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La cartografia interiore del Walden

Creato il 13 ottobre 2013 da Femina_versi @MicaelaTweets

Thoreau-Walden

Leggere Walden non è rilassante o semplice. Thoreau non è un novellista né un saggista: è un pensatore, libero per di più e indisciplinato, che mette giù a ruota libera le sue riflessioni in merito ai suoi due anni trascorsi, in regime di pura semplicità, sulla sponde del lago Walden.

Certo, la sua testimonianza ci fa riflettere sul progresso e sul vero senso della vita: ha in sé un romanticismo che si incrina solo di fronte alla realtà davanti la quale ci pone T.: il freddo, la fatica, la terra bassa, la fame, la sete, la solitudine.

Come conciliare una semplificazione dell’esistenza, una riduzione ai minimi termini che tanto appassiona i contemporanei sostenitori della decrescita, con la vita sociale ed il flusso inarrestabile del progresso?

D’altronde T. stesso terminò l’esperimento dopo due (soli) anni: aveva vinto o aveva fallito?

Chi qua scrive comprende bene scelte e dilemmi dell’autore: basti che vi dica come ancora oggi io mi scaldi con la stufa a legna (quella che T. considerava meno romantica del focolare, ma solo perché non aveva avuto occasione di conoscere il termosifone).

Come T. mi sono posta le stesse domande e, sintetizzando brutalmente, il ma chi me lo fa fare rimane sempre il nodo articolare anche dei miei sì.

Eppure Walden non è da leggere solo ed esclusivamente sotto la chiave decrescente: è molto di più.

Quello che T. cercava non era un modello economico sostenibile ma uno sguardo più ampio sulla vita, la possibilità di percepire (una volta attutiti i rumori) che – per quanto ci sentiamo progrediti ed evoluti (e a che prezzo!) – siamo ancora in uno stato embrionale della nostra consapevolezza.

Rileggere alcune sue frasi appena dopo aver concluso la lettura di Cloud Atlas di Mitchell, ha messo gli scritti di T. sotto una nuova e più limpida luce, sopratutto il discorso finale.

L’illusione del Tempo, l’esistenza soggettiva che è goccia e al tempo stesso oceano se in grado di scegliere, la schiavitù da ciò che chiamiamo “beni” con le loro invisibili catene, la libertà che è viaggio ed esplorazione ed esiste sopratutto e fondamentalmente non tanto fuori ma dentro noi stessi come una cartografia interiore.

E la Verità, quella vera, che torna immutabile nei secoli, forse piccola nella sua semplicità ma altrettanto tenace come lo è un sasso.

“Il sole non è che una stella mattutina”, conclude T.: ma non c’è dubbio che essere presente quando sorge e sempre di estrema importanza.



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