Magazine Cinema

L'uccello dalle piume di cristallo

Da Robydick
L'uccello dalle piume di cristallo1970, Dario Argento.
Sam Dalmas/Tony Musante [mentre discute con il suo amico ornitologo Carlo/Renato Romano [Raf Valenti] :-"Vai in Italia, hai bisogno di pace, di tranquillità, è il paese della poesia. Non succede mai niente in Italia!"
Ispettore Morosini/Enrico Maria Salerno :-”Portate qui i pervertiti!”
“L'Uccello dalle piume di cristallo”, divenuto uno dei film che più hanno influenzato tutto un modo di concepire il thriller e il giallo non solo in Italia ma a livello internazionale, fu realizzato da Argento (allora solamente giovane sceneggiatore, seppur dall'interessante curriculum comprendente anche -insieme a Bernardo Bertolucci-,la collaborazione alla sceneggiatura di “C'era una volta il West”('68) di Sergio Leone), principalmente perché nessuno lo voleva o avrebbe saputo dirigere come era nelle intenzioni del giovane Dario. Il film dopo una partenza solitamente in sordina ebbe un successo di pubblico enorme, sia in Italia che -dal maggio 1970- negli Stati Uniti, dando inizio a quel filone degli psycho-thrillers dal titolo “zoologico” cioè con gli animali, in cui gli assassini erano solitamente dei pervertiti sessuali dai guanti di pelle nera e armati di scintillanti lame di coltello, a caccia di belle ragazze europee, come detto, anche con libero assortimento di armi pericolose. Ed è secondo molti, indubitalmente, il migliore dei primi tre film di Argento, la cosiddetta “trilogia zoologica” (come sempre molti, io considero il superiore dei primi tre “Quattro mosche di velluto grigio”[Four Flyes on Grey Velvet]['71]): ed è senza dubbio che comunque parecchi degli elementi del plot e delle caratterizzazioni stilistiche presenti in “Bird with the Crystal Plumage” saranno poi rivisitate e maggiormente sviluppate successivamente nel capolavoro “Profondo rosso”.
Sam Dalmas (Tony Musante) è uno scrittore americano da un certo periodo per lavoro a Roma, -con la sua ragazza Julia (Suzy Kendall)- speranzoso che il cambio d'ambiente lo aiuti a curare il suo periodo da “blocco dello scrittore”. Una notte, mentre se ne sta pensieroso a fare una passeggiata per il quartiere dei Parioli, viene attirato da due figure in un violento alterco dentro una illuminatissima e alquanto alla moda galleria d'arte moderna, una delle figure è un uomo vestito con un impermeabile di pelle nera, l'altra una bella e giovane donna (Eva Renzi). Sam cerca di accorrere in aiuto della donna ma viene bloccato tra una doppia porta a vetri a chiusura automatica e non può fare altro che assistere impotente all'accoltellamento della donna mentre un altro passante perdi più mezzo sordo da lui richiamato, corre a telefonare alla polizia(caratteristica anche questa che sarà comune ai protagonisti argentiani di assistere senza poter intervenire o troppo tardi per farlo ad un assassinio di cui saranno decisivi testimoni, senza riuscire a ricordarne un dettaglio risolutore). L'uomo vestito di pelle nera fugge da una porta sul retro lasciando la donna ferita e sanguinante sul pavimento. La polizia nella persona dell'Ispettore Morosini/Enrico Maria Salerno (un ruolo di commissario ispiratore del precursore commissario Bertone di E.M.Salerno in “La Polizia ringrazia”['72] di Steno [Stefano Vanzina]), interroga ripetutamente Sam e gli confisca il passaporto mentre la polizia continua le sue indagini, convinti come sono che sia Sam l'uomo chiave per la risoluzione della catena di delitti di avvenenti ragazze ad opera di un maniaco, e che stanno accadendo da tempo nella città. E soprattutto perché, come lo stesso Sam ha confessato al commissario, c'è un particolare che non riesce più a legare nei suoi ricordi dell'accaduto, che percepisce però possa essere di grande importanza. Tanto più che anche questa aggressione sembra proprio essere collegata alla serie di omicidi che sta affliggendo Roma, e come detto, nella convinzione della polizia che si tratti dell'opera di un maniaco.
Sam intanto non riesce a scuotersi dalla sensazione che ci sia qualcosa di molto strano e indecifrato nella scena a cui ha assistito nella galleria, ma non riesce più a focalizzare di cosa si tratti. Decide di indagare per conto suo sulla catena di delitti con una sorta di investitura “ufficiosa” dell'Ispettore Morosini, e riusce a collegare l'assassino con un dipinto naif venduto da un tartufo di antiquario omosessuale (Werner Peters, nella prima di una lunga serie di “macchiette” frocesche del cinema di Argento) presso cui lavorava la prima vittima, e impara dal folle pittore che lo aveva dipinto Berto Consalvi (un istrionico, molto divertente e ben riuscito personaggio di Mario Adorf, tra i più mandati a memoria dell'intero film)che il quadro era stato tratto da un episodio realmente accaduto, all'origine del trauma che ritornato alla mente alla visione del quadro, ha scatenato l'assassino. Ma mentre il body-count continua a salire, non tarda molto che gli stessi Sam e Julia diventino oggetto dell'attenzione dell'assassino.
Argento -siamo nel 1970- prende con questo film una sorta di testimone da Mario Bava per quanto riguarda una forte ricerca figurativa e immaginifica del potere dell'effetto visivo, in un cinema come questo, sempre alla ricerca del potere perverso del cinema, -quando certo è guidato da una personalità e da una visione unica come quella di Argento e come era quella di Bava-, in grado di trasformare la percezione stessa degli spettatori attraverso la rappresentazione elegante e immaginifica della violenza e degli omicidi, eseguiti con estrema violenza grafica -cosa che ha sempre causato per Argento non pochi problemi con i vari responsabili degli organismi della censura cinematografica, ma stranamente più all'estero che in Italia- quindi i pugni nello stomaco, per cui il suo cinema è giustamente famoso, piazzati ben sotto la cintola per quello che già poteva essere il comune percepire le scosse date dal terrore cinematografico nel 1970, offrono molto di più di quello che poteva essere offerto da quasi chiunque nel genere in quel momento storico del thriller, lezione dell'”osare” e dell'alzare continuamente l'asticella del mostrabile in termini di violenza sadica e sangue impartita da Hitchcock per “Psyco” in poi. La sequenza di apertura di “The Byrd with the Crystal Plumage” è bellissima e sottolineata dal tema centrale di una colonna sonora veramente splendida e tra le più note e ricorrenti di Ennio Morricone, scene raffiguranti le mani guantate dell'assassino che esamina le foto e i dettagli della sua prossima vittima, srotolando un panno e lucidando con amore una collezione di coltelli, -e che saranno poi entrambi/e-, le mani guantate di pelle nera dell'assassino, e i coltelli o pugnali di pregevole e ricercata fattura, tra i simboli principali e più importanti delle ossessioni registiche di Argento lungo l'intera carriera, come delle rappresentazioni artistiche dell'omicidio,e delle inconfondibili, coreografiche rappresentazioni di morti violente.
Così come è un marchio personale e inimitabile del suo cinema la feticizzazione argentiana del particolare nell'inquadratura o nell'azione, inseguito via via con un corredo sempre maggiore di tecniche e macchine da ripresa nuove e tecnologicamente avanzate se non sperimentali, oltre che per la magistrale orchestrazione degli omicidi a partire da lunghi preliminari, scene avvolte lunghe mezz'ora complessiva e comprendenti due-tre finali, e diventate poi motivo di perenne riconoscibilità e ricerca stilistica e tecnica dei suoi film. Già qui in “The Bird...”, tutto questo appunto ben presente, seppur in forma ancora embrionale.
”L'Uccello dalle piume di cristallo” è quindi sì stato certamente uno dei più fulminanti esordi del cinema italiano degli anni'70, seppur il portentoso linguaggio visivo e lo stile inconfondibile di Argento non era ancora -ovviamente- pienamente sviluppato e manifestatosi. La cinepresa -ricordiamo che la fotografia era di un quasi esordiente Vittorio Storaro, con il quale per suo rifiuto essendo impegnato successivamente ad un altro film, Argento pur volendolo non riuscì più a collaborare,e tant'è che se la legò al dito- non compie ancora quei movimenti arditi e così imprevedibili, segno evidente di riconoscimento del suo cinema,così come si tiene ancora abbastanza lontano dal riprendere i dettagli sugli “eccessi” più truculenti del killer (per ironia della sorte ma lo volevo già puntualizzare prima, Mario Bava avrebbe proprio l'anno successivo realizzato “Reazione a catena/Ecologia di un delitto”[Bay of Blood aka La Baie Sanglànte]in cui non viene risparmiato nessun dettaglio atroce commesso negli omicidi compiuti dai suoi protagonisti, tutti rapaci assassini), e certamente senza quella grande sapienza di cinema “cinetico” che sarebbe già stata pienamente raggiunta con “Quattro mosche di velluto grigio” ma già molto presente nel succedaneo “Il Gatto a nove code”.
Come primo film argentiano, “The Bird with the Crystal Plumage” dipende dunque ancora da una struttura narrativa piuttosto convenzionale per il procedere della trama e delle sue rivelazioni, il misterioso omicidio “disvelatore” all'inizio è in realtà abbastanza semplice e, anche se ha aperto le strade ad una miriade di suoi imitatori, non raggiunge mai le vette vertiginose di cinema visionario dell'irrazionale di “Tenebre”('82), “Opera”('87), o “Profondo Rosso”('75). Tutti questi ultimi titoli argentiani funzionano ad un livello molto superiore rispetto alle loro stesse trame spesso molto più superficiali di quella che è la loro straordinaria realizzazione. Mentre “The Bird...” non è così trasceso da quelle che sono le sue origini,e seppur diverso dal successivo “Il Gatto a nove code”, la sua visualizzazione sembra spesso quasi una sorta di “prova generale” di “Profondo Rosso”, senza ancora quello “scarto”in più che ha determinato il capolavoro che è appunto “Profondo rosso”. Ma, come detto uno degli aspetti più significativi dell'opera successiva di Argento, che si dipana dal potere delle cognizioni inconsce, e dalla loro influenza sulla percezione umana – debutta proprio in questo suo primo film. Anche qui la soluzione dell'enigma è già fornita e mostrata visivamente all'inizio nella prima scena della sequenza alla galleria d'arte, ma viene disvelata dalla sua ambiguità solo nel finale, ritornando all'indietro proprio a questa prima “rivelazione”..C'è una certa dose di spregiudicatezza certo, nel modo con cui Argento prende un po' in giro il pubblico, dal momento che non è mai pienamente al corrente di quel pezzo fondamentale di informazione -la scena è ben modificata e celata in modo che noi spettatori non possiamo renderci conto con una visuale chiara degli eventi-, a differenza del protagonista Sam/Tony Musante, che interpreta di suo ciò che ha visto senza rendersene conto, in quanto ciò non va bene per i suoi preconcetti. Argento avrebbe sviluppato quest'idea simile più approfonditamente sempre nel suo capolavoro “Profondo Rosso”, nel quale -è talmente celebre la cosa che non penso di commettere chissà quale significativo spoiler- ci viene mostrato già all'inizio il volto del killer sullo schermo seppur per una frazione di secondo, ma sia noi che il protagonista siamo depistati dalla magistrale regia di Argento, e fuorviatamente, a essere indotti a mancare questo decisivo dettaglio rivelatore ben presente nell'immagine.
Eppure e va precisato, la figura dell'assassino argentiano già pienamente presente e delineata in “The Bird with the Crystal Plumage” è sicuramente una delle creazioni argentiane dal maggior successo e dalla maggior influenza sul cinema di molti altri, in tutto il mondo. Un personaggio attorno alo quale ruota tutto il film, che riesce a sfruttare le situazioni a suo vantaggio perché al corrente delle iniziative dei protagonisti e delle indagini, con loro spesso presente ma non ancora riconosciuto, e che quindi può tornare in un secondo momento a distruggere eventuali prove trovate o emerse su di lui, e a spazzare via ogni eventuale testimone, scindendosi tra la sua psicopatia, gli impulsi oscuri e omicidi che non è in grado di controllare, e una sessualità piuttosto contorta. Certo come spesso avveniva già da prima nei film gialli, l'assassino alla fine viene rivelato per quello che già si pensava, un personaggio piuttosto minore che all'infuori della sua nascosta personalità omicida nella vita di tutti i giorni può apparire persino come un personaggio veramente poco interessante e blando. Paradossalmente però, appena la loro vera natura viene rivelata è svelata si rivelano per i rapaci predatori psicotico-sessuali che sono, altro che austeri e “miti”,diventando – ed essendo nell'universo cinematografico argentiano, quasi sempre donne, gli assassini dei suoi film; anche qui non credo di compiere spoiler di una qualche rilevanza, essendo elemento fra i più conosciuti del suo cinema- molto più sessualmente attraenti nella loro incarnazione “psyco” che nella loro identità “normale”, e questo è particolarmente confuso per lo spettatore, che è stato portato per tutto il film ad associare la figura dell'assassino con la minaccia e l'orrore. Questa connessione tra il bizzarro, la sessualità selvaggia e la dirompente carica catartica di atti di estrema violenza, è quasi sempre in netto contrasto con la natura all'apparenza impotente e inefficace in tutte le sue tardive azioni e iniziative, del/i protagonista/i “buoni”dei suoi film. Protagonisti verso cui Argento spesso dimostra un atteggiamento piuttosto ambiguo, essi sono spesso -come Sam Dalmas/Tony Musante in questo film- lasciati in uno stato psicologico di macerante dubbiosità e incertezza , di gran lunga più profondo dopo che hanno risolto l'enigma di quanto non lo fossero all'inizio. Almeno questo vale per gli uomini protagonisti- mentre le donne come Gianna brezzi/Daria Nicolodi in “Profondo Rosso” e Jennifer Connelly in “Phenomena” come Betty/Christina Marsillach in “Opera”- sono spesso più simpatiche e resistenti-. In “The Bird...”, il personaggio di Sam è come detto colpito dal “blocco dello scrittore”
Tony Musante, all'epoca dal grande successo italiano con il coevo “Anonimo veneziano”('70)di Enrico Maria Salerno, è come sempre adeguato e padrone del ruolo di Sam Dalmas, scrittore con il blocco e investigatore dilettante, e fa studiatamente un personaggio apparentemente schivo riservato, e un po' “sottotono”. Suzy Kendall, attrice inglese piuttosto attiva nel cinema europeo di genere degli anni'70 e anche in quello italiano, protagonista femminile anche in “Spasmo”di Lenzi affrontato qui poco tempo fa, è un poco sottoutilizzata, sacrificata nel ruolo della di lui fidanzata Julia, che forse avrebbe potuto anche essere utilizzata più efficacemente e con maggior risalto, vista la sua presenza molto attraente e un viso di luminosa fotogenia.
La musica che da sempre ha svolto un ruolo importantissimo nel cinema di Argento, la sua collaborazione con i Goblin è ormai veramente leggendaria, e la combinazione, la sinergia irripetibile che in molti dei suoi film Argento è riuscito a infondere con la musica straordinaria delle sue colonne sonore, come a primo irripetibile esempio non può che venire in mente “Suspiria”('77), ha contribuito da subito enormemente alla creazione unica di questo suo stile inimitabile, quando era al culmine della sua forma e del suo talento creativo, portando ad uno dei più perfetti matrimoni di immagini e suoni mai impresso sulla celluloide. Però, anche la colonna sonora di “L'Uccello dalle piume di cristallo” di Morricone, come anche le altre sue per “Il Gatto a nove code” e “Quattro mosche di velluto grigio” è indimenticabile e tra le migliori in assoluto di questo tipo del Maestro Morricone. Mirabile anche disgiunta dalle immagini del film, funziona sempre e comunque, con quel suo memorabile mood tagliente di sussurri, voci roche, (un cenno premonitore di ciò che compiranno con sonorità progressive i Goblin proprio con “Suspiria” sette anni dopo),e sostenuta dal vacillante “battito” delle percussioni. Il tema dell'assassino e dei titoli di testa è poi veramente macabro e inquietante, rappresentante magistralmente una psicologia contorta a base di una filastrocca infantile dal fragile vocalismo incorporata in una rete sonora di campanelli eolici, di tintinni di campane e dello snervante, bellissimo la-la-la-la- del coro dei Cantori Moderni di Alessandro Alessandroni. Pezzo questo della title-track, robusto e toccante insieme, cosa non semplice da ottenere, mentre la fragile bellezza acustica del “Tema di Julia” offre anch'esso un toccante contrappunto agli altri brani della colonna sonora, più astratti.
“L'Uccello dalle piume di cristallo” fu la prima prova in assoluto di Dario Argento da regista. Prima, neanche un cortometraggio.
Il film fu girato in appena sei settimane.
Ad un certo punto della realizzazione un produttore esecutivo cercò di far rimuovere Dario Argento dalla produzione che aveva espresso un forte disappunto alle prime proiezioni dei girati giornalieri. Ma quando il padre di Dario, Salvatore Argento andò per parlare agli esecutivi della produzione trovò la segretaria che aveva anche lei assistito ad una proiezione, visibilmente scossa. Parlando con lei, su che cosa l'avesse così turbata, gli disse che la proiezione e le scene che aveva visto l'avevano letteralmente terrorizzata come ben raramente gli era successo per un film. Salvatore Argento la fece quindi parlare subito con gli “executive” al riguardo della sua reazione alla proiezione, lei persona così esperta nella visione di film e tenuta in grande considerazione per la sua affidabilità e il suo giudizio. Fu lei a convincere gli “executive” della produzione a mantenere Dario Argento come regista, e a non far rifinire o rimontare il film da qualcun'altro.
Nominato al prestigiosissimo Edgar Allan Poe Awards come Miglior Film, per l'anno 1971.
La versione cinematografica uscita in Germania Ovest venne tagliata di circa 10 minuti (scene di raccordo). Per la trasmissione TV queste scene vennero reinserite ma le scene violente vennero conseguentemente alleggerite.
Quando l'ispettore Morosini accompagna Sam all'ospedale dopo che egli è sfuggito all'agguato dell'assassino prezzolato dal giaccone giallo Aghi/Reggie Nalder (grande inconfondibile caratterista americano dal cinema degli anni'50, viso sfigurato e indimenticabile, la parte gli fu scritta apposta da Argento, anche come dotta e raffinata citazione coltivabile dai cinefili, del famoso ruolo dell'assassino, Rien, interpretato sempre da Nalder nel secondo “The Man Who Knew too Much”[L'Uomo che sapeva troppo][56] di Alfred Hitchcock), egli gli chiede se lo ha potuto riconoscere. Nella versione USA Dalmas gli risponde che non ha potuto, spiegandogli che non è riuscito a vedere la sua faccia chiaramente; nella versione italiana invece li dice che “Che non è facile dimenticare una faccia come quella.” Fantastica e bizzarra, uno dei primi “cattivi” sberleffi così tipici e unici del cinema argentiano, come si conclude l'inseguimento a piedi di Sam a Nalder, dopo essere scampato al tentativo di assassinio ai suoi danni, e che finisce nella sala congressi del Grand Hotel Ambassador di Via Veneto, ma non svelerò la trovata conclusiva appunto per non rovinarla in alcun modo.
Le stampe iniziali del dvd americano uscito dalla VCI Entertainment avevano restaurata erroneamente parte della sequenza dell'”omicidio delle mutandine”. In effetti, in questa release la coltellata vibrata dall'assassino sotto le mutandine è stato reinserito prima che l'assassino rimuova le stesse tagliandole e strappandole, dalla vittima. Alcune delle più recenti stampe del dvd hanno ristabilito l'ordine corretto delle scene, nel loro ordine appropriato.
Originariamente il film fu tagliato di ca. 20 secondi alla sua uscita cinematografica negli Stati Uniti per ottenere una valutazione più leggera “PG-Parental Guidance”, ovvero che la visione poteva essere consentita anche ai minori seppur accompagnati da un adulto, modificando tutte le scene in cui è presente un rasoio (il dvd Usa della Blue Underground è ancora tagliato così). La versione cinematografica britannica e anche quella video hanno subito un ulteriore taglio di 18 secondi che ha eliminato tutti i colpi di coltello e la scena sopra citata in cui si vede la ragazza stesa sul letto e il taglio/strappo della camicia da notte e delle mutandine. L'edizione in dvd Usa della Platinum uscita nel 2005 contiene la stessa copia tagliata.
IL SUCCESSIVO TRIVIA POTREBBE CONTENERE IMPORTANTI RIVELAZIONI SULLA TRAMA:
Il Punto di vista della camera realizzato quando Alberto Ranieri/Umberto Raho precipita dalla finestra del suo appartamento fino a morire schiantandosi sull'asfalto del marciapiede, fu realizzato come se si trattasse del suo stesso punto di vista soggettivo durante la caduta. Molte storie girano da sempre su questa fantastica, innovativa e originalissima, in una parola geniale ripresa. Quello che è certo è che la macchina da presa venne inserita in una protezione e avvolta anche in una gabbia d'acciaio e gommapiuma, e, attraverso la corsa su di un cavo che la tenesse fissa durante la caduta, lasciata andare concretamente sull'asfalto del marciapiede. La camera si distrusse ugualmente, ma il girato potè essere salvato. Non di uno zoom o di un effetto in ripresa quindi si tratta. Ma di un vero, folle, movimento di macchina.
Napoleone Wilson
L'uccello dalle piume di cristallo
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O.s.t. di Morricone, stupendo main theme, famosissima:

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