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L'ultimo pirata della PatagoniaIl giorno che l’anarchico ...

Creato il 10 settembre 2014 da Barbini
L'ultimo pirata della PatagoniaIl giorno che l’anarchico ...L'ultimo pirata della Patagonia
Il giorno che l’anarchico russo Simon Radowitzki si preparava a evadere dal terribile bagno penale di Ushuaia, Pasqualino Rispoli si alzò  presto per andare a mettere in mare la sua barca.La prima aria del mattino chiama gli odori del porto che si sveglia. L’aroma del caffè che viene dalle case dei pescatori penetra nell’aria e si mischia a quello acuto delle alghe marcite.Quell’inizio di giornata aveva il sapore delle sue prime avventure da ragazzo. Si era alzato con un balzo nel letto alle quattro della notte e si era rivestito cosi in fretta che per poco non dimenticava la sua cerata. Il rumore dei suoi passi risuonava nelle strade deserte di Punta Arenas, mentre lui continuava a pensare a quella strana richiesta che gli aveva impedito di dormire. Ma oramai aveva accettato e si era pure preso i mille dollari della ricompensa.  All’alba gli capitava spesso di rimanere a lungo appoggiato sulla vecchia staccionata del molo a scrutare il mare oppure a  sgranchire le gambe camminando lungo la banchina bagnata.Quella mattina Pasqualino,in rada, vide le navi che galleggiavano in una strana bonaccia e pensò che il tempo quel giorno non prometteva niente di buono.Si stropicciò gli occhi, guardò l’orizzonte e, poco lontano, gli scogli e il mare, già squassato dai venti e dai marosi. Conosceva bene quei venti. Raffiche improvvise di un vento infernale sorto dal nulla, burrasche che si radunano in un batter d’occhio, correnti furiose che trascinano senza troppi complimenti verso i faraglioni della costa.Pasqualino considerava il mare con grande rispetto.Sapeva, in qualche modo, che il mare non è solo un grande azzurro che si perde all’orizzonte, ma una persona con la vita, una sorta di amante che respira sul tuo petto nei suoi flussi e riflussi.Bastava saperlo ascoltare.Così affondano le navi guidate da marinai inesperti… pensò guardando l’orizzonte e, infilandosi in testa il ruvido gorro di lana di Guanaco. Mollò gli ormeggi e prese il mare. Si lascia dietro le grida di richiamo dei cormorani  che intrecciano i loro voli sulle acque di Punta Arenas e lo spettacolo vagamente surreale del fondale messo a nudo dal ritiro della bassa marea, con cozze e crostacei di proporzioni enormi che sembrano galleggiare sulla sabbia bagnata.   Dapprima naviga vicinissimo alla costa sfiorando vertiginosi fronti di ghiaccio, infilandosi tra i fiordi e scansando isole azzurre di ghiaccio vagabonde.  Sta attento a non farsi notare quel giorno, naviga in una rotta solitaria dove gli unici incontri sono con colonie di foche ed elefanti marini e qualche balena sbuffa più in lontananza, forse in ritardo nel suo viaggio verso l’Antartide.Pasqualino sa bene che navigare dallo stretto di Magellano verso il canale di Beagle non è impresa facile, difficile per chiunque. Scogli, secche e nebbie improvvise e quasi tutto quel versante della Terra del Fuoco è difficilmente navigabile. Si tratta per lo più di una costa bassa e sabbiosa ed è lunga 400 chilometri nel suo lato nord orientale. Le maree raggiungono i tredici metri e il vento soffia indisturbato con forza inaudita dopo aver scavalcato le Ande e preso la rincorsa nel versante delle pendici argentine.
Per Pasqualino è una sfida che si ripete ogni giorno che Dio mette in terra.  http://picasaweb.google.com/titobarbini26

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