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L’ISTAT e la lettura

Creato il 24 gennaio 2015 da Martinaframmartino

L’ISTAT e la lettura

Nel 2014, oltre 23 milioni 750 mila persone di 6 anni e più dichiarano di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista, per motivi non strettamente scolastici o professionali. Rispetto al 2013, la quota di lettori di libri è scesa dal 43% al 41,4%.

La popolazione femminile mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire dai 6 anni di età: complessivamente il 48% delle femmine e solo il 34,5% dei maschi hanno letto almeno un libro nel corso dell’anno.

La quota di lettori è superiore al 50% della popolazione solo tra gli 11 ed i 19 anni mentre la fascia di età in cui si legge di più è quella tra gli 11 e i 14 anni (53,5%).

La propensione alla lettura è fortemente condizionata dall’ambiente familiare: leggono libri il 66,9% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 32,7% di quelli con genitori che non leggono libri.

Nel Mezzogiorno la lettura continua ad essere molto meno diffusa rispetto al resto del Paese: meno di una persona su tre nel Sud e nelle Isole ha letto almeno un libro (la quota di lettori è rispettivamente il 29,4% e il 31,1% della popolazione).

Si legge di più nei comuni centro dell’area metropolitana: la quota di lettori è al 50,8%, ma scende al 37,2% in quelli con meno di 2.000 abitanti.

Quasi una famiglia su dieci (9,8%) non ha alcun libro in casa; il 63,5% ne ha al massimo 100.

I “lettori forti”, cioè le persone che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 14,3% dei lettori, una categoria sostanzialmente stabile nel tempo.

Il comunicato stampa, che ho ripreso integralmente, si trova qui: http://www.istat.it/it/archivio/145294

Naturalmente visto che non sono capace di limitarmi a fare un copia e incolla di un testo mi sono posta alcune domande. In Italia si legge poco. E all’estero? Queste sono alcune righe tratte da un articolo di Il sole 24 ore. Un po’ datate, sono del 2012, e purtroppo all’epoca i lettori italiani erano un po’ di più. Non so come sono andate le cose all’estero, già nel 2012 noi non facevamo una bella figura e almeno da noi le cose sono cambiate. In peggio.

L’anno scorso soltanto il 46% degli italiani ha letto almeno un libro, tra questi il 51,9% sono donne e il 39,7% uomini; per tracciare un paragone è utile sapere che tali numeri lievitano fino all’82% nel caso della Germania, al 70% in Francia mentre, in Spagna, il 61,4% degli intervistati si concede la lettura di (almeno) un libro.

L’articolo completo lo potete trovare qui: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-03-20/italiano-legge-neppure-libro-093659.shtml?uuid=AbpOxofH

Fra l’altro quell’articolo inizia con una citazione da un film, Santa Maradona, che io non ho mai visto, ma nella cui frase mi riconosco perfettamente. “«Il problema non è leggere o no Novella 2000, il problema è leggere solo Novella 2000»” diceva Stefano Accorsi, che è più o meno quello che penso io quando consegno a qualcuno la biografia di uno sportivo. Il problema non è quando una persona legge quella biografia, anch’io ho letto diverse biografie di sportivi, il tifo ci sta, il problema è se quella è l’unica cosa che viene letta. Una statistica generica sui lettori forti potrebbe comprendere anche qualcuno che in un anno legge dodici biografie di sportivi. A livello numerico è un lettore forte, a livello di contenuti mica tanto. Anche se è scritta bene come Open di Andre Agassi (che però in realtà ha scritto J.R. Moehringer).

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Anni fa avevo letto una spiegazione che diceva che nei dodici libri necessari per definire il lettore forte non sono compresi libri di cucina, manuali vari (e fin qui ci sto, quella non è lettura ma consultazione tecnica su uno specifico argomento) e libri fantasy. Mi pare fosse indicata qualche altra categoria, i fumetti certamente (e perché mai? Bone di Jeff Smith è più lungo – e ricco – di molti romanzi, mentre Maus di Art Spiegelman tratta un tema importantissimo come la shoah), forse i romanzi rosa e qualcos’altro, ma non ricordo con certezza.

In questo caso io rientrerei comunque fra i lettori forti, ma mi domando il perché di quest’esclusione. No, non me lo domando, lo so e ne sono infastidita. Il solito snobismo nei confronti del genere, che altro? Nel mio girovagare su internet ho trovato un altro articolo, anche questo abbastanza datato. Ne riporto alcune righe:

Non me la sento di definire una persona che legge cinquanta romanzi Harmony l’anno come un lettore di serie B. Di certo, però, non offendo nessuno se affermo che esiste una differenza antropologica tra i vari lettori, che in parte ha origine proprio nel motivo per cui ci si dedica a questa attività. Lo scopo primario è comune più o meno a tutti, appagare momentaneamente la ricerca di emozioni, il che già differenzia la categoria da quella dei non-lettori che non immaginano nemmeno sia possibile emozionarsi leggendo un libro. Detto ciò, non è affatto scontato che tutti i lettori ricerchino nel libro il medesimo soddisfacimento emotivo.

C’è chi sente il bisogno di approfondire temi storici, politici, economici o scientifici, che è solito dedicarsi alla lettura di saggi e inchieste, biografie e romanzi con ambientazioni attinenti all’interesse ricercato. Chi vuole abbandonarsi all’evasione mentale e sceglie un romanzo rosa, una storia fantasy o una commedia, e via via discorrendo le varie tematiche specifiche, che denoteranno letture diverse scelte a seconda del momento particolare del lettore o semplicemente della sua curiosità. Il lettore monotematico è più ignorante di quello onnivoro? Il lettore che sa apprezzare classici senza tempo e non trova appagamento alcuno nei testi scritti come fossero storie da quarta elementare è “più lettore”, parafrasando Orwell, di un fan di Fabio Volo?

La risposta è semplice: esistono lettori maturi e lettori immaturi.

Il testo completo lo potete trovare qui: http://www.scrivendovolo.com/esistono-lettori-di-serie-a-e-lettori-di-serie-b/.

Va bene, a quanto pare sono un lettore immaturo. O no? Chissà se chi ha scritto questo testo parafrasando George Orwell si è mai fermato a riflettere sul dettaglio che La fattoria degli animali è un romanzo fantasy e 1984 un romanzo di fantascienza? Sono entrambi romanzi straordinari, e sono annoverati fra la letteratura “seria” a causa del forte contenuto di critica sociale, ma la trama è decisamente fantastica. Buffo che qualcuno che evidentemente non apprezza il fantasy anche se è disposto ad ammettere che leggere fantasy è meglio che non leggere nulla citi un autore di fantasy. Come è un fantasy Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, mentre è fantascienza Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson. Guardiamo la trama, non è che per il solo fatto di essere stati scritti (e scritti bene) nel XIX secolo, ed essere considerati classici, abbiano cambiato genere di appartenenza.

O forse sono solo i fantasy moderni a essere immaturi? Forse prima di criticare indiscriminatamente un genere bisognerebbe leggerlo, visto che in molti fantasy ho trovato trattati temi quali shoah, razzismo, paura del diverso, omosessualità e omofobia, fanatismo, caccia alle streghe, relatività della verità, dubbi morali, libero arbitrio e via dicendo. Poi magari se citiamo un singolo autore – e potrei farlo anch’io, ma non è questo che mi interessa qui – è un autore mediocre e immaturo, ma è quell’autore a esserlo, non tutto il genere. E questo vale per qualsiasi genere, che è costituito da opere d’evasione come da opere serie o anche da opere che sono un mix fra questi due aspetti e sta al lettore decidere cosa trovare nel singolo libro. Quanto alla supposta differenza antropologica citata dall’autore di questo articolo non mi offende perché non prendo l’articolo così sul serio da offendermi, malgrado lo snobismo con cui tratta me e tutti coloro che hanno i miei stessi gusti.

Va bene, a questo ho dedicato già fin troppo spazio, specie se considero che questo doveva essere un articolo rapido a cui dedicavo solo qualche minuto. E allora abbandono gli snob e torno là da dove ero partita, all’editoria.

nel nostro paese si pubblicano troppi libri, secondo le statistiche quasi 170 al giorno. Il mercato editoriale italiano si fonda su un pericoloso assioma: “troppa offerta e poca domanda”. Circa 60.000 i libri pubblicati in un anno e poche decine di copie la media del venduto di ogni singolo libro.

Si tratta di un articolo recente e interessante che tocca temi come la tiratura, la distribuzione, le rese e le forme di editoria anomale come le vanity press e gli autopubblicati. Io vi consiglio di leggerlo, avere un’idea di come funziona l’editoria e porsi qualche domanda non fa mai male. Il link è questo: http://www.linkiesta.it/blogs/leggere-e-rock/l-editoria-italia-quale-futuro.



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