontando. I tarocchi non rispondevano più quando lei vi cercava aiuto per sé.
Margie aveva conosciuto molti uomini, quasi tutti afflitti dalla colpa, feriti nella vanità, o disperati, sì che in lei era sorto il disprezzo per la sua preda, come accade a chi per professione caccia gli insetti nocivi. Era facile muovere questi uomini mediante le loro paure e le loro vanità. Costoro avevano un tale angoscioso desiderio di farsi ingannare che ella non provava più senso di trionfo, solo una sorta di schifata pietà. Questi i suoi amici, i suoi soci.

Ella li proteggeva anche dalla scoperta d’essere suoi amici. Dava loro il meglio di sé, perché essi non le domandavano nulla. Li teneva segreti perché in fondo ella non ammirava sé medesima. Danny Taylor era uno di questi, e Alfio Marullo un altro, e il Capo Stonewall Jackson Smith un terzo, e poi altri ancora. Essi avevan fiducia in lei, ed ella in loro, e la loro segreta esistenza era la sola calda onestà in cui Margie poteva ritirarsi, ritrovarsi. Questi amici le parlavano liberamente e senza paura, giacché per loro ella era una sorta di Pozzo di Andersen, capace di ricevere, di non giudicare, di tacere. Come quasi tutti hanno vizi segreti, così Margie Young-Hunt nascondeva una segreta virtù. E proprio per questo silenzio è probabile che ella sapesse, su New Baytown, addirittura sulla contea di Wessex, più di chiunque altro, e tale conoscenza era spregiudicata giacché ella non l’avrebbe – non avrebbe potuto – usarla a suo profitto. Ma in altri campi, tutto quel che le veniva fra mano era utilizzabile.
Il progetto Ethan Allen Hawley cominciò per caso, per pigrizia. In certo senso egli era nel giusto a pensare a un atto di malizia, a una prova della sua forza. Molti degli uomini che andavan da lei per trarne consolazione e sicurezza eran bloccati dall’importanza, legati e inermi nei traumi sessuali che infettavano ogni altra zona della loro vita. E a lei era facile, con un po’ di adulazione, con una parola rassicurante, farli di nuovo liberi di battersi contro le mogli armate di frusta. Aveva per Mary un affetto sincero e attraverso di lei, a poco a poco s’accorse di Ethan, bloccato da un altro tipo di trauma, un blocco sodale-economico che gli aveva tolto forza e sicurezza. Non avendo né lavoro, né amore, né figli, si chiedeva se non le sarebbe stato possibile liberare e dirigere l’uomo distorto verso un qualche fine nuovo. Era un giuoco, una specie di enigma, un prodotto non della bontà, ma della curiosità e dell’ozio. Questo era un uomo superiore. Dirigerlo avrebbe dimostrato la superiorità di lei, e di ciò aveva un bisogno sempre più acuto.
Probabilmente era l’unica a conoscere la profondità del mutamento in Ethan e questo le faceva paura, perché pensava che fosse opera sua. Al topo stava crescendo la criniera del leone. Ella vedeva i muscoli sotto i suoi panni, vedeva la crudeltà crescergli dietro gli occhi. La stessa cosa deve aver provato il buon Einstein quando il suo concetto – il suo sogno – della natura della materia divampò sopra Hiroshima.
Margie voleva molto bene a Mary Hawley, ma aveva per lei poca simpatia e nessuna pietà. La sfortuna è un fatto di natura, accettabile a una donna, specialmente quando ricade sulle altre.
Nella sua minuscola casa immacolata, posta in mezzo a un grande, ricco giardino vicinissimo al Porto vecchio, si protendeva verso lo specchio del trucco a ispezionare i suoi attrezzi, e i suoi occhi, oltre la crema, la cipria, l’ombretto degli occhi e le ciglia orlate di nero, vedevano le rughe nascoste, l’inelasticità della pelle. Sentiva gli anni venir su lentamente come il crescere della marea attorno a uno scoglio nel mare tranquillo. C’è un arsenale della maturità, dell’età di mezzo, ma richiede un allenamento e una tecnica che ella non possedeva ancora. Doveva apprenderla prima che crollasse l’impalcatura della giovinezza e della vivacità, lasciandola nuda, guasta, ridicola. Il suo successo era stato nel non mollare mai, nemmeno sola. Adesso, a mo’ di prova, lasciò la bocca ricadere a suo piacimento, le palpebre socchiudersi. Abbassò il mento e vide formarsi una ciambella di carne. Dinanzi a sé, nello specchio vide vent’anni arrampicarlesi addosso, e tremò quando un gelido bisbiglio le disse ciò che l’attendeva. Aveva troppo rinviato. Una donna deve avere una bacheca in cui invecchiare, luci, arredi di scena, velluto nero, figli, i capelli grigi, la crescente pinguedine, la risatina, il farfarello, amore, protezione e lieve mutamento, un marito tranquillo e poco esigente, o – anche più sereno, anche meno esigente – un testamento, un lascito. Una donna che invecchia sola è un inutile relitto, una grinzosa oscenità, senza un corteggio di infermi che chiacchierino dei suoi dolori e le leniscano le pene.
Le si formò nello stomaco un punto rovente di paura. Aveva avuto fortuna col primo marito. Lui era debole, ed ella aveva subito trovato la valvola della sua debolezza. Era disperatamente innamorato di lei, al punto che quando ella chiese il divorzio, nell’accordo per gli alimenti lui non domandò alcuna clausola relativa a un possibile secondo matrimonio.
Il secondo marito credeva che ella avesse denaro di suo. La stessa cosa aveva creduto lei. Non le lasciò molto quando morì, ma con gli alimenti del primo marito poteva vivere decentemente, vestire bene e muoversi a suo agio. Ma se il primo marito fosse morto! Questo il punto della paura. Ecco l’incubo, notte e giorno, l’incubo dell’assegno mensile.
A gennaio l’aveva visto, al grande crocicchio fra Madison Avenue e la Cinquantasettesima. Le era parso vecchio e disfatto. La tormentava il pensiero della sua mortalità. Se quel bastardo moriva, finivano i soldi. Forse, pensò, era lei l’unica persona al mondo che pregasse di tutto cuore per la salute di quell’uomo.
Il suo viso sparuto, tacito, gli occhi smorti, le vennero sullo schermo della memoria, adesso, fecero esplodere il punto rovente. Se quel figlio d’un cane moriva…!
Margie, china verso lo specchio, esitava, poi scagliò la sua volontà, come un giavellotto. Su il mento, e la ciambella di carne tornò indietro; gli occhi scintillarono; la pelle si ritrasse aderente al cranio; le spalle si squadrarono. Si tirò su e fece un agile giro di valzer sul tappeto rosso, spesso. Aveva i piedi nudi, con le unghie lucide, dipinte di rosa. Doveva correre, far presto, prima che fosse troppo tardi.
Spalancò lo spogliatoio e mise la mano sull’abito bello, provocante, che teneva in serbo per il Quattro Luglio, le scarpe coi tacchi a spillo, le calze più trasparenti che se non ci fossero nemmeno. Non più abbandono in lei, adesso. Si vestì, rapida ed efficiente come un macellaio quando bagna il coltello, si controllò nello specchio grande come un macellaio quando prova la lama contro il pollice. Rapidità, non fretta, rapidità per l’uomo che non attende, e poi… poi la lentezza casuale della donna che sa, la donna sveglia, chic, sicura di sé, la signora dalle gambe belle e i guanti bianchi immacolati. Non un uomo incontrandola mancava di voltarsi. Il camionista dei Fratelli Miller fischiava passando col suo carico fragoroso, e due ragazzi delle superiori le puntavano contro quattro occhi socchiusi, alla Valentino, e ingoiavano penosamente la saliva che scorreva nella loro bocca semiaperta.
«Che ne dici?» faceva uno.
E «Sìi!» rispondeva l’altro.
«Ti piacerebbe…»
«Sìi.»
Una signora non va a zonzo, non a New Baytown. Deve andare da qualche parte, avere una commissione, sia pure piccola, insignificante. Camminando a passi netti per il corso, salutava col capo, rivolgeva la parola ai passanti, e automaticamente faceva la sua rassegna.
Il signor Hall: campava di debiti, o almeno, così aveva fatto per qualche tempo.
Stoney: uomo duro, virile, ma poteva una donna vivere sul salario, o sulla pensione, di una guardia? E poi, era amico suo.
Harold Beck: beni immobili, e parecchi, ma Harold era un balordo come un’anatra. Probabilmente era lui la sola persona al mondo a non saperlo.
MacDowell: "Che fortuna rivederla. Come sta Milly?". Impossibile. Scozzese, avaro, legato alla moglie invalida, di quelle che non muoiono mai. Era un segreto, nessuno sapeva quanto valesse.
Donald Randolph, occhi lacrimosi: meraviglioso averlo accanto al bar, un gentiluomo da caffè, i cui modi si radicavano profondamente nella sua ubriachezza. Nulla da fare, a meno di non voler star di casa sullo sgabello di un bar.
Harold Luce: dicevano che era parente dell’editore della rivista «Time», ma chi lo diceva, lui? Un tipo pietroso, con una fama di saggezza basata sulla scarsa attitudine alla parola.
Ed Wantoner: bugiardo, imbroglione e ladro. Pieno di soldi, dicevano, e sua moglie stava morendo di fame, ma Ed non si fidava di nessuno. Nemmeno del suo cane si fidava, che non scappasse. Legato a uggiolare, lo teneva.
Paul Strait: una potenza nel partito repubblicano. Sua moglie si chiamava Butterfly. No, non un soprannome. Butterfly Strait, battezzata Butterfly, proprio così. A Paul andava bene finché lo stato di New York aveva un governatore repubblicano. Padrone dell’immondezzaio cittadino, dove si pagava un quarto di dollaro per un carico di spazzatura. Dicevano che quando i sorci crescevano e ingrassavano da diventar pericolosi, Paul vendeva i biglietti a chi volesse spararli, affittava torce elettriche e fucili, e forniva cartucce calibro 22, per ammazzarli. Somigliava al presidente, al punto che molti lo chiamavano Ike. Ma una volta Danny Taylor, completamente ubriaco, l’aveva chiamato Paolo il Nobile, e aveva attecchito. Paolo il Nobile era il suo soprannome, assente lui.
Marullo: sta peggio di prima. Sta proprio male. Gli occhi di Marullo eran quelli di un uomo colpito allo stomaco dalla 45. Era passato oltre la porta del suo negozio senza entrarci. Entrò Margie, facendo scattare le natiche.
Ethan parlava a un forestiero, nero di capelli, piuttosto giovane, calzoni eleganti, cappello a tesa stretta. Sulla quarantina, forte, duro, intento a quel che stava facendo, qualunque cosa fosse. Stava appoggiato al banco e pareva accingersi a visitare le tonsille di Ethan.
Margie disse: «Ciao! Hai da fare. Ritorno dopo».
Una donna uscita a passeggio può fare, in banca, infinite cose, oziose ma legittime. Margie traversò l’imboccatura del vicolo e entrò nel tempio di marmo e acciaio lucido.
Joey Morphy, quando la vide, aprì completamente lo sportello quadrato e inferriato della cassa. Che sorriso, che personaggio, che uomo divertente, e che infelice prospettiva, come marito. Giustamente Margie lo stimava scapolone nato, pronto a battersi e a morire per restare tale.
Ella disse: «Prego, signore, avrebbe del denaro fresco?».
«Mi scusi, signora vedo subito. Mi par proprio di averne visto da qualche parte. Quanto ne desidera.»
«Un paio d’etti, m’sieur.» Prese il blocchetto dalla borsetta bianca e firmò un assegno di venti dollari.
Joey rise. Margie gli piaceva. Di tanto in tanto, ma non spesso, la portava a cena e poi a letto. Ma gli piaceva anche la sua compagnia, il suo modo di stare allo scherzo.
Joey disse: «Signora Young-Hunt, mi torna a mente un mio amico che era al Messico con Pancho Villa. Se lo ricorda?».
«Mai conosciuto.»
«Dico sul serio. Me l’ha raccontata lui. Diceva che quando Pancho era al Nord, lui lavorava alla zecca, stampava biglietti da venti pesos. Tanti ne fece che gli uomini nemmeno li contavano più. E neppure gli importava molto di contarli. Andavano a peso, con la bilancia.»
Margie disse: «Joey, l’autobiografia è proprio il tuo genere».
«Ma no, signora Young-Hunt. Avrei avuto cinque anni. È una storia. Dunque entra una bella donnina ben messa, indiana ma ben messa, e dice: "Mio generale, tu hai giustiziato mio marito, lasciandomi, povera vedova, con cinque figlioli, ed è questa la maniera di condurre una rivoluzione popolare?". Pancho studiò ben bene quanto valeva la donna, proprio come sto facendo io.»
«Ma non hai mica l’ipoteca, Joey.»
«Lo so. È una storia. Rivolto a un aiutante di campo Pancho fece: "Pesale cinque chili di quattrini". Era un bel mucchietto. Gliene fecero un pacco col fil di ferro e la donna se ne andò, dondolando il suo sacco di grana. Allora salta fuori un tenente, saluta e dice: "Mio generale (loro dicono mi gral, che si pronuncia hral) non l’abbiamo fucilato, suo marito. Era ubriaco. L’abbiamo messo in prigione là dietro". Pancho non aveva levato gli occhi di dosso alla donnina che se ne andava col malloppo. Disse: "Andate a fucilarlo. Non possiamo fare un torto a quella povera vedova".»
«Joey, sei proprio impossibile.»
«È una storia vera. Io ci credo.» Le restituì l’assegno. «Lo vuoi in biglietti da venti, da cinquanta o da cento?»
«Dammelo in soldini.»
La conversazione li divertiva.
Il signor Baker fece capolino dal vetro smerigliato del suo ufficio.
Ora ecco il punto. Una volta il signor Baker le aveva fatto una proposta, corretta grammaticalmente, ma oscura. Certo, aveva moglie, ma Margie conosceva i Baker di questo mondo. Sempre pronti a trovare un motivo morale per fare quel che comunque vogliano. Era contenta d’averlo respinto. Così restava ancora nella lista.
Prese i quattro biglietti da cinque che Joey le aveva dato, e andò verso il banchiere; ma in quel momento l’uomo che aveva visto parlare con Ethan entrò in silenzio, le passò avanti, presentò un biglietto, e fu subito accolto nell’ufficio del signor Baker, e la porta si chiuse.
«E dunque, baciami il piede» disse a Joey.
«Il più bel piede della contea di Wessex» disse Joey. «Vuoi che usciamo stasera? A ballare, mangiare eccetera?»
«Non posso» rispose. «Chi è quello?»
«Mai visto prima. Pare il tipo dell’ispettore di banca. Quando va così son contento, davvero, contentissimo, di saper sommare e sottrarre.»
«Sai Joey, presto farai scappar di casa una bella donna fedele.»
«È la mia devota speranza, signora.»
«Arrivederci.»
Uscì, traversò il vicolo, entrò nel negozio di Marullo.
«Ciao, Eth.»
«Salve, Margie.»
«Chi era quel bel forestiero?»
«Non hai con te la sfera di cristallo?»
«Agente segreto?»
«Peggio. Margie, hanno paura tutti della polizia. Anche se non ho fatto niente, i poliziotti mi spaventano.»
«Era uno sbirro quel fustaccio riccioluto?»
«Non esattamente. Ha detto d’essere un agente federale.»
«Cos’hai combinato, Ethan?»
«Combinato? Io? Perché poi "combinato"?»
«Cosa voleva?»
«So solo quel che mi ha chiesto, ma non quel che voleva.»
«Cosa t’ha chiesto?»
«Da quanto tempo conosco il padrone. Chi altro lo conosce. Quando è venuto a New Baytown.»
«E tu cosa gli hai detto?»
«Quando mi arrolai per combattere il nemico, non lo conoscevo. Ce l’ho trovato rientrando. Quando fallii, lui prese il negozio e mi dette un posto.»
«Di cosa credi si tratti?»
«Lo sa il cielo.»
Margie cercava di leggergli dentro. Pensava: "Fa la parte del sempliciotto. Chissà cosa voleva quel tipo!".
Egli disse, con una calma che le fece paura: «Tu non mi credi. Lo sai, Margie, nessuno crede mai la verità».
«Tutta la verità? Quando spolpi un pollo, Eth, è tutto pollo, ma un po’ è carne buona, un po’ cattiva.»
«Credo di sì. Francamente, Margie, sono preoccupato. Ho bisogno di questo posto. Se succedesse qualcosa ad Alfio, mi troverei sul lastrico.»
«Ti scordi che diventerai ricco?»
«Fa male ricordarlo, perché non lo sono.»
«Ethan, te lo ricordi? Fu a primavera, verso Pasqua. Entrai e tu mi chiamasti Figlia di Gerusalemme.»
«Fu il venerdì santo.»
«Te lo ricordi. Bene, l’ho scoperto. San Matteo, è meraviglioso e… terribile.»
«Sì.»
«Chi te lo ha messo in testa?»
«Mia zia Deborah. Mi metteva in croce una volta l’anno. E dura ancora.»
«Tu scherzi. Ma allora non scherzavi.»
«No, non scherzavo. E non scherzo nemmeno adesso.»
In tono giocoso disse: «Lo sai, la fortuna che ti ho letto si sta avverando».
«Lo so.»
«Non ti pare di dovermi qualcosa?»
«Certo.»
«E quando pagherai?»
«Ti dispiacerebbe passare là dietro?»
«Non credo che lo faresti.»
«No?»
«No, Ethan e non lo credi nemmeno tu. In vita tua non hai mai fatto all’amore nei fienili!»
«Potrei imparare, forse.» «Non sapresti fornicare, anche volendo.»
«Potrei provarmici.»
«Ci vorrebbe odio, amore, per destarti, e per l’uno e per l’altro occorre un processo lento e sicuro.»
«Forse hai ragione. Come l’hai capito?»
«Non capisco mai com’è che capisco.»
Aprì appena la cella frigorifera, tirò fuori una bottiglia, che si appannò subito, l’aprì e gliela porse, poi ne aprì una seconda.
«Cosa vuoi da me?»
«Non ho mai conosciuto un uomo così. Forse voglio solo vedere cosa si prova a farsi amare o odiare tanto.»
«Sei una strega! Perché non fai un fischio, e scateni il vento?»
«Non so fischiare. So scatenare una tempestucola nel cuore degli uomini, con le ciglia. Riesco ad accenderti il fuoco?»
«Forse ce l’hai fatta.»
La studiava attentamente, e non cercava di nasconderlo. «Fatta come una rimessa di mattoni» disse «morbida, liscia e forte e buona.»
«Come lo sai? Non mi hai mai toccato.»
«Se lo faccio, meglio per te tagliar la corda, e di corsa.»
«Povera me.»
«Smettiamola. C’è qualcosa che non funziona. Ho vanità bastevole per sapere di che calibro è la mia avvenenza. Cosa vuoi, tu? Sei un bel pezzo di donna, ma sei anche furba. Cosa vuoi?»
«Ti ho letto la fortuna, e si sta avverando.»
«E vuoi succhiare anche tu?»
«Sì.»
«Ora ti credo.» Alzò gli occhi. «Mary del mio cuore» disse «guarda il tuo sposo, il tuo amante, il tuo caro amico. Scampami dal male, di dentro, e di fuori. Ti supplico aiutami, Mary mia, perché l’uomo ha un bisogno strano e tempestoso, e la brama dei secoli è in lui, di spargere i semi dovunque. Ora pro me.»
«Sei falso, Ethan.»
«Lo so. Ma non potrei essere anche umile?»
«Adesso mi fai paura. Prima non era così.»
«Non vedo perché.»
Aveva quello sguardo di quando leggeva le carte e lui se ne avvide.
«Marullo.»
«Che gli è successo?»
«Lo sto chiedendo.»
«Attenda un momento. Mezza dozzina di uova, un pezzo di burro, bene. Come sta a caffè?»
«Sì, un barattolo di caffè. Mi piace tenerlo sulla mensola. Come è quel pasticcio di carne Whumpdum?»
«Non l’ho ancora provato. Dicono che è ottimo. Un minuto e son da lei, signor Baker. Sua moglie ha provato quel pasticcio di carne Whumpdum?»
«Non so, Ethan. Mangio quel che mi mette nel piatto. Signora Young-Hunt, lei diventa sempre più graziosa.»
«Molto gentile.»
«È vero. E si veste… così bene.»
«Stavo pensando la stessa cosa, di lei. Be’, lei proprio grazioso non è, ma ha un sarto meraviglioso.»
«Lo credo anch’io. Si fa pagare abbastanza.»
«Ricorda quel tale che diceva: "Le maniere fanno l’uomo?". Be’, ora è cambiato. Sono i sarti che fanno gli uomini secondo l’immagine che vogliono.»
«Il guaio di un abito ben fatto è che dura troppo. Questo ha dieci anni.»
«Non ci posso credere, signor Baker. Come sta sua moglie?»
«Ha la forza di lamentarsi ancora. Perché non la viene a trovare, signora Young-Hunt? Sta sempre sola. Non son poi molti, di questa generazione, capaci di tenere una conversazione colta. Lo ha detto Wykeham. È il motto del Winchester College.»
Ella si volse a Ethan: «Mi trovi un altro banchiere americano che sappia queste cose».
Il signor Baker arrossì. «Mia moglie è abbonata alle Grandi Opere. Legge molto. La prego, venga a trovarla.»
«Mi farebbe tanto piacere. Metta la mia roba in un sacchetto, signor Hawley. La prenderò rincasando.»
«Bene, signora.»
«È una giovane notevolissima» disse il signor Baker.
«Lei e Mary sono amiche.»
«Ethan, è venuto quel tale del governo?»
«Sì.»
«Cosa vuole?»
«Non lo so. Mi ha fatto qualche domanda sul signor Marullo. Non sapevo cosa rispondere.»
Il signor Baker abbandonava l’immagine di Margie con la lentezza di un anemone quando apre e rigetta il guscio di un granchio spolpato. «Ethan, hai visto Danny Taylor?» «No, non l’ho visto.» «Sai dove sia?» «No, non lo so.»
«Bisogna che gli parli. Non sai proprio dove possa essere?» «Non lo vedo da… be’, da maggio. Voleva ritentare la cura.» «E sai dove?»
«Non me lo disse. Ma voleva tentare.» «Era un istituto pubblico?»
«Non credo, signor Baker. Gli ho prestato del denaro.» «Cosa?!»
«Gli ho prestato un po’ di soldi.»
«Quanto?»
«Mi scusi, ma…»
«Scusa tu, Ethan Siete vecchi amici. Scusa. Aveva altri soldi?» «Credo di sì.» «Non sai quanto?»
«No, signor Baker. Solo un’impressione mia, che ne avesse altri.»
«Se sai dove si trovi, ti prego, dimmelo.»
«Certo, se lo sapessi, signor Baker. Non potrebbe fare un elenco di posti possibili, e poi telefonare?» «Ha avuto il prestito in contanti?»
«Sì.»
«Allora nulla da fare. Può aver dato un altro nome.» «Perché?»
«Lo fanno sempre, se son di buona famiglia. Ethan, quei soldi te li dette Mary?»
«Sì.»
«E non si è preoccupata?» «Non ne sapeva il motivo.»
«Stai diventando furbo.»
«Ho imparato da lei, signor Baker.»
«E non te lo scordare.»
«Forse sto imparando un poco alla volta. Soprattutto sto imparando quante cose non so.»
«Be’, così si fa. Mary sta bene?»
«Forte e robusta. Vorrei offrirle un po’ di vacanza. Da anni non usciamo di città.»
«Ce la farai, Ethan. Io sto pensando di andare nel Maine, per il Quattro Luglio. Non la sopporto più, questa confusione.»
«Secondo me, voi banchieri siete proprio fortunati. Non è stato ad Albany, di recente?»
«Chi te lo ha detto?»
«Non so… l’ho sentito, da qualche parte. Forse l’ha detto sua moglie a Mary.»
«Impossibile. Non lo sapeva. Cerca di ricordare dove l’hai sentito.»
«Forse l’ho solo immaginato.»
«Mi preoccupa, Ethan. Pensa bene, dove l’hai sentito?»
«Non ricordo proprio, signor Baker. Ma poi che importa, se non è vero?»
«Ti dirò, in confidenza, perché mi preoccupo. Ho avuto una chiamata del governatore. È un affar serio. Mi chiedo come è trapelata la notizia.»
«Qualcuno l’ha visto?»
«Che io sappia no. Ci ho fatto un salto. Voglio dirti qualcosa. Se va in porto saprò da dove è uscita.»
«Allora non voglio sentire.»
«Devi, ora che sai di Albany. Lo stato sta esaminando gli affari della contea e della città.»
«Perché?»
«Perché credo che fino ad Albany abbiano fiutato qualcosa.»
«Niente politica?»
«Tutto quel che fa il governatore, secondo me, è politica.»
«Signor Baker, perché non agire allo scoperto?»
«Te lo dico io il perché. È trapelato qualcosa, al centro, e quando si son mossi gli ispettori, quasi tutti i registri erano scomparsi.»
«Capisco. Meglio se lei non me l’avesse detto. Non sono un chiacchierone, ma vorrei non saper nulla.»
«Anch’io lo vorrei, per questo, Ethan.» «Le elezioni sono il sette luglio. Scoppierà prima la bomba?»
«Non so. Deciderà lo stato.»
«Lei crede che Marullo c’entri? Non vorrei proprio perdere il posto.»
«Non credo. Era un agente federale. Ministero della Giustizia. Tu non gli hai chiesto le credenziali?»
«Non ci ho pensato. Le ha tirate fuori, ma io non le ho guardate.»
«Be’, avresti dovuto. Bisogna guardarle sempre.»
«Non pensavo che lei volesse andarsene.»
«Ah, ma non importa. Non succede nulla verso il Quattro Luglio. Già i giapponesi attaccarono Pearl Harbor, un giorno di festa. Sapevano che non ci avrebbero trovato nessuno.»
«Vorrei portar Mary da qualche parte.»
«Ci andrai più tardi. Ma voglio che tu ti dia da fare, che tu scopra dov’è Taylor.»
«Perché? È così importante?»
«Sì, e ti dico subito il perché.»
«E allora spero proprio di trovarlo.»
«Guarda, se lo trovi, forse non avrai più bisogno di questo posto.»
«Se è così, ce la metto tutta, signor Baker.»
«In gamba, Ethan. Son certo che ce la farai. E se lo peschi, telefonami… a qualunque ora del giorno o della notte.»


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :