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L’Italia verso il default: si suggerisce l’uscita dall’euro

Creato il 22 settembre 2014 da Albertocapece

Default economicoOggi molti giornali e siti fanno una straordinaria scoperta dell’acqua calda, attorno alla quale si è girato per oltre tre anni anni, forse nella speranza di un miracolo, forse semplicemente per prendere tempo e aspettare che, sull’onda dello sgomento e della paura, si attuassero le politiche di umiliazione del lavoro, forse per non violare il catechismo di una fede economica che è divenuta un vizio. Sta di fatto che viene sparato un articolo di Wolfgang Munchau editor del Financial Times, secondo il quale senza crescita il debito italiano non è più sostenibile.

Bella scoperta: terrorizzati dallo spread e poi rassicurati dalla sua diminuzione ci si è illusi che il peggio fosse passato, quando invece esso è sempre rimasto accanto a noi. Ma Munchau fa anche altre formidabili scoperte: una è che la distruzione delle tutele del lavoro e i licenziamenti facili non servono certo a far ripartire l’economia e l’altra, davvero straordinaria è che all’Italia “mancano gli strumenti di politica monetaria per invertire la rotta della crescita. Rimane insoluto il problema dell’assenza in Italia della possibilità di una politica monetaria di svalutazione, assolutamente indispensabile se si vuole impedire la bancarotta dello Stato italiano. E l’unico modo per riottenerla è coordinare a livello europeo l’uscita dell’Italia dall’euro”. Guarda un po’.

L’unica possibilità tra il default e l’uscita dalla moneta comune è un acquisto massiccio, continuo e a lungo termine di titoli italiani da parte della Bce, cosa che in questi termini  è impossibile per statuto, è impedita comunque dalla Bundesbank e richiederebbe un accordo continentale eccezionale volto a far rimanere l’Italia nell’eurozona. Con risultati peraltro assai incerti, ma con la sola certezza di un governo diretto di Bruxelles sul Paese, nonostante il fatto che praticamente tutti i governi che si sono succeduti da quattro anni a questa parte sobriamente, silenziosamente o chiassosamente non hanno fatto altro che firmare trattati capestro e seguire, sia pure in maniera rapsodica e cialtronesca, i diktat europei .

Chi legge questo blog sa benissimo come questo risultato fosse stato preconizzato con tale frequenza da suscitare persino noia, ma si è andati avanti a trascinare il cadavere dell’euro sia perché ciò conveniva ai paesi ricchi, sia perché la sua presenza era un garanzia per le politiche reazionarie e liberiste invocate da Bruxelles. D’altronde la profezia era abbastanza facile ancorché esorcizzata da tutti o quasi e ancora seminascosta persino  oggi visto che dell’intervento bomba del Financial Time si preferisce sminuire l’argomento monetario che ne è invece la struttura portante per attaccarsi alle scarse riforme (e comunque contraddittorie) del sistema Italia che sarebbero intervenute. La novità non sta tanto nell’analisi di Munchau che poteva essere fatta già parecchi anni fa e che comunque era  come dire, nell’aria da molto, ma nel fatto che essa sia divenuta esplicita e si affacci con sempre maggiore frequenza sui giornali tedeschi e internazionali, segno che qualcosa sta maturando, che forse di fronte al disastro offuscato per qualche tempo, si stia prendendo qualche decisione là dove si puote. Il fatto stesso che si parli di una “uscita coordinata a livello europeo” dalla moneta unica ci dice che qualcosa bolle in pentola. Anche perché sostenere il debito italiano significherebbe una svalutazione dell’euro al 60%, un prezzo che nessuno è disposto a pagare.

Probabilmente si ritiene che la situazione sia così degradata da non essere più controllabile dal punto di vista politico nel prossimo futuro, che un’esplosione monetaria metterebbe a serio rischio la stessa Ue, per cui  tanto vale risuddividere l’area euro: l’Italia non sarebbe che l’inizio di un effetto domino, visto che anche a Parigi ci si comincia a interrogare seriamente. Per parte mia voglio fare la conta di tutti quelli che tra un po’ “l’avevano detto” e di quelli che non lo dicevano per non fare un favore alle destre, aumentandone già grazie a questa sottile strategia la presa e sostenendo attivamente le politiche della destra finanziaria e bancaria.


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