Magazine Diario personale

L'orribile tortura inflitta a Giulio Regeni

Creato il 19 febbraio 2016 da Ritacoltellese
Da: Lettera 43

Giulio Regeni, 5 domande ancora senza risposta

di Barbara Ciolli
| 18 Febbraio 2016
La morte di Giulio Regeniè una brutta storia che si complica sempre di più.

Del ricercatore italiano ucciso al Cairo si è ricostruito che se ne sono perse le tracce 
sotto casa il 25 gennaio 2016, nel quarto anniversario delle rivolte di piazza Tahrir, 
e che il giovane è stato torturato fino alla morte.
«È STATA LA FRATELLANZA». È certo che, segnalata la sua scomparsa, in 
Egitto sono scattati depistaggi interni per insabbiare il caso, ai quali si stanno 
aggiungendo numerose «indiscrezioni» non confermate di diversi media stranieri 
di opposti schieramenti.
Da parte del regime di Abdel Fatah al Sisi, legittimato come male minore 
dall’Occidente, c’è grande ambiguità. Anche se, stando al portale filo-governativo
Youm7 che ha citato fonti della procura di Giza, Regeni «sarebbe 
stato ucciso da agenti segreti sotto copertura, molto probabilmente 
appartenenti alla confraternita terrorista dei Fratelli musulmani, per 
imbarazzare il governo egiziano». Le stesse fonti aggiungono che 
«il procuratore egiziano e la sua controparte italiana stanno raccogliendo 
tutti gli elementi possibili per individuare l'autore del crimine».
MOLTI INTERESSI STRANIERI.Grandi sono gli interessi economici 
e strategici delle potenze straniere che ruotano attorno all’ex regno dei 
faraoni. In questo contesto molto suscettibile di disinformazione si muovono 
gli investigatori anche italiani per far luce su un omicidio strano, di per sé e 
per alcune dinamiche emerse.
A due settimane dalla scoperta del corpo di Regeni nella periferia del Cairo, 
Lettera43.it riflette su cinque punti interrogativi.
1. Altri attivisti occidentali arrestati, ma non torturati e uccisi: perché Giulio sì? Se si confermassero le responsabilità delle autorità egiziane, sulle quali gravano 
pesanti indizi, il 28enne Regeni, ricercatore universitario e collaboratore di alcuni 
giornali, sarebbe l’unico occidentale con questo profilo morto in un delitto 
di Stato sotto la presidenza di al Sisi. REGIME DI CENSURA. Lo Stato di polizia egiziano ha imposto la censura, gli occhi  e le orecchie dei servizi segreti sono ovunque, incluse le università, ed esistono anche  precedenti di giornalisti occidentali, della tivù qatariota al Jazeera vicina ai Fratelli  musulmani, e di attivisti di Ong americane arrestati e processati.
DUREZZA SPROPOSITATA. Ma sono stati imprigionati, non seviziati e uccisi,  e diversi di loro infine rilasciati.
Con Regeni invece il regime del Cairo si è comportato come per le migliaia di  oppositori egiziani: arrestati, torturati, spesso anche uccisi durante le manifestazioni
Perché tanta durezza verso uno straniero di un Paese che il generale al Sisi vuole  tenersi amico?
Di una nazionalità poi, quella italiana, in generale considerata più amica di quelle anglosassoni?

2. L'omicidio proprio nell'anniversario delle rivolte di piazza Tahrir: un caso?

Nella morte di Regeni potrebbe aver giocato un ruolo decisivo la data: è il giorno più  blindato dell’Egitto di al Sisi.
Nel 2015, in un corteo pacifico per l’anniversario della cosiddetta rivoluzione del 2011,  al Cairo fu uccisa senza motivo l’attivista laica Shaimaa el Sabbagh.
Diretta a deporre fiori in piazza Tahrir, la giovane fu colpita a distanza ravvicinata  da uno dei tanti «proiettili di gomma» che sfuggono di mano agli agenti nelle proteste,  anche contro i minorenni.
ERA VIETATO SPOSTARSI. Per legge in Egitto sono vietati gli assembramenti di  più di 10 persone e ogni 25 gennaio è proibito anche spostarsi da una riva all’altra del  Nilo, verso il centro e piazza Tahrir, come invece era apprestato a fare quella sera 
Regeni. Giulio, probabilmente già schedato e monitorato dai servizi segreti egiziani, 
potrebbe dunque, per una di quelle concomitanze di eventi che spesso determinano 
le tragedie, essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato?
In particolare nelle mani di un poliziotto sbagliato?

3. Regeni faceva ricerche per Cambridge: il curriculum lo ha inguaiato?

Decisiva potrebbe essere stata anche la presenza di Regeni all’incontro dei sindacati  egiziani indipendenti al Cairo, l’11 dicembre 2015: un’opposizione, in particolare quella  degli ambulanti, vicina alla Fratellanza musulmana, per il regime «organizzazione  terroristica».
Il ricercatore stava scrivendo una tesi di dottorato per la Cambridge 
university sui sindacati egiziani e tra il 2013 e il 2014 aveva anche lavorato alla stesura 
di «analisi globali» per la società internazionale di consulenza geostrategica Oxford 
Analytica: una notizia che ha infiammato il dibattito su Regeni come possibile 
- anche indiretto - informatore di qualche servizio segreto. UN'INTELLIGENCE PRIVATA. La famiglia ha smentito questa circostanza,
ma grandi gruppi come Oxford Analytica, fondati in genere da ex dei servizi di 
sicurezza, sono leader nella raccolta e nella vendita ad aziende e governi di 
informazioni riservate: larga parte dell’intelligence statale viene oggi appaltata, 
come le guerre, a contractor privati e anche a centri di ricerca universitari. RICERCHE CHE LO HANNO ESPOSTO. Un curriculum del genere può 
aver sicuramente esposto Regeni a venire attenzionato dai pervasivi servizi 
di sicurezza egiziani: che ruolo hanno dunque le ricerche del brillante 
dottorando italiano per istituti e istituzioni anglosassoni, in questo giallo?

4. L'Aise si è mobilitata subito: Regeni era considerato a rischio?
  
L'orribile tortura inflitta a Giulio Regeni

  • Il ricercatore della Cambridge University Giulio Regeni, ucciso al Cairo.
     
Nella dinamica degli eventi, colpisce anche l’immediata 
segnalazione della scomparsa di Regeni alla diplomazia 
italiana e il conseguente, rapido invio al Cairo del direttore 
dell’agenzia d’intelligence italiana esterna (Aise) Alberto 
Manenti. Secondo la ricostruzione ufficiale, il professore Gennaro Gervasio che alle 20.30 avrebbe  dovuto incontrare Giulio in un locale a due passi da piazza Tahrir, già alle 23.30 di quella  sera ha chiamato l’ambasciatore italiano al Cairo, quasi Regeni fosse considerato un  connazionale a rischio, ben seguito dalla Farnesina.
L'INFLUENZA DEI SERVIZI. Manenti è rimasto in Egitto fino al 4 febbraio, giorno  in cui è stato anche scoperto il corpo del ragazzo ai margini dell’autostrada
Il Cairo-Alessandria,  e sul caso tra la procura e la polizia egiziane c’è anche stato uno scontro: la prima ha subito  indagato per omicidio, la seconda sostenuto la tesi «dell’incidente stradale».
I servizi segreti italiani hanno influito in qualche modo in questo intreccio e la 
tempistica nel ritrovamento del cadavere è solo una coincidenza?

5. Media stranieri concorrenti dell'Italia iperattivi: per rovinare i rapporti?

Infine l’iperattivismo dei grandi media internazionali sul caso Regeni, con inchieste  «esclusive» e l’ausilio di fonti «confidenziali».
L’agenzia britannica Reuters ha anticipato i dettagli dell’autopsia, grazie a un 
«informatore dell’autorità forense egiziana», citando «sette costole rotte, segni di 
scariche elettriche sul pene» e altri dettagli di torture. L’americano New York Times ha riportato che i servizi segreti del Cairo erano convinti che Regeni fosse una spia perché aveva contatti con i Fratelli musulmani: un'ipotesi non  creduta però da un amico egiziano del ricercatore.
TESTIMONI NON ATTENDIBILI. Altri 'testimoni' degli spostamenti del 25 gennaio  di Regeni sono risultati inattendibili all’analisi dei tabulati telefonici da parte degli  investigatori italiani.
Sono insomma in atto molti depistaggi: dal Cairo certamente, ma anche potenze  occidentali come Gran Bretagna e Usa potrebbero essere molto interessate a rovinare  le buone relazioni diplomatiche e i legami economici tra l’Italia e l’Egitto, 
non ultima la scoperta dell’Eni di un maxi giacimento petrolifero 
nelle acque egiziane. Con così tante manovre, potrà mai essere fatta luce sulla morte di Regeni? L'orribile tortura inflitta a Giulio Regeni
Sembra una brutta storia tipo  "Rapporto Pelican", oppure "I tre giorni del Condor", tanto da chiedersi quanto si informino gli scrittori di codeste storie presso fonti dei Servizi Segreti,  e quanto ci sia di inventato... Giacché purtroppo la terribile morte inflitta a questo povero giovane sembra una di queste storie in cui, però, essendo controllate dalla fantasia degli scrittori, i protagonisti si salvano sempre e rimangono vivi dopo che hanno provato in ogni modo  ad ucciderli.
Giulio però ha vissuto nella crudele realtà e non in un romanzo di spionaggio e quindi nessuno è arrivato a trarlo fuori dall'orrore dove forse mai avrebbe potuto pensare di finire solo per le sue ricerche. Come gli inconsapevoli ricercatori dei due sopracitati films, la ricercatrice interpretata da Julia Roberts e l'analista di dati interpretato da Robert Redford, vengono colti di sorpresa e scaraventati in un incubo per  i loro lavori, le cui implicazioni spionistiche sfuggono alle loro pur vivaci intelligenze, 
così potrebbe essere accaduto a Giulio Regeni.

Una riflessione: nelle due storie spionistiche
del "Rapporto Pelican" e "I tre giorni del 
Condor" il fulcro è il petrolio.
Dalle riflessioni ottime di Lettera 43 si evidenzia
anche questa ipotesi.
Nelle questioni di spionaggio la verità non
è mai quella che sembra più evidente, perché
gli interessi in gioco sono diversi e il
mascheramento è sempre presente. 

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