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L’oca al passo (#totoQuirinale)

Creato il 30 gennaio 2015 da Povna @povna

Questa settimana il tempo per fare una recensione a modo è più scarso di sempre; perché gli impegni di scuola si ammucchiano, così come quelli extra; deve preparare i documenti per un concorso universitario; organizzare una cena importante per la settimana prossima e, come se non bastasse, sono uscite le materie delle maturità.
E poi, c’è l’elezione al Quirinale che incombe, che la ‘povna sta seguendo minuto per minuto, come sempre, parlando un po’ ovunque: con gli amici (in specie e soprattutto: l’Anziana di Ginevra e lo Storico Saggio); con mamma ‘povna; Mr. e Mrs. Mifflin; e nel gruppo di ascolto – informato, intelligente, divertentissimo – messo in piedi da Iome.
Ed è proprio insieme a lei che l’idea è venuta fuori, tra una previsione e l’altra. Così oggi la ‘povna decide di parlare dell’Oca al passo, una raccolta organizzata dei suoi saggi pubblicata da Antonio Tabucchi nel 2006.
Si tratta in sostanza di pezzi pubblicistici, scritti dal romanziere per altre sedi giornalistiche (italiane ed estere). Quello che però le trascende dall’essere una semplice antologia è la struttura – forte, pensata, chiusa, e dunque volutamente militante – che assumono questi pezzi, collocati attentamente in un preciso disegno editoriale. Sono pezzi sulla politica italiana, lo dice chiaro, pur evocativo, il sottotitolo: Notizie dal buio che stiamo attraversando e parlano, cercando di analizzarlo da una prospettiva non scontata e informatissima, del “regimetto” berlusconiano.
Tabucchi ne ha per tutti, con stile requisitorio da intellettuale engagé (una specie che, nella sua forma pura, in Italia è oramai rarissima) e penna accattivante. Per capire il senso della sua analisi, è utile dare un occhio all’Indice, nel quale il secondo significato dell'”Oca” di cui al titolo (il primo è quello, evidente, delle marce) appare in tutta la sua chiarezza. La politica, ma anche la società, l’economia, l’Italia tutta è vista come un gioco dell’Oca, nel quale i cittadini sono costretti a tirare i dadi, sempre più affidandosi al destino e meno a una programmazione schietta, all’interno di un tabellone nel quale sembra che prevalga la casella “stai fermo un turno”, oppure quella “ritenta, sarai più fortunato. Attraverso sette giri (i titoli, anch’essi evocativi, sono questi: La crisi del pensiero lapalissiano; La politica e l’interesse; Il regime; Il regimetto; La guerra; Impegno e disincanto; Il futuro è già passato?), vengono ripercorse le tappe essenziali che hanno portato a quel presente (si è alla vigilia delle elezioni politiche, è bene ricordarlo); ogni articolo diventa così una diversa casella di un gioco (socio-politico) al massacro. Sfilano così quarantasette ‘passi’ dell’Oca, uno per ciascuno articolo, più sette caselle jolly. Si chiamano “casella garante”. Ed è proprio da questa postazione che Tabucchi lancia, ripetuto come un rituale laico, il più pungente dei suoi strali. L’aggettivo (“garante”) dovrebbe già far capire di che si tratta: attraverso una trattazione lucida di tutte le mancanze istituzionali praticate in un settennato, una dopo l’altra, la critica è infatti per il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, colpevole di avere intepretato – dietro la bandiera di un aggettivo che in quegli anni gli Italiani impareranno a dover sciorinate come un mantra: bipartisan – con debolezza, mancanza di carattere, quando non effettiva caduta e ambiguità istituzionale (qui una recensione, su questo, molto bella). Si tratta di una lettura forte (soprattutto a quel tempo), che alla ‘povna piacque sin dalla prima lettura e che proprio per questo le piace riproporre ancora oggi, quando il tempo è passato, ma poco è scorso (per parafrasare Montale un po’ d’accatto).
E le sembra, oltre tutto, molto adatta al momento quirinalizio di questi giorni (ma anche più in generale allo Zeitgeist ancora odierno). Ed è con questo suggerimento che la ‘povna aderisce al #venerdìdellibro di oggi. Ma anche, ancora di più, se possibile, alla tribuna stampa aperta sul blog di Iome da quattro giorni, alla quale la ‘povna invita – per un senso di dovere civico – tutti quanti a partecipare.


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