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La Cgil lancia la "green economy"

Da Brunougolini
Un incontro davvero affollato (molti i giovani), l’altro giorno nella sala Santi della Cgil a Roma. Un tema non facile: “L’energia per il lavoro sostenibile,  la terza rivoluzione industriale”. Eppure tanto interesse, tanta partecipazione. E’ come se quello che rimane il più grande sindacato italiano aprisse le sue porte al mondo del sapere e dell’innovazione. E’ anche il battesimo dell’Associazione intitolata a Bruno Trentin, presieduta da Guglielmo Epifani. Al centro c’è un confronto con  Jeremy Rifkin, fondatore e presidente della Foundation on Economic Trends.
Uno studioso che nel mondo sindacale non ha mai suscitato entusiasmi anche per quel suo libro su una pretesa “Fine del lavoro”.  Ora però lancia una nuova più concreta utopia: la terza rivoluzione industriale e nel suo intervento lancia una sfida subito raccolta. Essa  potrà moltiplicare, attraverso l’energia rinnovabile,  proprio i posti di lavoro: 250 mila in Italia. E alla fine del dibattito lo studioso (Rifkin) e il sindacalista (Epifani) firmano un vero e proprio “patto”. Numerosi gli interventi, sotto la brillante conduzione di Giuseppe Caravita (Sole-24 Ore): esponenti della Cgil come  Fabrizio Solari e Antonio Filippi, ma anche dell’Abi, della Confindustria, della Lega Coop, dei sindacati spagnoli e tedeschi. Prende così consistenza il progetto di una terza rivoluzione industriale, capace di generare crescita economica “sostenibile e responsabile verso il nostro pianeta”.  Un esempio di come sia possibile trasformare la crisi in opportunità, entrando in quella che viene chiamata “green economy”, l’economia verde.
Certo avrebbe bisogno di alcune condizioni, elencate da Epifani e affidate all’intervento di un governo capace. Puntando sulla ricerca (15 anni fa aveva fatto grossi passi avanti nel campo del fotovoltaico e del solare, ma oggi, con i tagli del Governo, siamo tornati indietro), trasformando edilizia e  trasporti divoratori d’energia, attuando una politica di coordinamento. Un modello alternativo a quello governativo fondato sulle grandi centrali nucleari “vecchie e antieconomiche”. L’energia da fonti rinnovabili potrebbe essere prodotta in modo decentrato e attraverso il Web sarebbe possibile  scambiare e condividerla attraverso un sistema di reti intelligenti.
E’ il futuro che prende corpo. Il patto finale contiene l’impegno a promuovere tra sindacati italiani ed europei, le associazioni di imprese e di cooperative e le amministrazioni locali, un piano innovativo di produzione e utilizzazione dell'energia. Sotto le parole d'ordine di rinnovabilità, collaborazione, efficienza.
Precisa Rifkin (in una recente intervista a Vincenzo Moretti) come la posta in gioco sia la democratizzazione dell’energia e la chiave di volta sia l’edilizia. Un modo per reinventare l’economia “esattamente come avvenne durante la prima rivoluzione industriale, quando fu realizzata la rete ferroviaria e di trasporto…”.  Oggi, con la terza rivoluzione industriale, “ogni singolo fabbricato, dagli uffici agli impianti industriali alle case, dovrà produrre almeno parte dell’energia che consuma. Mentre gli immobili di nuova costruzione dovranno essere a bilancio energetico positivo. Significa creare milioni di posti di lavoro”.
Certo ora, osserva Susanna Camusso nelle conclusioni, sarebbe necessario avere “un nuovo piano energetico nazionale per il paese”. Quello proposto dal centrodestra è considerato “regressivo”. Con la consapevolezza che la sfida lanciata sulla terza rivoluzione industriale deve far tornare a pensare che “il lavoro è la molla di tutto questo”.

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