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L’ultimo pastore

Creato il 06 agosto 2013 da Drkino

Disintossicatevi dallo smog e dall'inquinamento cittadino con la storia di Renato Zucchelli, l'ultimo pastore nomade milanese…

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La fama dell'esordio cinematografico di Marco Bonfanti si è costruita poco a poco. Il primo lungometraggio del regista milanese, L'ultimo pastore, è andato di festival in festival seminando in giro per il mondo il chicco di questo piccolo film divenuto un vero caso della cinematografia di casa nostra. Nel caos cinematografico italiano questa pellicola dalle pretese genuine, era passata inosservata. Così il pastore è dovuto emigrare all'estero e trovare spazio sugli schermi internazionali per essere apprezzato per poi ritornare nello stivale e fare il colpaccio al Mexico di Milano

Il protagonista di questa storia è Renato Zucchelli, l'ultimo pastore nomade nella provincia milanese. Una storia vera, quella della sua vita trascorsa tra le colline lombarde insieme alle sue pecore e al suo compagno d'avventure Piero. Un racconto a metà tra sogno e romanticismo, in cui alla natura sconfinata dell'entroterra milanese e alla solitudine montanara viene contrapposta la Milano del 2000,  quella della movida cementificata all'ennesima potenza. Nonostante le sembianze da orco, uno Shrek milanese come lo ha definito il regista, Renato è un padre di famiglia che ha scelto di diventare pastore da 

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giovane. Un sogno insolito, portato a compimento, grazie al quale nella provincia Milanese si ha ancora una rarità. Un racconto a metà strada tra terreno e misticismo, dove all'allevamento del bestiame si intreccia la vocazione spirituale, quella del sentire una missione dentro. Una favola moderna che ci riporta alle nostre radici, raccontando una professione e un tipo di vita lontana dai ritmi frenetici odierni. 

Bonfanti però non si limita a costruire un documentario classico, gioca con le possibilità che la narrazione cinematografica

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offre ad iniziare dallo svelamento del protagonista, presentato poco a poco come da manuale cinematografico, passando per la sequenza un po' tarantiniana in cui si vedono un Don Chisciotte lombardo e il suo fido Sancho Panza iniziare il loro cammino in groppa ad un fido destriero, fino al doppio binario parallelo in cui vediamo una classe elementare confrontarsi sul significato della parola "pastore" (situazione anticipata dgli adorabili e coloratissimi titoli di testa). 

Il risultato è un film dall'atmosfera eterea in cui la realtà si mischia al sogno, in cui un gregge di pecore arriva alle porte del Duomo milanese creando sgomento. Scene d'altri tempi davanti alle quli c'è bisogno di strizzarsi gli occhi per vedere nitidamente quello che non c'è più.

"E' meglio un giorno da pecora che 100 da leone" come dice Renato perché non è necessario essere alla moda per essere felici, anzi forse è proprio nell'allontanarsi dalla modernità high-tech conservando l'unicità intrinseca di una figura in via d'estinzione che Renato ha trovato la sua dimensione. Una dimensione che ci viene restituita in questa chicca cinematografica tutta italiana ingegnosa e ben confezionata da recuperare assolutamente.

DEPURANTE

Dr. Dakota Block


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