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L’Uomo di Kennewick 1. L’antefatto

Creato il 25 dicembre 2014 da Davide

L’antefatto.

Il 28 luglio 1996 a Kennewick, nello stato di Washington, si correva una gara d’idroplano sul fiume Columbia, quando due studenti, che seguivano la gara sulla riva, scoprirono per caso un teschio nell’acqua bassa. Venne avvertita la polizia e furono scoperte altre ossa; l’antropologo forense James Chatters cominciò a investigare e si accorse subito che le ossa non erano recenti. Fu la risposta dello scanner SCAT che fece sobbalzare Chatters: la punta di pietra sembrava una punta della fase Cascades, di solito datata tra i 9000 e i 4500 anni fa. Le analisi del C14 rivelarono la data 8410±60 BP (prima del presente), cioè 9200 anni fa secondo il nostro calendario. Intanto gran parte dello scheletro fu recuperato e un altro antropologo, Grover S. Krantz, lo esaminò, concludendo che lo scheletro non poteva essere anatomicamente assegnato ad alcuna tribù esistente nell’area e neppure al tipo nativo americano in generale, ma mostrava tratti ‘caucasoidi’.
A questo punto il Genio militare, che aveva in gestione il terreno federale su cui era stato ritrovato l’Uomo di Kennewick, come fu battezzato, a causa della data rivelata dal C14, bloccò tutti gli studi e le indagini, chiese al magistrato la restituzione dello scheletro, impedì l’accesso al luogo di custodia agli scienziati e si accinse a “rimpatriarlo” alle tribù della zona, come antenato “culturalmente affiliato” in base a una interpretazione a dir poco arbitraria del NAGPRA. Le tribù interpellate si dichiararono intenzionate a seppellire l’Antico, come lo chiamano, in luogo segreto, senza alcuno studio, senza un pensiero per altri indigeni americani o esseri umani in tutto il mondo che potevano avere un interesse per i risultati di uno studio approfondito di un raro esemplare quasi completo di scheletro di tale antichità per le Americhe. Il 16 ottobre 1996, otto dei massimi scienziati americani, rappresentanti delle attuali diverse teorie sul popolamento delle Americhe, facevano causa (Bonnichsen et al. v. US) al Genio Militare presso il Tribunale di Portland, Oregon, sede del quartier generale della Divisione Nord Pacifico, per poter accedere allo studio dell’Uomo di Kennewick e impedirne il “rimpatrio”.

Il NAGPRA, Native American Graves Protection and Ripatriation Act del 1990, la legge sulla protezione dei cimiteri e il rimpatrio, un vocabolo pericolosamente carico politicamente, essenzialmente riguardavano i diritti umani, contro gli abusi della dissacrazione dei cimiteri e il saccheggio degli oggetti indiani da vendere sul mercato del collezionismo e dei musei. Faceva il paio con l’ARPA, la legge per la protezione dei siti archeologici. Tuttavia questa legge bene intenzionata e frutto di un compromesso politico, nelle mani dei burocrati che dovevano applicarla e degli avvocati tribali, cominciò ad acquistare vita propria, al di là delle intenzioni del legislatore, che ingenuamente aveva inteso applicarla alla situazione esistente, di cimiteri storicamente recenti e non aveva regolamentato nuove scoperte archeologiche né posto limiti temporali.
Benché il NAGPRA accolga le richieste indiane di controllo tribale dei resti ancestrali, la legge non prende adeguatamente in considerazione il fatto che i geni, i tratti culturali e la lingua non sono ereditati in netti pacchetti tribali, ma diffusi, contratti e scambiati in modo indipendente nel tempo. Ma questa “incertezza” non regolamentata, la “insicurezza” tipica della scienza che deve controllare e ricontrollare i risultati, formulare teorie, provarle, riformularne altre e così via, non piace ai burocrati. E quando i burocrati sbagliano, perseverano nell’errore e lo difendono a ogni costo, a spese del cittadino. E’ quello che hanno fatto il Genio Militare, il Ministero dell’Interno, e via via altre agenzie governative che hanno speso oltre cinque milioni di dollari per impedire che i massimi scienziati d’America studiassero l’Uomo di Kennewick.
Nonostante il furto di parte dei femori (poi ritrovati nell’ufficio di un burocrate qualche anno dopo), le condizioni scandalose con cui il Genio ha gestito le ossa, la distruzione deliberata del sito di ritrovamento da parte del Genio, dopo aver concesso solo un minimo di studio, la discutibilità delle scelte scientifiche del Ministero dell’Interno, le pressioni terribili poste contro il team di scienziati, soprattutto antropologi fisici, forensi e archeologi, che aveva promosso la causa contro governo, con minacce di distruzione della carriera e la mancanza del supporto economico e legale da parte delle università in cui lavoravano, alla fine gli scienziati hanno vinto la causa, che avevano dovuto promuovere come privati, pagando di tasca loro, sia in primo che in secondo grado. Lo studio legale che li assisteva aveva fatto la causa gratis, rischiando grosso, dato che a parecchi ministeri e agenzie governative si erano coalizzate contro di loro (a un certo punto lo Stato federale aveva schierato oltre 90 avvocati!), in nome della correttezza politica, che però nascondeva corruzione elettorale (fondi tribali dati a Clinton e altri democratici) e trattative tra governo e tribù che non riguardavano il caso in questione, ma che avrebbero dovuto ‘ammorbidire’ la posizione dei fondamentalisti tribali e dei loro avvocati con il sacrificio di scienziati di scarso peso politico generale. Alla fine nel 2004 la Corte d’Appello dichiarò senza mezzi termini che il governo e le altre agenzie avevano operato in continua malafede sia con gli scienziati che con la stessa magistratura, condannandoli a pagare le spese legali e sentenziò che l’Uomo di Kennewick era così antico che non poteva essere collegato ad alcuna cultura, tribù o popolo indigeno attuale né per tratti genetici né per aspetti culturali. Tuttavia il Genio ha continuato a mettere i bastoni tra le ruote: un esempio tra i tanti, ha permesso l’esame dello scheletro dell’Uomo di Kennewick solo per tre settimane nel 2006 e ha impedito ogni altro esame fino a oggi, compreso quello della punta di pietra conficcata nel fianco dello scheletro per determinarne l’origine geografica.

La scoperta che l’Uomo di Kennewick non ha tratti nativi americani ha confermato le scoperte di alcuni scienziati su ossa vecchie più di 8.500 anni, provenienti da numerosi siti del Minnesota, Texas, Colorado, Arizona da tempo nei musei e non rimpatriate, più quelle recenti come la Donna di Buhl, Idaho, rimpatriata agli Shoshone-Bannock, la Donna del Minnesota, rimpatriata ai Santee Sioux, e l’Uomo di Spirit Cave, reclamato dai Paiute e altri resti. Tutti questi reperti, che comprendono sia cacciatori specializzati di prede di grossa taglia che cacciatori-raccoglitori non specializzati, hanno in comune un aspetto fisico simile: crani più lunghi e stretti e facce più piccole e strette di quelle native americane.
Dato che la maggior parte dei popoli del tardo Pleistocene/primo Olocene (dagli 8500 anni in su) del Bacino del Pacifico hanno le stesse caratteristiche generali, questa scoperta ha incoraggiato i sostenitori della teoria della migrazione lungo il North Pacific Rim (Coastal Migration Model), tra cui l’antropologo fisico Douglas Owsley dello Smithsonian Institution e Richard Jantz dell’Università del Tennessee, curatori del volume appena uscito che riassume i risultati della ricerca fino a oggi, Kennewick Man: The Scientific Investigation of an Ancient American Skeleton (settembre 2014), che ritengono che la migrazione avvenne in barca lungo la piattaforma continentale all’orlo dei ghiacciai, ricchissima di animali marini e uccelli. Costeggiando l’Asia settentrionale sarebbero entrati in Nordamerica e sarebbero scesi lungo la costa fino al Sudamerica. Le difficoltà di trovare siti che confermino questa via migratoria, sono dovute al fatto che gran parte della costa è stata sommersa dopo la fine dell’era glaciale e anche al fatto che la “barriera Clovis”, come è chiamata l’ipotesi ritenuta ortodossa (riassunta dai modelli Clovis-First, Ice-Free corridor e Overkill, cioè per primi ci furono i paleoindiani caratterizzate dalle punte di selce Clovis, i primi abitanti delle Americhe passarono dalla Siberia al Nuovo Mondo attraverso il corridoio alaskano libero dai ghiacci, ed estinsero la megafauna e altre specie animali tra cui il cavallo americano) fino a qualche decennio fa, la rendeva minoritaria. Tuttavia, alcune scoperte recenti al largo della British Columbia, Canada, delle Channel Islands in California e lungo la costa del Perù hanno rafforzato questa ipotesi. Di grande importanza è stata anche la scoperta in Brasile di Luzia, una giovane morta a vent’anni circa 11.550 e più anni fa.
La più controversa delle teorie pre-Clovis, l’ipotesi Solutreana, risale agli anni Trenta, ma sta ricevendo maggiore rispetto dato che il suo più importante sostenitore è Dennis Stanford dello Smithsonian Institution, uno degli scienziato del team che si è opposto alla distruzione dell’Uomo di Kennewick. Suggerisce che un’ondata migratoria via mare sia arrivata dalla Penisola Iberica circa 18.000 anni fa. Queste popolazioni europee della Cultura Solutreana, avrebbero colonizzato la Costa Orientale del Canada e degli USA passando lungo la costa ghiacciata che nel Pleistocene si estendeva dall’Irlanda alla Nova Scotia in Canada, con imbarcazioni di pelle e cacciando uccelli e animali marini. Questo spiegherebbe perché gli oggetti dei Solutreani siano tanto simili a quelli dei successivi Clovis, mentre non esistono oggetti Clovis in tutta quella Siberia che, secondo i teorici ortodossi, quelle popolazioni avrebbero dovuto percorrere. E’ così emerso il concetto di Mezzaluna Nordatlantica (North Atlantic Crescent) che bilancia la visione diversa del North Pacific Rim e ci ricorda anch’essa che i popoli antichissimi erano grandi navigatori. (segue)


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