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L'oscar che non ti aspetti...

Creato il 27 febbraio 2013 da Kelvin

L'OSCAR CHE NON TI ASPETTI...

Grant Heslov,  Ben Affleck (anche regista) e  George Clooney, produttori di Argo, miglior film dell'anno


Di questi tempi la battuta è fin troppo facile, ma certo è proprio vero che agli Oscar a volte si entra Papa e si esce cardinale... lo sa bene Steven Spielberg, dato per favoritissimo alla vigilia e poi ritrovatosi con un pugno di mosche in mano. Eppure il suo Lincoln, apparentemente, aveva tutte le carte in regola per trionfare: che cosa poteva fare più presa sull'Academy se non la biografia dell'unico vero Eroe Nazionale americano, ovvero il Presidente che riunificò il paese e abolì la schiavitù, pagando con la propria vita? Sappiamo bene che non esiste un paese più nazionalista degli Stati Uniti, e sappiamo altrettanto bene quanto l'America attuale abbia un disperato bisogno di figure di riferimento.

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Ang Lee, miglior regista per Vita di Pi

E allora che cosa non ha funzionato stavolta per il regista di Cincinnati, che era già pronto ad alzarsi dalla sedia e arpionare la terza statuetta della sua carriera, la quale lo avrebbe avvicinato nientemeno che al grande John Ford? Beh, la prima risposta è anche la più ovvia: Lincoln non è assolutamente un bel film, aldilà del grande successo ottenuto in patria. E' una pellicola noiosissima, interminabile, senz'anima, che il pubblico ha premiato per puro spirito patriottico. Spielberg ha cercato di non cadere nel tranello della retorica e dell'agiografia del personaggio, ma ha esagerato nel volare basso: la pellicola non emoziona mai, non coinvolge, oltre a perdersi in estenuanti disquisizioni sulle logiche di potere della politica. L'Academy ha punito Spielberg esattamente come fece nel 1985 con Il colore viola (altro film sbagliato, verboso e prolisso), quasi come un avvertimento a lasciar perdere la storia e tornare a fare quello che sa(peva) fare...
Ma è chiaro che non può bastare solo questo a spiegare la clamorosa sconfitta di Lincoln. E' evidente che l'Academy ha voluto (finalmente!) inviare un messaggio forte alla 'nuova' Hollywood: il premio come miglior film a Argo suona quasi come riparatorio nei confronti del bravo e sottovalutato Ben Affleck, e può essere considerato come un'apertura di credito non indifferente alle nuove generazioni. E i quattro Oscar vinti da Vita di Pi, pellicola fresca e vitale, di forte presa sul pubblico giovane, nonchè la statuetta come miglior attrice alla ventiduenne Jennifer Lawrence (altra grande sorpresa) sembrano stare lì a dimostrarlo: Hollywood sta cambiando, cercando di rinnovarsi e sforzandosi anche di allargare lo sguardo a quello che c'è fuori (il premio ad Amour e il trionfo di The Artist dell'anno scorso lo confermano) e di questo non possiamo che esserne felici!

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Jennifer Lawrence, miglior attrice

Vince Argo, dunque, stabilendo subito un record: non succedeva dal 1932 che un film neppure candidato per la miglior regia vincesse il premio più importante, e questo ci fa pensare a quanto debbano essere fischiate le orecchie ai settemila giurati dell'Academy dopo l'annuncio delle nominations... mentre, infatti, loro estromettevano senza pietà (e con imperdonabile leggerezza) il povero Ben Affleck dalla categoria dei migliori registi dell'anno, ecco che nello stesso momento Argo (e naturalmente anche Affleck) incominciavano a vincere un po' tutti i premi cinematografici in giro per il mondo e che fanno da apripista agli Oscar stessi: dai Golden Globes, ai BAFTA, fino alla stragrande maggioranza dei premi della critica... insomma, per usare un francesismo, si sono accorti di aver fatto una grandissima cazzata e hanno cercato precipitosamente di rimediare! Argo alla fine ha vinto tre Oscar, tutto sommato meritati: quelli per il miglior film, la miglior sceneggiatura e il miglior montaggio, ma soprattutto potrebbe aver aperto la strada a scelte (finalmente!) più coraggiose e meno prevedibili da parte dell'Academy. Staremo a vedere.
In questo senso, di conseguenza, vanno letti anche i premi a Quentin Tarantino e Christoph Waltz, rispettivamente per la miglior sceneggiatura non originale e il miglior attore non protagonista. Un parziale, doveroso e comunque insufficiente riconoscimento tardivo a un film straordinario come Django Unchained, snobbatissimo alla vigilia e poi repentinamente glorificato sull'onda dell'entusiasmo popolare. Per entrambi è il secondo Oscar, che legittima la professionalità, l'estro e la bravura di questi due personaggi così 'alieni' dalle logiche hollywoodiane eppure capaci di farsi apprezzare a tutte le latitudini e da legioni di cinefili entusiasti. Una forza di cui l'Academy si accorge solo adesso. Per Tarantino, poi, è anche il secondo Oscar come sceneggiatore (aveva già vinto nel 1994 per lo script di Pulp Fiction) a testimonianza di come, aldilà dei gusti personali, sia impossibile non riconoscergli l'assoluta genialità dei dialoghi e delle sue storie.

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Daniel Day-Lewis, unico oscar per Lincoln

Chi nella storia invece c'è entrato a tutti gli effetti (in quella degli Oscar e, soprattutto, in quella del cinema) è stato Daniel Day-Lewis, primo attore-maschio a conquistare la terza statuetta come miglior protagonista (meglio di lui ha fatto solo Katherine Hepburn, ma nell'arco di quasi cinquant'anni!). Lasciateci dire però che l'Oscar vinto per Lincoln ha il sapore più di riconoscimento 'alla carriera' piuttosto che per effettivi meriti artistici: sepolto sotto chili di trucco, e costretto a recitare sempre enfaticamente sopra le righe (anche nell'intimità con la moglie), a nostro avviso la sua performance nel film di Spieberg è tutt'altro che da ricordare. Ma di premi di questo tipo la storia dell'Academy Award è piena, ci può stare. E comunque in passato è successo ben di peggio...
Un altro premio a sorpresa, che ha fatto storcere il naso a molti ma che invece, personalmente, ci ha riempito di soddisfazione, è indubbiamente l'Oscar per la regia ad Ang Lee (per lui addirittura il terzo, dopo quelli per I segreti di Brokeback Mountain e La Tigre e il Dragone). Siamo contenti perchè Vita di Pi è un bellissimo film, molto sottovalutato dalla critica ed erroneamente scambiato dal pubblico come una semplice storia avventurosa per ragazzi. Invece è una pellicola profonda, magica, che ci riporta per spettacolarità e temi a quel cinema bigger-than-life molto di moda negli anni '70 (da Un mercoledì da leoni in poi) e di cui si erano pressochè perse le tracce. Questo è il grande merito di Ang Lee, regista eclettico e disposto a mettersi sempre in gioco, capace di spaziare senza la minima difficoltà tra generi e produzioni assolutamente diversi e senza mai essere banale. Merita applausi.

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Daniel Day-Lewis, Jennifer Lawrence, Anne Hathaway e Chris Waltz

Così come merita applausi, malgrado l'insuccesso, la bravissima Jessica Chastain. Lo diciamo senza problemi: l'Oscar a Jennifer Lawrence per Silver Linings Playbook, malgrado tutta la stima che nutriamo per quest'attrice, ci sembra un tantino esagerato, specie se paragonato con la mostruosa prestazione della sua rivale. La Chastain in Zero Dark Thirty dà vita a uno dei ruoli femminili più belli e toccanti che ci sia mai capitato di vedere in tempi recenti. Purtroppo per lei però il film (anch'esso stupendo) di Katherin Bigelow era troppo 'scomodo' e troppo politicamente scorretto per sperare nella vittoria. Respinto dal pubblico perchè poco patriottico, ripudiato dalla critica americana, non poteva avere molta fortuna in sede di Oscar. Tuttavia bisogna dire che la vittoria della giovanissima Jennifer fa cadere un altro degli 'storici' dogmi dell'Academy: quello dell'assoluta preponderanza dei ruoli drammatici rispetto a quelli brillanti. La Lawrence comunque non sfigura affatto in una commedia (forse) convenzionale, ma assolutamente ben girata e con tutti gli ingredienti al loro posto. Uno di quei film che magari non consideri un capolavoro, ma che ti metti rivedere ogni volta che passa in tv... da noi esce il 7 marzo prossimo. Ci direte.

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Quentin Tarantino, secondo oscar in carriera

Che dire ancora? Due parole sugli unici premi che hanno rispettato i pronostici della vigilia, vale a dire quello a Anne Hathaway per Les Misérablés come migliore attrice non protagonista (solo diciotto minuti di presenza effettiva in un filmone di oltre due ore e mezza - è proprio vero che non esistono piccoli ruoli, ma solo piccoli attori) e quello come miglior film straniero ad Amour di Michael Haneke, anche lui finalmente premiato dopo vari tentativi andati a vuoto. Peccato invece per la sconfitta di Frankenweenie tra i cartoni (ma qui era difficile battere la corazzata Pixar con The Brave). Sempre emozionante, invece, la performance della brava Adele che ha stravinto con Skyfall il premio per la miglior canzone originale.
Appuntamento al prossimo anno!

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