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La banda del 52 cap4: l'intercapedine.

Da Stanford @stanfordissimo
La banda del 52 cap4: l'intercapedine.
Era dunque deciso, ci saremo entrati in un modo o in un altro. Diverse volte ci eravamo assiepati curiosi alle porte in griglia di ferro per sbirciare i segreti di quel buio cunicolo ma non era facile agire indisturbati, una macchina che saliva la curva, una vicina affacciata al balcone, uno dei ragazzi grandi impegnato ad aggiustarsi il motorino proprio li davanti, erano sufficienti a farci sgamare. Cominciammo dunque, verso la sera d'estate a fregare ciascuno dalle proprie case una torcia a pile, in quelle ore dove le giornate che ormai si accorciano, impigriscono i grandi e non consentono a nessuno di fare lavori con la luce del sole. Fingevamo un pomeriggio che ci andasse di giocare a carte seduti e tranquilli: niente pallonate nei box di lamiera giocando a rigori, urla e strepiti. 
Il bisogno dei nostri adulti di quiete li rendeva inclini a credere che stavamo crescendo, che oramai i nostri giochi diventassero meno "preoccupanti" e non c'è niente di più ingannevole dei propri desideri. Niente, che non avrebbe spinto anche noi a sottovalutare i rischi di quella esplorazione. 
Al momento giusto, puntammo  i fasci di luce verso il cunicolo in alto e in largo per valutarne la misura. Capimmo subito che c'erano due zone dell'intercapedine: una passava sotto le griglie  del terrapieno sotto le finestre  di casa mia, quello dove spesso mi erano volati piccoli oggetti dal davanzale, ma anche chiavi e portafogli a quelli che mettevano i motorini li sopra come parcheggio. L'altra avanzava stretta verso la schiena del 52, si poteva infatti intravederne alla fine una svolta netta verso il niente.
Ragionammo che probabilmente dietro l'atrio del portone dove d'inverno giocavamo a Subbuteo, ci fosse il proseguimento di quell'angolo dato che l'altra porticina era proprio sotto il giardino pensile di Alex. Ma sarà dritto? E se invece fosse cieco? Se le porte fossero due perché non comunicanti, dove arriverebbero.
Grossi tubi ricoperti di sporcizia tale da sembrare brandelli di stoffa, correvano sul soffitto del cunicolo: forse acqua o cosa?
Il pavimento era bagnaticcio di un rivolo puzzolente, che la luce delle torce rifletteva come una fradicia stella filante. 
Avevamo più domande che risposte, più enigmi che soluzioni. Fossimo stati adulti sarebbe bastato a desistere dall'impresa ma noi, eravamo ragazzi e il mistero dell'intercapedine si rendeva sempre più affascinante ai nostri occhi.
In quanto allo sporco, i vestiti e le scarpe che usavamo in piazzetta erano già i peggiori possibili perché le nostre mamme avevano rinunciato all'idea di mescolarli con i loro in lavatrice., e poi puzzavamo sempre di qualcosa, per cui, ammesso che ne fossimo usciti non avrebbero distinto la provenienza dell'olezzo fognario. Bene. 
Alex, Giuseppe, Alessandro, Marcolino e io ci guardavamo a vicenda perché di certo qualcuno se la stava già facendo sotto, nessuno però, osava dirlo perciò Alex arrossì, Giuseppe rise troppo, Alessandro strinse i suoi occhietti azzurri in una fessura, io abbassai il capo e naturalmente Marcolino, ebbe la sua  crisi di nervi.
Scemo, vuoi farci beccare? Gli ingiungemmo tutti. Se sei un fifone ( poverino l'unico ad ammetterlo) tu non vieni ma se fai una parola del piano coi grandi vedi! Marcolino non ci serviva a un cazzo ma non potevamo farlo fuori del tutto, perché da buon permaloso pavido era anche vendicativo, perciò gli offrimmo la parte del palo e questo sembrò bastare a calmarlo. Forse in effetti poteva essere l'unico dotato di sale in zucca ma a noi non ce ne fregava.
Si ma cosa facciamo, andiamo tutti insieme?
No, sennò facciamo casino e ci scoprono e poi è troppo facile, andremo uno alla volta, massimo due, dipende da quanto è lungo - sentenziò Perseo.
Da buon condottiero si offrì di essere il primo in modo da capire il percorso. La nostra stima del suo coraggio fu totale. E se ci sono i topi? E vabbè gli do un calcio come faccio nell'orto di mio padre!
Pensai a me che davo un calcio ad un ratto e mi scappò un goccio di piscia nelle mutande. Fa niente, ce l'avevo su da tre giorni, perché quando la mamma mi intimava di lavarmi, io in bagno, aprivo l'acqua e leggevo il Topolino.
Si ma intanto devi aprire le due porte sennò non entri e non esci, disse Giuseppe. 
Ragazzi forse non lo avete capito, fece Perseo, le porte anche se hanno la serratura non sono chiuse perché nessuno ci va li dentro, sono solo talmente arrugginite da non aprirsi facilmente! Stupore della banda, Alessandro non era solo coraggioso, era un genio!
Si fa cosi, una di queste sere Giuseppe, che tira delle bordate pazzesche, colpirà col pallone di cuoio la porta fino a quando tua mamma o la mamma di Alex si affacciano e ci urlano, e si va avanti così finche non le apriamo! 
Tutti per uno, tutti nell'intercapedine!
Da grande, mi sono chiesto che ruolo avesse la curiosità che avevamo con la nostra personalità e a parte le ovvie considerazioni sul concetto di "banda" e la necessità di mettersi alla prova in un contesto "iniziatico" e maschile, sono giunto alla conclusione che a noi non mancasse il concetto di conquista che oggi manca  nei ragazzini annoiati che conosco. Nessuno di questi oggi sopporterebbe le mazzate che abbiamo preso noi per poter dire "l'ho fatto", ne i genitori oggi, sono maneschi come lo erano i nostri. Inoltre, l'ambiente e le sue regole, erano lì per essere messi alla prova, e non solo per bellezza e credo che oggi se solo certe avventure non fossero comodamente riprodotte in tv, i ragazzini non sarebbero poi tanto diversi comunque.
Il piano delle pallonate "casuali" funzionò ma richiese diversi giorni. Quando una delle porte cedette aprendosi un po la mamma di Alex sentenziò: ma siete proprio scemi perché noi anziché spaventarci della sua sgridata non smettevamo di abbracciarci.
Si decise che la sera dopo Alessandro avrebbe fatto la sua prima incursione e ci mettemmo d'accordo tutti di fare i compiti subito dopo pranzo e a scaglioni di mezz'ora scendere giù come casualmente. 
Ci trovammo tutti li ma niente mazzo di carte a copertura, optammo per un "nascondino" in modo che se qualche genitore ci avesse cercato si poteva fare finta che invece che nella merda dell'intercapedine il malcapitato fosse solo in un nascondiglio sicuro.
Una volta del resto, per nascondersi meglio qualcuno di noi rimase chiuso nel cassone della spazzatura che a Genova stava per strada.
Da veri "uomini" non facemmo molte smancerie quando Alessandro con la torcia saltò giu nel cunicolo, ma la somma dei nostri battiti cardiaci avrebbe potuto fondere un sismografo!
Niente cellulari a quel tempo e se anche ci fossero stati non li avremo avuti alla nostra età, per cui, seguimmo Ale fino a dove la sua torcia ce lo rendeva visibile. Uno, dieci venti...contava chi faceva finta e noi nel frattempo come d'accordo ci distribuimmo nei punti convenuti.
Giuseppe nel portone perché la fioriera di merda sotto lo specchio aveva un buco che credevamo comunicasse col cunicolo. Alex vicino all'entrata casomai Ale tornasse indietro. Io alla porta di uscita e Marcolino sul piazzale incaricato di fischiare ( i suoi polmoni avevano il coraggio che non aveva il suo cuore) casomai gli adulti uscissero a cercare uno di noi, e "contare"
Il tempo si dilatò in modo inaudito e ognuno di noi immaginava contro quali mostri Perseo si stesse battendo, ognuno a seconda delle sue paure: topi, uomo nero, zombie, fantasmi di bambini scemi come noi morti in una cretinata simile. Inutile dire che questi ultimi erano i miei.
Quando Giuseppe con la testa infilata nella fioriera, udi la voce di alessandro bisbigliare mollò una scoreggia dopodiché corse ad informare Alex che poteva abbandonare la sua postazione,  che Alessandro era a metà!
Tana! urlò Marcolino tanto per. 
Oramai eravamo tutti in qualche modo dalla porta di uscita ma non si sentiva ne vedeva niente. Non dovremo andargli incontro? Eravamo li per farlo, quando un alone luminoso si fece largo dall'oscurità, Ehi coglionazzi ci siete?
Alessandro fece di corsa gli ultimi metri proprio quando il fischio di Marcolino tuonò dal piazzale. Uno di noi si precipitò a sbirciare dall'angolo e cazzo il signor Ottobelli arrivava a grandi passi a prendere la sua 128 metallizzata, mentre io facevo a Marcolino segnacci tipo fai qualcosa. Ma mica poteva fargli sgambetto no?
Mi voltai come per dire ai ragazzi di non uscire e Alex e Giuseppe finsero di essere appoggiati alla porta, coprendo in realtà la figura accovacciata di Alessandro. Pericolo scampato. La macchina si allontano' facendo un inutile colpo di clacson.
Alessandro/Perseo era uscito dal Labirinto ma al posto della testa del Minotauro tirò fuori dalle tasche alcuni oggetti che testimoniavano le esplorazioni di qualcun altro, ovvio! In realtà i tecnici del gas ( che scoprimmo si occupavano dei grossi tubi di tanto in tanto) perdevano spicci dalle tasche.
Fu il nostro turno una volta che Ale ci spiegò che non c'erano biforcazioni possibili ma che era però un bel pò lungo e sconnesso. I topi ovviamente li avremo trovati morti a dozzine. Tutti uccisi da lui. 
Io non li vidi ma devo ammettere che dato che avevo una gamba più corta e tendevo a inciampare, feci il percorso con Giuseppe, meglio dire dietro a Giuseppe. Noi la torcia non ce l'avevamo e Alessandro non poteva rischiare che perdessimo la sua. Beh, per fortuna io avevo rubato un sacco di ..Fiammiferi!
Non ci venne in mente che, esplorare una intercapedine dove correvano tubi del gas con la luce di un fiammifero, non fosse una buona idea. 
Camminammo cercando di non scontrarci nel buio tra un fiammifero e l'altro, ma era impossibile, e ad ogni contatto con lui cresceva il mio imbarazzo, ma anche il bisogno di ricercarlo nuovamente. Le mie mani al buio lo cercavano per non urlare ma quando lo trovavo qualcos'altro urlava dal mio profondo; un misto di paura e coraggio in cui non ci stava proprio quella emozione sconosciuta! Vattene maledizione! 
 Si era accorto che mi cagavo addosso dalla paura, Giuseppe, ma invece di prendermi in giro mi confortava: tieniti a me mi diceva. Nel buio i sensi cambiano di priorità, sentivo il suo tepore,  l' odore dei suoi riccioli in quella fogna faceva sparire la puzza. Tenermi a te? 
Tienimi con te. Ma quelle parole non varcarono le mie labbra. E se poi mi avesse odiato? Meglio tacere e arrossire al buio tra i topi morti se ce n'erano.  
Avevamo tutti superato la nostra prova di coraggio, ed eravamo fieri di noi stessi, solo io maledicevo in silenzio quella idea. I fischi delle nostre madri dalle finestre arbitrarono la fine di quella avventura.
Il mattino seguente il colpo di clacson della 128 metallizzata ebbe la sua spiegazione. Il maledetto Signor Ottobelli aveva l'abitudine di Strombazzare sua moglie anche fuori da casa e lei in attesa di quel rito cretino era dal balcone proprio quando Ale ne usciva dall'intercapedine e noi lo acclamavamo. Lo disse agli altri adulti e nonostante noi negammo  fino allo sfinimento, due pesanti catenacci chiusero definitivamente il nostro antro terribile e meraviglioso.
La storia dei fiammiferi non venne fuori ma dopotutto qualcosa di ben più esplosivo di una deflagrazione condominiale era già avvenuto in me. senza se e senza ma. 
Per una settimana il 52 rimase in  silenzio  per la profanazione dei suoi misteri. Neanche la sua prima volta era stata un granché. 
Ognuno di noi chiuso in casa "a riflettere" . Io con una sola certezza: dovevo procurarmi lo shampoo alla mela verde che usava Giuseppe. Per non dimenticare. 


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