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La carica degli Indie Writers: scrivo, ergo… pubblico. E dieci regole del perfetto Autore Indipendente.

Creato il 21 luglio 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

La carica degli Indie Writers: scrivo, ergo… pubblico. E dieci regole del perfetto Autore Indipendente.

 

di Rina Brundu. L’ultimo è stato John Locke che di recente è entrato a far parte dell’ormai prestigioso “Kindle Million Club” (ovvero il club degli autori che hanno venduto almeno un milione di ebooks scaricati sull’e-reader Kindle di Amazon, un circolo che al momento in cui scrivo dovrebbe essere formato da Stieg Larsson, James Patterson, Nora Roberts, Charlaine Harris, Lee Child, Suzanne Collins, Michael Connelly, Janet Evanovich, Kathryn Stockett, George R.R.Martin, David Baldacci, Amanda Hocking, Stephenie Meyer), e che col suo “Saving Rachel” è pure diventato un bestseller-author del New York Times.

Chi è John Locke? Semplicemente un romanziere autoprodotto. Uno che un giorno ha deciso che non ne poteva più degli whims (i.e. dei capricci) dell’editore e/o dell’agente letterario di turno e ha scelto di fare da sé. E lo ha fatto al meglio. Sebbene Locke sia stato il primo autore autopubblicato a superare la fatidica soglia del milione di ebooks scaricati, non è certamente il primo ad essere diventato milionario e ad avere realizzato il suo sogno di diventare scrittore grazie alle sue capacità anche imprenditoriali e, soprattutto, grazie all’avere optato per questa possibilità estrema di far conoscere la sua arte.

Che il fenomeno Indie Writers (scrittori indipendenti), sia uno di quei fenomeni capaci di fare storcere il naso alla critica-che-conta o all’intellettuale-de-noiartri è cosa nota. È di pochi mesi fa un articolo del The Huffington Post Books (guarda da che pulpito viene la predica!), nel quale venivano individuate almeno quattro importanti motivazioni per cui gli Indie Writers non verrebbero presi sul serio. Queste ragioni avrebbero a che vedere con la mancanza di un accurato editing testuale nelle loro opere, con il favorire la “quantità” a scapito della “qualità”, con la mancanza di un organo di controllo che certifichi la qualità del lavoro fatto, con le copertine dei romanzi a dir poco scadenti. Naturalmente è difficile non concordare che questi siano i punti-dolenti nel lavoro di un qualunque scrittore esordiente (si potrebbero aggiungere, tra gli altri, la propensione al raccontare se-stesso, a  mancare di una formata coscienza-critica, a mancare di un progetto scritturale ben definito e importante, etc etc.), ma a mio avviso le pur brave redattrici del pezzo in questione non hanno evidentemente grande esperienza di ciò che riescono a mettere in commercio, con una faccia tosta per certi versi sorprendente, dati editori blasonati. Come non bastasse si ingannerebbe chiunque pensasse che le comunità di scrittori indipendenti (ne esistono parecchie ormai, alcune molto agguerrite e in grado di fare tendenza nell’web), siano formate da spiriti ingenui o scarsamente dotati. Au contraire, per diventare un Indie Writer affermato occorre tutta una serie di skills e di qualità tecnico-intellettive non indifferenti. Non a caso è sempre la stessa Amazon a fare una fortuna vendendo e-books che spiegano come diventare autori autopubblicati di successo e quali siano le strategie comunicazionali e di marketing (in senso lato), che bisogna mettere in atto per ottenere il risultato.

Non ho letto nessuno di questi manuali e non intendo farlo. Non intendo farlo perché ritengo che tanti di questi elementi possano essere individuati semplicemente mettendo la testa a pensare. Di più, se dovessi buttare sul tavolo, di punto in bianco, dieci regole del perfetto autore indipendente non avrei esitazioni nel dire che queste sarebbero:

1)   La determinazione ad ottenere il successo e a non arrendersi.

2)   Una naturale vena scritturale.

3)   Una notevole vision creativa.

4)   Una formazione variegata e sostanziale.

5)   Il coraggio nel rompere le “regole” anche e soprattutto scritturali.

6)   Il coraggio nel rompere le “regole” comunicazionali.

7)   Il coraggio per ignorare i diktat culturali (spesso obsoleti quando non ridicoli).

8)   Il “fiuto” per il gusto del pubblico.

9)   Una forte capacità di resiliance ovvero… di “ripresa” qualora il risultato tardasse a venire.

10)   La certezza di essere nato/a per scrivere e dunque il coraggio di rompere… tout court!

In simil guisa non ho esitazioni nel dire che il loro motto potrebbe essere qualcosa tipo the reader rules. Non saprei come tradurlo in Italiano al meglio, del resto è abbastanza self-explicative, tuttavia lo si potrebbe italianizzare con un il gusto del pubblico di lettori imperat! Penso, infatti, che questa affermazione potrebbe pure essere la chiave, se non il manifesto, per spiegare ed interpretare questo nuovo fenomeno intellettualeggiante. Un fenomeno non per niente nato in America, una terra nota per la sua allergia alle… catene. Di qualunque tipo. Specialmente culturali.

E l’Italia? Al solito noi seguiamo sulla scia tracciata da altri. O per dirla in politichese, saltiamo sul carro del vincitore quando il mezzo appare solido abbastanza per trasportare in maniera indenne noi e, se possibile, anche gli amici e la famiglia. Per correttezza debbo però aggiungere che non conosco le dinamiche italiane anche se – a parte qualche booklet pubblicato nell’aftermath di questo o quel fenomeno di costume, di cronaca o di politica che ha interessato l’opinione pubblica –  non mi pare di aver sentito di nessun autore autopubblicato che abbia raggiunto una notorietà sostanziale. Naturalmente è solo questione di tempo.

Per intanto mi piace segnalare il lavoro fatto dal giornalista Guido Mattioni che col suo Ascoltavo le maree (un testo “entrato nella rosa dei finalisti del Global eBook Awards di Santa Barbara, California, una sorta di Oscar dell’editoria digitale”), pubblicato dalle Smashwords Editions (www.smashwords.com), sia in versione italiana che inglese – quest’ultima titolata Whispering Tides – potrebbe aiutare in maniera sostanziale a settare un nuovo trend-italico. Da dire vi è che da un punto di vista strettamente tecnico (i.e. scritturale e narrativo), questo primo lavoro di Mattioni romanziere, si risolve, a mio giudizio, in un esercizio intimistico che risente molto delle esperienze professionali e personali dall’autore, ma non è qui che, sempre secondo me, sta il suo maggior merito. Il maggior merito di “Ascoltavo le maree”, infatti, sta nell’essere un lavoro auto-prodotto da un autore che è pure stato un professionista della carta stampata (Mattioni ha lavorato per una trentina d’anni come corrispondente estero per diversi quotidiani nazionali, tra i quali Il Giornale) e che, volendo, avrebbe senz’altro potuto trovare un modus pubblicativo molto più tradizionale. Detto altrimenti, questo lavoro è figlio di un autore (non sconosciuto) che ha avuto il merito e il coraggio di percorrere una strada nuova. Diversa.

Rispetto al suo editore di “riferimento”, la già citata Smashwords Editions, debbo dire che mi ha impressionato per l’expertise che mette in campo. Di fatto quando ho scaricato il testo di Guido, in entrambe le versioni, ho avuto una variegata possibilità di scelta del format e dalla variante per e-readers, a quella in pdf, finanche al mero testo in rtf, erano tutte disponibili. Mentre sono quindi certa che se le future rose-romanzate di Guido Mattioni saranno davvero tali non tarderanno a fiorire, la speranza di vedere, nel breve, un capolavoro firmato da un autore indipendente italiano è pure forte. Inutile dire che la faccenda sarebbe un evento letterario. Importante. Soprattutto rappresenterebbe la definitiva consacrazione dell’idea che la differenza non la fanno i padrini, non la fanno i critici, non la fanno gli editori, non la fanno gli accozzi.. ma la fa la creatività, la fanno le idee brillanti e vincenti, il merito, la formazione, il know-how, finanche la faccia di bronzo e specialmente il coraggio. Di essere. Ciò che siamo veramente. E ciò che siamo in grado di fare e di raccontare. Per il Bel Paese post-sfascio politico e finanziario, praticamente una rivoluzione epocale!

Featured image, collage dalla Rete.


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