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L’Umbria si conferma un paradiso per affari illeciti di ‘ndrangheta e camorra

Creato il 11 giugno 2014 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

Se un tempo si credeva che l’Umbria fosse un’isola felice in fatto di criminalità ambientale, anche organizzata, le inchieste degli ultimi anni hanno dimostrato l’esatto contrario. La spiegazione di questa vulnerabilità va rintracciata nelle caratteristiche geomorfologiche del territorio umbro, regione lontana dagli occhi indiscreti degli inquirenti sulle tracce della criminalità organizzata. Da un lato, infatti, il suolo prevalentemente agricolo costituito da ampi spazi verdi ha consentito di smaltire illegalmente grosse quantità di rifiuti e, dall’altro, la lontananza dalle grandi vie di comunicazione ha permesso di eludere facilmente gli accertamenti da parte delle forze dell’ordine, soprattutto in relazione ai movimenti di rifiuti sull’asse nord-sud.

E’ quanto emerge dal Rapporto Ecomafia 2014 il dossier di Legambiente che monitora e denuncia puntualmente la situazione della criminalità ambientale – dedicato quest’anno alla memoria di Ilaria Alpi e Milan Hovratin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio – che è stato presentato oggi a Roma.
A dimostrazione dell’allarmante diffusione di tale fenomeno parlano i dati: nel 2013 solo nella Provincia di Perugia sono stati accertati 90 casi di abbandono abusivo di rifiuti, composti da scarti di provenienza industriale o artigianale, di cui 50 su aree pubbliche e 40 su aree private. 21 volte sono stati ritrovati, spesso in modo prevalente, rifiuti contenenti amianto.
Ma l’Umbria si conferma sempre più un triste paradiso per gli affari illeciti di ‘ndrangheta e camorra soprattutto per quanto riguarda il riciclaggio del denaro sporco nei settori dell’edilizia e dell’imprenditoria. Questa la drammatica situazione fotografata dal Consigliere della Corte di Appello di Perugia, Leonida Primicerio e riportata nella Relazione 2013 della Dna. La crisi economica o la mancanza di liquidità spingono gli imprenditori locali a creare nuovi capitali a cui attingere. E’ a questo punto che entra in scena la criminalità organizzata, che investe e compra riversando sul tessuto economico il suo mare di soldi sporchi da ripulire. Senza trovare, così almeno appare dalle indagini, adeguate resistenze.



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