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L'ossessione per l'alta velocità

Da Straker
L'ossessione per l'alta velocità
L’ossessione per l’alta velocità è una delle tare mentali dei nostri tempi disperati: così le valli e le montagne sono deturpate da linee ferroviarie che sono decantate come il non plus ultra del progresso. Immondi interessi economici e la fanatica fissazione per la rapidità concorrono a distruggere quel poco di bello scampato all’impulso di morte.
Viaggiando sui lussuosi ed avveniristici convogli dell’alta velocità si arriva prima! L’imperativo è il seguente: recuperare l’eventuale ritardo ad ogni costo, mentre operai, impiegati e studenti aspettano Godot, pardon le coincidenze in tetre stazioni. La gente comune è pigiata in sordide carrozze di ferrovie che, non a caso, sono definite rami secchi: si possono dunque potare.
Manager, alti funzionari, rampanti uomini d’affari, intanto, raggiungono l'agognata meta in un amen. Tutto è celere, serrato, incalzante, quasi istantaneo: si bruciano le tappe, si arriva in orario per la decisiva colazione di “lavoro”, per una triste happy hour.
Era così piacevole viaggiare in treno una volta: era piacevole e persino istruttivo. Si ammirava il paesaggio di là dal finestrino. Si slargavano scenari sempre mutevoli, sempre suggestivi: campi coltivati, boschi verdeggianti, pittoreschi villaggi, azzurri litorali, distese marine… Oggi, ovunque ci troviamo, gli occhi sono fissi sullo schermo dell’iPad.
Si conversava con gli altri passeggeri, si leggeva qualche pagina di un libro. Il viaggio in treno era a volte stancante, ma pur sempre una piccola avventura, un modo per staccare dalla routine. Tutto acquisiva un altro ritmo, un’altra dimensione. Il viaggio era un percorso, non una folle corsa. Oggi le protesi tecnologiche ci accompagnano dappertutto ed il treno superveloce è solo uno dei tanti luoghi in cui frenetici si affannano uomini allo sbando. E’ tutta una maratona spasmodica verso il nulla, un affrettarsi sempre e comunque, pure quando non si avrebbe alcuna premura.
In questo modo non è più il tempo a divorare la vita e gli uomini, ma sono gli uomini che divorano il tempo, come fosse un cheeseburger da consumare in fretta e furia, durante la brevissima pausa pranzo. Siamo diventati divoratori di noi stessi: fagocitando i giorni, le ore, i minuti, ci illudiamo che arrivare un quarto d’ora prima significhi conseguire chissà quale obiettivo.
Allora pigiamo il pedale dell'acceleratore, stringiamo i tempi, studiamo il passo, dimenticando che ci affrettiamo verso l’unico traguardo, verso l’ultima destinazione: la morte.

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