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La casa magica - quattro raccontini scritti per mio figlio

Da Paterpuer @paterpuer
Hai mai sentito parlare di magie? Di maghi? Di maghe? Di incantesimi e misteri? E… della casa magica?
Tutto cominciò con una bicicletta… e finì proprio con una bicicletta, anzi, un monociclo…

FILOPPO
Anche se non ne aveva mai posseduta una, Filoppo era appassionatissimo di biciclette, aveva una maglia con una bicicletta, un bicchiere con una bicicletta e dormiva con una coperta che aveva un grande ricamo a forma di bicicletta.
Per addormentarsi chiudeva gli occhi e contava le biciclette… Una notte di luna piena, sognando come al solito un mondo fatto di biciclette, parlò nel sonno e disse: “Voglio una biciclettaaa…”.
Al mattino, dopo tanto cercare e tanto sperare, il suo sogno si avverò: mentre stava tagliando l’erba di un campo, sentì la falce sbattere contro qualcosa di duro, durissimo, così duro che tutto il braccio cominciò a tremare; prese un bastone per far luce su quell’oggetto misterioso e… meraviglia delle meraviglie… una bicicletta! Sì, una vera bicicletta! I suoi occhi si illuminarono e cominciò a sudare dall’emozione. Finalmente anche a lui la fortuna aveva fatto un regalo: possedeva una bicicletta.
Ecco… non è che fosse proprio una bella bicicletta, era vecchia, arrugginita e ammaccata un po’ ovunque ma era una bicicletta, e questo bastava!
Filoppo tagliò con cura tutta l’erba intorno, alzò la bicicletta e se la portò a casa.
La notte dormì in garage, abbracciato alla bici.
Il mattino dopo decise di iniziare a ripulirla ben bene ma non aveva attrezzi, gli mancavano cacciavite, martello, pinze, chiave inglese e carta vetrata.
Come fare?
Disperato cominciò a piangere e piangendo singhiozzava: “Ma perché, ma perché, ma perché non ho gli attrezzi per aggiustare la mia bici?”. All’ennesima, disperatissima lacrima, cominciò a grattarsi il naso. Grattava, grattava, grattava così tanto che gli venne uno starnuto enorme, un rumore così forte che fece cadere alcuni libri dallo scaffale.
Meraviglia delle meraviglie… dietro ai libri, c’era una scatola, una scatola mai vista prima. Era di color arancione e Filoppo si alzò e corse subito a prenderla.
Era pesante e dal rumore che faceva doveva certamente contenere dei ferri. La mise sul tavolo e aprì le due serrature bianche. Quando alzò il coperchio i suoi occhi iniziarono a sorridere: c’erano cacciavite, martello, pinze, chiave inglese, carta vetrata e addirittura pennelli e colori!
“Che bello - pensò - posso riparare la mia bicicletta e iniziare a pedalare!”.
Detto-fatto si mise al lavoro. Dopo sette giorni la sua bicicletta era pronta. Non aveva un casco e così si arrotolò un grosso asciugamano in testa, si mise la sua maglia con la bicicletta, bevve un sorso d’acqua e partì…
Iniziò a pedalare felice, così felice che ancora oggi, c’è qualcuno che racconta di averlo visto pedalare all’equatore, qualcuno che giura di averlo visto pedalare al polo Nord, qualcuno che è sicuro che stia pedalando nel deserto.
Quello che è certo è che Filoppo non tornò più nella sua casa e che visse felice e contento pedalando in qualche parte del mondo…
La casa dove aveva vissuto Filoppo rimase disabitata per molti anni, ma un giorno…
ESTRAGOLO
Aveva un nome assai strano: Estragolo, e gli piacevano tantissimissimo i libri. Gli piacevano così tanto che, un giorno, per inseguire una pagina portata via dal vento, iniziò a scalare le montagne, a scendere le valli e percorrere la pianura fino a ritrovarsi in un paesino attraversato da una ferrovia. In quel paesino, finalmente, riuscì a prendere la pagina che era volata via.
Alzò gli occhi e rimase così affascinato da quelle casette tutte colorate da decidere, in un solo secondo, che avrebbe vissuto lì.
Mise la pagina nel suo zaino e pensò: “Devo trovare una casa e cercare lavoro se voglio vivere qui”.
Allora cominciò a camminare e incontrò un vecchio signore a cui chiese: ”Avete un barbiere in questo posto? Io vorrei vivere qui e mi piacerebbe fare il barbiere”. “Eh no – disse il signore – abbiamo già un barbiere, e tutti gli vogliono bene, devi trovare un altro mestiere”.
Estragolo allora disse: “ Ma… un lattaio? Ce l’avete qui un lattaio?”. Il signore si gratto la barba e rispose:” Mio caro giovanotto, qui da noi abbiamo tutti una mucca e il lattaio proprio non ci serve”.
“Un imbianchino c’è?”. “Ce ne sono quattro – rispose il signore strabuzzando gli occhi – sono quattro fratelli che non fanno cadere mai una goccia di vernice!”.
“E allora cosa potrei fare?” chiese Estragolo sconsolato.
“Potresti alzare e abbassare le sbarre del passaggio a livello, qui da noi passa il treno ma non c’è nessuno che controlla le sbarre, prima o poi succederà un incidente se non troviamo un casellante”.
“Sììììì” esplose con gioia Estragolo, “Io sarò il vostro casellante! Ma… - agiunse – dove vivrò? Ci sono case libere?”. Il vecchio si grattò ancora la barba e disse: “C’è la casa di Filoppo, è quella laggiù, con il terrazzo viola, va un po’ ripulita ma è libera e sicuramente ha voglia di accogliere qualcuno”.
E così Estragolo si trasferì nella sua nuova dimora e iniziò a fare il casellante.
Il suo posto di lavoro era su un enorme seggiolone. Un seggiolone altissimo, così alto che poteva controllare tutta la valle e avvistare i treni in tempo per abbassare le sbarre del passaggio a livello. Estragolo rimaneva sul seggiolone da mattina a sera ed era contentissimo perché poteva leggere tutti i libri che voleva.
Passarono gli anni ed Estragolo diventò vecchio, così vecchio che non riusciva più a portare i libri nello zaino.
Una notte di luna piena sognò di essere al suo posto di lavoro sul seggiolone. Nel sogno non riusciva a salire gli scalini perché lo zaino con i libri era troppo pesante e si lamentava gridando: “Ohi-ohi, povero me, non ho più forza per portare i libri, bisognerebbe che i libri avessero le gambe per venire qui sul seggiolone”.
Al mattino dopo portò con sé solo un libriccino piccolo e leggero che stava tutto in una tasca. Mentre leggeva si accorse che stava passando un treno supervelocissimo e abbassò le sbarre più in fretta che poté. Nell’abbassare le sbarre però trascurò il libriccino che fu portato via dal vento e volò fino al treno. Che botta! Le pagine furono strappate in centomila pezzettini.
Ma… meraviglia delle meraviglie… una volta passato il treno e rialzate le sbarre, i pezzettini cominciarono a muoversi come se ballassero e alla fine delle danze si misero insieme formando tanti piccoli libri che… avevano le gambe!!!
Da quel giorno i libri iniziarono ad andare da soli su e giù per le scale del seggiolone. Al mattino seguivano Estragolo fino in cima al seggiolone e alla sera tornavano da soli nella libreria accanto al caminetto.
I libri con le gambe seguirono Estragolo per moltissimissimi anni, fino a quando passò di lì un treno-biblioteca ed Estragolo decise di salirci sopra per inseguire nuove avventure.
Nessuno lo vide più in paese ma ogni tanto arrivava una cartolina con i saluti da qualche stazione ferroviaria o da qualche biblioteca.
La casa che fu di Filoppo e poi di Estragolo rimase di nuovo disabitata finché…
BLAFUNIA
Dall’altra parte del mondo viveva una bambina che amava scavare. Quando le davano da mangiare un panino, prima scavava col dito un bel buco e solo dopo cominciava a mangiare. Metteva le dita nell’acqua per bucarla ma bucare l’acqua era difficile, scavava nel gelato, scavava la frittata, scavava i pomodori ma soprattutto scavava la terra.
Un giorno qualcuno, non si sa bene chi, le regalò un bellissimo badile, e per lei fu il più bel regalo del mondo…
Si mise a scavare, scavare, scavare per giorni e settimane. Attraversò rocce durissime, acqua, terra fredda, terra secca, terra umida e terra caldissima fino a quando dai suoi scavi spuntò il sole. Blafunia, che abitava dall’altra parte del mondo, aveva scavato fino a spuntare nel giardino della casa che fu prima di Filoppo e poi di Estragolo.
Uscì dalla terra così sporca che gli abitanti del paese la scambiarono per un verme gigantesco ed ebbero paura. Blafunia fu subito conquistata dalla bellezza di quel giardino e di quella casa. Vedendo che non c’era nessuno aprì la porta e andò a farsi la doccia. Alla sera, lavata e pulita di tutto punto, decise di uscire di casa per cercare qualcosa da mangiare. Quando uscì dalla porta sentì mille voci che dicevano tutte insieme “Oooooh…!”. Gli abitanti del paese, temendo di essere invasi dai vermi giganti, si erano rimpiattati dietro ai cespugli del giardino, pronti ad attaccare e mai si sarebbero aspettati di veder uscire una bambina – pulita e lavata – dalla porta della vecchia casa.
Per festeggiare Blafunia fu organizzata una festa e tutti mangiarono e ballarono fino a notte fonda.
Blafunia si trovava bene in quel paese, essendo bravissima a scavare, aiutava tutti i contadini, che per ringraziarla le facevano trovare sempre frutta, grano e verdura di fronte alla porta di casa.
Anche la casa era bella, addirittura il pavimento della camera aveva un piccolo buco tondo, grosso come il tubo di una stufa, che permetteva di guardare la cucina al piano di sotto. Al mattino si preparava latte e caffè, appena spento il fuoco tornava per qualche minuto nel letto, con le coperte ancora calde, per sentire il profumo della colazione che arrivava in camera passando dal buco nel pavimento.
Arrivò il giorno in cui fu deciso di scavare un grossissimo canale per annaffiare l’acqua dei campi e Blafunia fu invitata a dirigere i lavori.
Lavorava dall’alba al tramonto e arrivava a casa stanchissima.
In una notte di luna piena Blafunia fu svegliata da strani rumori. Dal buco sul pavimento vedeva una luce. Chi era? Chi era entrato in casa sua? Erano ladri? Cosa le avrebbero fatto?
Iniziò a tremare dalla paura, e tremava e sudava, e piangeva e pregava mentre sentiva alcuni passi salire le scale per venire al piano di sopra, quello della sua camera…
Impaurita e disperata cominciò a sussurrare: “Aiuto, aiuto, a-i-u-t-o, voglio cacciare i ladri, aiutatemiiii…”.
Meraviglia delle meraviglie… Blafunia iniziò ad avere caldo… ops: le sembrava che spuntassero dei peli sulle sue braccia, e le unghie poi, non le aveva mai avute così appuntite…
Non sentì più i passi dei ladri ma degli strani versi di animale, di topo! All’improvviso si sentì coraggiosa come un leone, uscì dal letto e si gettò per le scale alla rincorsa dei ladri ma trovò solo qualche topo che vedendola se le dette a gambe.
Si sentiva strana però e decise di guardarsi allo specchio. Ciò che vide la meravigliò così tanto che, dalla sorpresa si addormentò di colpo: si era trasformata in una gattona e capì che per una strana magia i ladri si erano trasformati in topi.
Quando si risvegliò Blafunia non era più una gatta, era di nuovo lei, Blafunia. Andò a lavorare e nel giro di poche settimane il canale per l’acqua fu completato. Il canale era così bello che dopo un po’ fu deciso di allungarlo fino a raggiungere il mare. A scavare fu chiamata Blafunia che, dopo avere completato i lavori, scavò un tronco, ne fece una barca, si mise in acqua e raggiunse il mare.
Secondo la leggenda Blafunia divenne un’esploratrice che navigò per i sette mari. Quello che è certo è che nessuno la vide mai più in paese.
E ancora una volta la casa che fu di Filoppo, di Estragolo e poi di Blafunia rimase disabitata per lungo tempo, fino a quando quel disgraziato di Gianfaldone andò a chiudercisi dentro…
GIANFALDONE
Gianfaldone era ricchissimo, così ricchissimo che aveva sempre paura di essere derubato. Viaggiava con una diligenza enorme tutta piena di denaro, chiusa con trentacinque lucchetti.
Quando passò dal paese e vide la casa disabitata decise di andarci a vivere e di metterci dentro tutto il suo denaro.
Per paura di essere derubato non usciva mai di casa. Aveva inventato un sistema per rimanere sempre chiuso in casa. Quando aveva fame chiamava il contadino, calava una corda con un cestino giù dalla finestra, ci metteva qualche soldo, e il contadino gli portava frutta, pane e verdura.
E quando aveva sete? Per la sete gli bastava allungare un secchio con il bastone fino alla fontana e il gioco era fatto: aveva l’acqua fresca.
Se aveva bisogno di una camicia nuova chiamava il sarto, gli tirava qualche soldo e il sarto gli spediva la camicia a bordo di un piccione viaggiatore.
Gianfaldone era proprio contento ma aveva sempre paura per i suoi soldi, “E se me li rubassero anche qui in casa?”. Decise allora di compiere un grande passo: decise di murare la porta.
“Adesso sì che mi sento sicuro” pensò Gianfaldone ammirando e rimirando il cemento che ostruiva la porta.
In una notte di luna piena non riusciva a prendere sonno e sentì una vocina che diceva “Apri la porta… apri la porta… apri la porta…”. Pensò di essere pazzo e la notte dopo si mise dei tappi nelle orecchie.
Lui non sentiva niente ma la casa, si proprio lei, la casa magica, quella che aveva esaudito le preghiere di Filoppo, Estragolo e Blafunia, continuò a implorare ogni notte: “Apri la porta… apri la porta… apri la porta…”.
Anche la pazienza delle case ha un limite e siccome non c’è peggior sordo di colui che non vuol sentire, la casa magica decise di vendicarsi.
Una mattina mentre il contadino stava per portare frutta, pane e verdura a Gianfaldone, tutto il paese cominciò a sentire uno strano rumore. Era un rumore veramente strano, a metà fra la ferraglia che canta, il flauto che suona e la palla che rimbalza.
Si fermarono tutti ad ascoltare. Gianfaldone aveva ancora i tappi nelle orecchie che si era messo per dormire e non sentire la vocina della casa, e iniziò a sbraitare contro il contadino che si era fermato ad ascoltare quello strano rumore che stava diventando un suono dolcissimo e irresistibile. Quando si accorse che il contadino e tutti gli altri abitanti del paese stavano andando in piazza, Gianfaldone si tolse i tappi dalle orecchie e anche lui fu rapito da quel suono magico.
Ma chi era che suonava? Era un giocoliere venuto in bicicletta, anzi, in monociclo, un giocoliere sconosciuto che suonava e giocava.
Il giocoliere si fermò in piazza, ad aspettarlo c’era tutto il paese, come se ognuno sapesse già che l’appuntamento era proprio lì, nella piazza.
E Gianfaldone? Gianfaldone voleva andare anche lui in piazza, finalmente, dopo tanti anni in cui era rimasto chiuso in casa. Voleva andare ma anni prima aveva murato la porta con il cemento e adesso non riusciva a buttarla giù… Voleva saltare giù dalla finestra ma la finestra era troppo alta…
Il giocoliere, giunto in piazza, si fermò di colpo e tutti trattennero il respiro. “Io conosco il segreto della felicità – disse - e lo rivelerò a tutti quelli che mi sorrideranno”. Gli abitanti del paese, che non erano certo degli sciocchi, cominciarono a sorridere e ad abbracciare il misterioso giocoliere che d’un tratto – BUUM!!! - scomparve in una nuvola di fumo.
Quando il fumo si fu diradato tutti si accorsero di essere felici e decisero di ballare e far festa fino al mattino dopo.
Dal quel giorno quello è il paese della felicità, tutti gli abitanti sono felici e ogni persona che passa dal paese diventa felice.
Gianfaldone fu condannato a rimanere chiuso in casa, triste e solitario in un paese felice di persone felici, prigioniero del suo denaro e della sua stupidità.
Da allora la casa magica, delusa dagli uomini, non ha mai più voluto ospitare nessuno.
Oggi è una casa diroccata abitata solo dalle formiche ma è impossibile entrarci dentro perché la porta è murata e la finestra è troppo alta…

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