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La battaglia persa di Beppino Englaro

Creato il 13 luglio 2011 da Symbel

La battaglia persa di Beppino EnglaroLe battaglie delle volte si perdono, si può sbraitare, battere i piedi e protestare quanto si vuole invocando violazioni alla Costituzione ma la battaglia per il fine vita portata avanti da Beppino Englaro in relazione al caso della propria figlia Eluana, in stato vegetativo dal gennaio 1992 e per la quale si è battuto a favore della libertà di porre fine all’alimentazione e idratazione “artificiale” e ad una conseguente legislazione in tema di testamento biologico più rispettosa delle libertà indiviuali, è stata clamorosamente persa e non senza colpe.
Beppino Englaro ha iniziato la sua crociata chiedendo la sospensione dell’alimentazione, dell’idratazione artificiale e delle terapie per la figlia Eluana nel 1999, giustificando la sua richiesta con testimonianze volte a dimostrare che lo stato attuale della figlia non corrispondeva a quello che lei aveva espresso precedentemente all’incidente e che non fosse rispettoso della sua libertà e dignità individuale impedirne un progressivo distacco dalle macchine.
Eluana muore il 9 febbraio 2009, prima che il Senato si pronunciasse, in una corsa contro il tempo, in modo definitivo sulla legge per il testamento biologico e dopo aver iniziato per volere del padre un protocollo di cura per il distacco dal sondino nasogastrico.
Papà Englaro poteva contare su una sentenza del TAR che aveva accolto il ricorso della famiglia Englaro contro la Regione Lombardia che si era rifiutata di dar seguito ad una precedente sentenza della Corte Suprema di Cassazione del novembre 2008 in favore dell’adozione dello stesso protocollo.
Inutile descrivere tutta la vicenda mediatica con gli strascichi politici e le polemiche all’interno di un dibattito che si scaturì nel Paese su un argomento così delicato.
C’erano di mezzo esponenti di entrambi gli schieramenti, il gruppo di suore che si occupava di Eluana fino ad allora, attivisti pro life e sostenitori degli Englaro, giornalisti apertamente schierati contro la decisione degli Englaro ed illustri intellettuali schierati a favore.
Il caso Eluana non finì con la morte della donna ma proseguì con accuse di omicidio volontario, archiviazioni, pronunciamenti di corti varie e alla fine con l’ingresso in politica di papà Englaro, candidato naturalmente tra le fila del PD. E poi convegni, un libro e tutto il resto compresa una discutibile comparsata a senso unico nella trasmissione di Fazio e Saviano “vieni via con me”.
E arriviamo ai giorni nostri quando la Camera dei Deputati con 278 voti a favore e 205 contrari (7 astenuti) approva il testo sul testamento biologico presentato dalla maggioranza di centrodestra e dall’UDC.
La parte più controversa del provvedimento vede l’obbligo per i medici di non interrompere mai, nei casi simili a quelli di Eluana Englaro, l’alimentazione e l’idratazione attraverso il sondino nasogastrico anche in presenza di un pronunciamento dell’interessato quando era cosciente.
Peppino Englaro ha perso una delle sue battaglie, forse la più importante. Ha vinto quella che lo voleva alla guida di un movimento di opinione che si prefiggeva lo scopo di aprire un dibattito pubblico sull’argomento, e questo indubitabilmente è avvenuto. Ha vinto la battaglia perché venisse rispettato “secondo lui” il volere della figlia. Ha vinto quella che voleva che su questo argomento ci fosse un pronunciamento legislativo esplicito a livello nazionale a favore delle pratiche per il fine vita. Ha vinto, in un certo senso, anche in questo campo perché il pronunciamento c’è stato.
Peccato che la legge approvata e ora rispedita al Senato sia il contrario di quella che voleva lui.
In rete ci sono tutti i dati per ricostruire mattone dopo mattone la successione degli eventi legati al Caso Englaro attraverso un percorso che ha portato alla formulazione della legge in Parlamento questi giorni, con un corollario di dichiarazioni inquietanti e grottesche da una parte e dall’altra delle barricate.
Da cristiano cattolico, praticante, convinto difensore del diritto alla vita e in larga parte in sintonia con alcune disposizioni di questa legge, comunque vada a finire, mi sento come oppresso da una cappa triste nella quale anche un evento così delicato e intimo per la vita di un essere umano e dei propri familiari viene regolato da codici e codicilli, spogliato completamente del suo valore umano a favore di battaglie ideologiche e questioni di principio che già ammorbano tutta la nostra vita e delle quali si potrebbe fare a meno almeno alla fine.
Beppino Englaro in questo ha perso e non ha perso da solo, hanno perso tutti coloro che vogliono che il fine vita sia regolato da una legge, che hanno portato alla ribalta, in alcuni frangenti volgare, dei media un argomento che meritava di restare nell’intimità del rapporto tra medici, pazienti e familiari.
Si moriva meglio quando si stava peggio.

symbel (redattore)

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