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L'ultima donna - La dernière femme

Creato il 28 luglio 2011 da Robydick
L'ultima donna - La dernière femme1976, Marco Ferreri.
Permettetemi un incipit bloggeristico.
Questo film lo meditavo da tempo, fu una visione giovanile sconvolgente e ne avevo solo tracce nei ricordi. Mi è bastato parlarne 5 minuti de visu con l'amico Belushi e mi ha spiattellato il titolo in un attimo - è "L'ultima donna" di Marco Ferreri -. Chissà la faccia che m'è venuta! Devo ringraziarlo infinitamente, anche perché, come poi spiegherò, questo che per me è un Capolavoro (ma non può esserlo per tutti) è capitato in un momento della mia vita a dir poco Decisivo.
In un non-luogo fatto di grandi industrie e agglomerati-dormitorio di periferia urbana, che potrebbe essere ovunque in Europa, si svolge la vicenda che vede protagonisti, con due attori qua formidabili che non si risparmieranno, Giovanni (Gérard Depardieu) e Valeria (Ornella Muti). Lui è ingegnere in un grosso impianto industriale, che a Ottobre viene obbligato a consumare ferie causa crisi produttiva. Lei nella stessa ditta lavora al nido messo a disposizione delle maestranze, dove c'è il figlio di Giovanni il quale è separato ed è lui ad occuparsene. Un colpo di fulmine e Valeria, lasciando al parcheggio l'amante attuale, tornerà a casa con Giovanni e il figlio, il bimbo nel marsupio e lei seduta dietro sulla moto (splendida, non ho visto benissimo ma credo fosse una Kawasaki 3 cilindri 2 tempi, oggi affascinante oggetto da collezione).
Due persone allo sbando con impellente bisogno d'affetto e di calore, di riceverne e di darne, s'incontrano al momento giusto, o meglio è "giusto" perché la loro storia possa nascere. Valeria poi si affezionerà anche al bimbo ma sarà soprattutto un amore sessualmente incontenibile, e tanto sesso e nudi saranno mostrati, con scene al limite del "concesso". Non c'è passato da ricordare per entrambi, e vano sarà il tentativo pur giocoso di costruirsene uno. Il presente viene vissuto senza progetti né ideali, solo conforto (per nulla disprezzabile, a mio insindacabile parere) la carnalità che presto (o tardi) soffrirà anch'essa la principale causa di ogni noia: la routine, la prevedibilità. L'assenza di relazioni umane e sociali cordiali della c.d. "epoca moderna" è lo sfondo. Ogni tanto immagini in campo aperto ci mostrano questi panorami "inter-urbani" mai gioiosi, il solo sentimento umano loro accostabile è la depressione. Persino in prossimità di un albergo l'antropizzazione risulta essere algida, glabra, priva di punti di stacco tantomeno colore, disadorna di ogni possibile bellezza che l'umanità ha saputo proporre.
Si scadrà nella paranoia a causa del sesso, emblema di troppi e assurdi significati tanto che alla fine assurgerà a nemico, portando Giovanni a compiere un gesto sconvolgente e qua mi fermo per evitare uno spolier clamoroso.
E' un film che fa pensare chi lo guarda, inevitabilmente. Coevo al suo tempo, la storia ne assorbe tutti i cambiamenti sociali in corso. Il '68 è ancora caldo, i movimenti giovanili e quelli femministi pure. Come sempre accade quando si vanno a contrastare quelle che sono "certezze" dell'umano convivere, tanto care ai conservatori, si vive sul sapone, anzi la metafora corretta sarebbe dire che si vive su sabbie mobili. Sono periodi nei quali si radicalizza tutto, sia chi contesta e vuol cambiare le cose, sia chi le vuole mantenere o restaurare. I due grandi carri di Contestatori e Restauratori viaggiano su una sorta di autostrada strisciando e sbattendo in continuazione sui guard-rail, percorrendo la mediana solo per scontrarsi violentemente.
Giovanni e Valeria sono figli, spettatori non-protagonisti, del cambiamento in atto e galleggiano in un limbo indefinibile. Non se ne accorgono, salvo brevi lampi d'autocoscienza mai confortanti, ma hanno un piede su un carro e un piede sull'altro.
Mi concentro (al solito) su una mia personale riflessione che richiede una breve premessa:
La location delle riprese è in Francia, palesemente. Il film è anche una produzione italo-francese. Io però non posso togliermi dalla testa che nel 1973 erano solo 3 anni che la legge 898/1970 (nota come "legge Fortuna-Baslini") era stata promulgata nel nostro catto-paese. Anche meno di 3 anni perché la legge entrò in ordinamento il giorno 1 Dicembre 1970. Visti i tempi tecnico-giuridici imposti dal momento dell'inizio della pratica di separazione (se ricordo bene allora occorrevano minimo 5 anni, ora "ne bastano" 3 e sono ancora troppi...) ancora non c'erano in Italia dei divorziati, parlo di italiani sposatisi qua ovviamente. Il tema del film non è il divorzio, sia chiaro, ho citato la cosa per "acclimatare" meglio quanto segue e contestualizzare il film, credo sia sempre importantissimo prestare attenzione all'anno di uscita/produzione, il Cinema è uno specchio.
"L'ultima donna" a mio parere sfonda porte aperte sull'istituto della Famiglia, di origini culturali e religiose prima ancora che giuridiche. Nulla ha di "naturale", come qualcuno vorrebbe far credere. Nessuno si offenda, chi ne è felice e soddisfatto lo sia, mi limito ad esprimere quel che penso, e cioè che per come è strutturato, monogamo e chiuso (e mi riferisco chiaramente a quello in uso da noi), con deleghe quasi esclusive sulla crescita della prole che sanno molto di deresponsabilizzazione da parte di una società che non è capace né vuole occuparsene, è estremamente costrittivo, costipante, castrante, noioso, ripetitivo, per gli uomini come per le donne. Uno degli apogei del conservatorismo, il suo prodotto principe. Un Mondo Nuovo dovrebbe rivederlo di sana pianta, perlomeno se ha tra i desideri fondanti la massima libertà di movimento ed espressione possibile per i suoi fortunati abitanti. Con delle belle nursery pubbliche che aumenterebbero anche i posti di lavoro si sgraverebbero i fornitori di seme ed ovuli dall'onere di dover necessariamente consumare una vita insieme che non può che scadere in un buio di prevedibilità che è mortale! MORTALE! Sono persino sicuro che i genitori carnali sono le persone meno adeguate a fornire la miglior educazione, perché vittime troppo spesso della necessaria lucidità appannata dal sentimento. Sono dell'idea che una Società Organizzata di qualsiasi natura veramente forte si occupa con concreta empatia dei più deboli, siano essi bambini, anziani e altri, permettendo ai Soggetti Forti e Produttivi di continuare ad esprimere il massimo potenziale, con proporzionato beneficio per la Società stessa. Chi si occuperà dei servizi c.d. sociali per le categorie suddette? I già citati soggetti forti, professionalmente.
Ipotesi forte, sono contento di essere riuscito a descriverla con "poche" righe.
Ne avrei da dire ancora, perché è pensiero che maturo da tempo, studiai a fondo un'ipotesi di società priva di Famiglie per come ora le intendiamo, ma basta così, magari in futuro ne farò un chilometrico articolo sul mio cazzaro-blog "Fanfare". Ora qua non voglio infierire oltre su quello che per molti, la stragrande maggioranza delle persone e probabilmente dei visitatori di questo blog, è un caposaldo indiscutibile. Per me non esistono cose indiscutibili, tranne una forse: "penso quindi sono".
Il clamoroso gesto di Giovanni, scioccante, è tante cose, una delle quali un tentativo di troncare definitivamente la sua dipendenza fisica e psicologica dal genere femminile. Nonostante fosse un ingegnere, inteso come una persona istruita, che dovrebbe sapere che con lo studio, lo sforzo intellettuale è possibile risolvere la cosa diversamente, non sarà in grado di trovare alternative, succube di un contesto annichilente che non riesce a contrastare.
Proprio in questi giorni ho imparato che invece si può risolvere il problema in modo decisamente più indolore, perlomeno dal punto di vista fisico, e ne sono felicissimo. Non scherzo oggi con il frameshow, ma la splendida "Morire d'amore" cantata da Charles Aznavour, della quale ho scelto la versione in francese, è già di per sé un contrappasso.
Robydick


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