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La cina e’ vicina

Creato il 21 agosto 2015 da Conflittiestrategie

La Cina ha innescato una sorta di guerra delle valute, facendo seguito alla mossa di svalutare per ben tre volte lo yuan rispetto al dollaro. E questo dal 2005 che la Cina imponeva una svalutazione così netta e inusuale come segno di una debolezza dell’insieme dei dati macroeconomici, innescando un segno negativo per le borse europee con i dati in profondo rosso per i titoli di lusso, in particolare, italiani (vedi Ferragamo, Moncler e Tods…) che uno yuan più debole riduce il gap dei prezzi di lusso con l’intera Europa.

Ma anche qui con la deregolamentazione del mercato finanziario facendo seguito all’ingresso della Cina nel Wto(2001) si colpirono a morte settori poco efficienti dell’industria mondiale (vedi in particolare quella italiana) grazie ad una liquidità illimitata (Qe) emessa dalla Banca Centrale Cinese emersero tutte le difficoltà cinesi nel perseguire uno sviluppo diffuso e lineare in tutto quel continente; il tipo di sviluppo che si creò fu per settori e per aree lasciando intere zone largamente arretrate che incisero notevolmente su uno sviluppo più complessivo.

Da qui le immense difficoltà economico-sociali cinesi e la necessità delle svalutazioni dello yuan che dovrebbe da un lato favorire l’industria esportatrice cinese dall’altro favorire l’integrazione dello stesso yuan nel novero delle monete convertibili, e che come hanno accennato nella propaganda delle autorità cinesi “uno avvicinamento alle fluttuazioni di mercato”. Una mossa disperata perché l’autorità cinese non controlla più i processi di formazione dell’offerta di moneta che a sua volta è stata sostituita dai prodotti finanziari di “derivati” creati dalle decine di migliaia di schadow bank (intermediari finanziari non bancari) che sfuggono a qualsiasi controllo dell’autorità centrale cinese e che ormai milioni di cinesi hanno avventatamente investito in borsa.

Tra i tanti nodi negativi innescati dalla crisi cinese, spicca il rischio motivato di una deflazione a livello globale. La crisi di Pechino ha frenato sul nascere la ripresa dei prezzi del petrolio oltre alle varie commodities. A ciò si aggiunge come ulteriore conferma della tendenza in atto, una nuova ondata di merci a basso costo in arrivo dalla Cina che si conferma come la grande fabbrica del mondo.

Ma il problema principale riguarda la Germania, vero motore europeo. I grandi dell’auto tedesca sono le prime vittime della franata degli acquisti cinesi (vedi Volkswagen, Bmw e Mercedes). La ricaduta sull’Italia è stata immediata come emerge dalla componentistica in Borsa vedi il ribasso di Brembo (-4%) e Sogefi (-6%), ma anche Fiat Chrysler sia le promesse di crescita del marchio Jeep in Oriente.

Il ruolo della Cina non sarà più determinato dalla sua irresistibile crescita ma da una sua irreversibile caduta pur in presenza di uno sviluppo a sprazzi e/o per aree o isole economiche e non coincidente con un suo intimo funzionamento di una economia coerente ma tortuosa che incorpora meccanismi economico-sociali che tendono a sovrapporsi con effetti artatamente devastanti.

GIANNI DUCHINI agosto ’15


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