Magazine Diario personale

L’ultimo orizzonte

Da Icalamari @frperinelli

La serie appena terminata su iCalamari, “Un’offerta speciale“, faceva parte di un gruppo di racconti d’esordio rimasti in un cassetto per alcuni anni.

Non li avevo mai pubblicati e ora sento il bisogno impellente di lanciarli fuori come ceneri in mare aperto. Questa è la loro unica chance di venir letti da qualcuno. Sto dando l’addio al racconto di pura fantasia, ma anche a quello scritto sotto la fiamma deformante del calor bianco.  Mi è scesa una tale calma dentro. Forse sto crescendo ancora, o forse sono le prime avvisaglie del rincoglionimento. Ma sono, per natura, un’ottimista, e poi, parliamoci chiaro, non mi sono mai sentita tanto fiore in boccio, perciò mi attribuisco, senza ripensamenti, la prima delle ipotesi.

Il blog subirà dei cambiamenti nei ritmi, nei contenuti, nel tono generale. Si vedrà. La cosa bella è che questa non è una testata giornalistica, aggiornata con regolarità, eccetera eccetera. Questo è il mio posto per capriole, musi lunghi, versacci, versetti e blablabla, e allora va bene così.

In questi giorni è nato un nuovo figlio del web, il blog Spazioscrittura. Ho accolto con piacere l’invito del suo curatore a contribuire al decollo con un mio racconto e ho scelto proprio uno di quelli coi quali ho iniziato a “farmi le ossa” nella narrativa. Il tema di fondo dell’Ultimo orizzonte è quell’asticella che ad alcuni fa paura, e pare costituire un limite invalicabile dell’esistenza, mentre invece può diventare la sfida, il sogno, la tensione positiva che, giorno per giorno, tiene viva la curiosità di sapere cosa riserva ancora l’esperienza.

Credo sia il migliore augurio che possa fare a Spazioscrittura, che vi invito a conoscere e frequentare. Buona lettura.

L’ultimo orizzonte

 

Enrico ragazzo dal fisico asciutto, spalle larghe, occhi gesso-e-carbone – luce e conforto per chi stava in palmo di mano, stalattiti fredde a trafiggere chi gli era sotto.

A Enrico capitò di invecchiare.

Capitò di trovarsi a inseguire le ore cercando di attribuire loro un senso. A trovare un impiego al suo sguardo. Sdegnato da ciò che toccava, che non trasformava né in oro né in steppa bruciata. Non si rassegnava.

Sì, c’erano quattro pareti, un arredo curato, ma era la stanza di un vecchio in un ultimo albergo. Nessuno sarebbe arrivato alle spalle a sorprenderlo a furia di braccia, né di morsi ai lobi, di bocca forzata da un bacio insistente. Non ne sarebbe uscito per nuove avventure dopo aver scambiato poche ore di bene. Non ne sarebbe uscito affatto.

E quell’ultimo orizzonte, quella finestra che lasciava sempre aperta. E il mondo esterno sempre più lontano.

[Continua a leggere su Spazioscrittura]


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog