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L’Italia che non cresce: storia di tasche vuote e dirigenti matusalemme

Creato il 30 luglio 2012 da Tabulerase

L’Italia che non cresce: storia di tasche vuote e dirigenti matusalemmeMa è possibile che a pagare siano sempre gli stessi soliti tristemente noti? Quelli che non possono evadere perché tassati alla fonte (io se potessi l’addizionale regionale non la pagherei!), quelli che hanno lavorato una vita intera per diventare poi mendicanti alla faccia delle pensioni d’oro, quelli che la benzina la devono usare per forza anche se hanno un utilitaria e non un SUV, quelli che hanno studiato per insegnare e non insegneranno mai, quelli che se avessero aumentato la birra per assumere 10000 persone magari, nonostante il rincaro, se la sarebbero concessi pure una birretta ogni tanto per solidarietà…

E intanto i “tecnici” continuano a parlare di crescita! Ma se gli italiani (sempre quelli “medi”, intendiamoci) hanno meno soldi in tasca, se sono costretti a spendere meno (vedi recente rapporto Intesa San Paolo secondo cui in termini di spesa pro capite il dato di quest’anno riporta i livelli indietro di quasi 30 anni) e se non spendono, se non acquistano non dico il superfluo, ma almeno l’essenziale, i consumi non crollano? E con i consumi non crollano le imprese? Altro che crescita…

I “tecnici” –sempre loro – godono nell’uso di un’altra parola che abbinano spesso alla chimera Crescita: la tanto agognata Meritocrazia ad indicare una corsia preferenziale per i meritevoli, i capaci: concetto talmente elevato che nelle condizioni attuali del nostro Paese sembra addirittura avulso da una realtà che, all’apposto, è talmente misera da rendere più urgente l’instaurazione di un sistema “bisognocratico”. Assicurare a tutti il soddisfacimento non solo dei bisogni primari ma anche di quel minimo di superfluo che garantisce serenità.

Si è parlato tanto di ricerca della felicità  (Cameron in Inghilterra ha addirittura individuato l’indice della felicità sondando tramite alcuni indicatori-lavoro, salute, etc.- il benessere dei sudditi di Sua Maestà) come base per un nuovo modo di essere società civile. Le affascinanti dissertazioni sul tema sono state oscurate dal manto nero della crisi, ma se proprio felicità non si può, almeno un po’ di tranquillità sarebbe necessaria. Solo assicurando a tutti, a prescindere dalle capacità di ognuno, un dato grado di serenità, essenzialmente economica ( è vero che i soldi non garantiscono la felicità, senza però si è sicuramente, innegabilmente poco tranquilli) si potrà poi parlare di meritocrazia e di crescita.

Altro elemento da non sottovalutare è la discriminazione anagrafica patologica che taglia fuori i giovani, gli under 50, dai ruoli di potere? I nostri dirigenti sono più vecchi d’Europa! Matusalemme al potere in ogni ambito, dalla politica all’Università. I dati emersi da un’indagine della Coldiretti in collaborazione dell’Università della Calabria sono agghiaccianti e sconfortanti.
Facciamo qualche esempio:
• I dirigenti e amministratori delegati delle nostre Banche hanno un’età media di 67 anni;
• I senatori hanno un’età media di 57 anni e i deputati di 54;
• I professori universitari hanno in media 63 anni, i più vecchi del mondo “industrializzato”.
Se si pensa che Mario Monti ha 69 anni , che Obama è arrivato a guidare gli Stati Uniti a 47 anni e che David Cameron è diventato premier in Gran Bretagna a 43 (Blair a 44 anni…), ci rendiamo conto dell’abisso generazionale che ci divide dal resto del mondo.
Mentre all’estero si punta su energie fresche, indispensabili per la crescita- quella vera , non quella di cui tutti si riempiono la bocca senza fare niente per favorirla- in Italia siamo vittime di Jurassic Park! Esistono le eccezioni, per carità, ma è un dato di fatto che quando si parla di nuovo che avanza in Italia si parla ancora di, Casini, Vendola o Montezemolo tutti ampiamente cinquantenni e sessantenni! Perfino Grillo ha passato i sessanta…

La ricetta per la crescita forse è più semplice di quello che vogliono farci credere: un po’ più di soldi in tasca agli italiani e un po’ più di “carne fresca” al potere, come direbbe il mio amico Matteo.


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