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La Cina in Africa: opportunità e limiti della “win-win strategy”

Creato il 26 gennaio 2016 da Bloglobal @bloglobal_opi

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di Giorgia Mantelli

A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, l’Africa ha rivestito un ruolo fondamentale per la Repubblica Popolare Cinese. Una relazione sviluppatasi rapidamente in virtù della diffusione e dell’attecchimento nel Continente di principi solidaristici e anti-coloniali fatti propri dalla rivoluzione maoista. Oltre che sul piano politico, negli anni Pechino e i Paesi sub-sahariani hanno lavorato molto per sviluppare relazioni economico-commerciali entro cui dare sfogo alla cooperazione comune, producendo però evidenti squilibri sociali soprattutto in Africa. Nonostante i limiti rappresentati dalla “win-win stategy”, lo sviluppo del Continente nero non sembra tuttavia poter prescindere, almeno nel breve periodo, dalla presenza e, soprattutto, dagli investimenti economici della Cina.

Tra il 1963 e il 1964, il Primo Ministro cinese Zhou Enlai pose per la prima volta le basi per le future relazioni sino-africane governate da principi di parità, reciprocità d’interessi e non interferenza nelle rispettive politiche interne. A partire dagli anni Ottanta, i rapporti tra il Dragone e i Paesi sub-sahariani si intensificarono maggiormente e le imprese statali cinesi iniziarono a considerare favorevolmente l’Africa come un potenziale destinatario di proficui investimenti, tanto che nel 2000 la Cina diventò il maggior partner economico e politico del Continente. A formalizzare l’impegno politico ed economico cinese, è stata l’istituzionalizzazione nel 2000 del Forum triennale per la cooperazione Cina-Africa (FOCAC) con lo scopo di definire i rapporti bilaterali africani finalizzati allo sviluppo del commercio e degli investimenti. Il FOCAC ha fino ad ora contribuito alla promozione di un dialogo bilaterale tra la potenza cinese e i Paesi africani e ha garantito un certo grado di trasformazioni strutturali nello sviluppo africano. Il FOCAC è divenuto, inoltre, un importante momento di incontro e confronto tra studiosi, esperti ed analisti sia cinesi sia africani. In particolare in occasione dell’ultimo incontro che si è tenuto il 4 e 5 dicembre 2015 a Johannesburg, in Sud Africa, Pechino ha annunciato finanziamenti per almeno 60 miliardi di dollari in tre anni, che andrebbero incontro a tutte le necessità primarie, inclusi gli aiuti umanitari. Sempre in tale consesso, le parti hanno ridefinito una nuova agenda e nuovi approcci cooperativi, puntando  l’attenzione su particolari temi quali l’accelerazione del processo di industrializzazione dell’Africa, lo sviluppo delle infrastrutture, un miglioramento efficace ed efficiente dei metodi agricoli, un migliore accesso ai servizi sanitari, una riduzione della povertà e un potenziamento dell’inclusione sociale soprattutto per quanto riguarda le categorie più deboli come giovani e donne, scambio culturale, pace e sicurezza. Il Presidente Xi Jinping ha confermato le sue intenzioni di aumentare i piani di finanziamento e i progetti di sviluppo in Africa per i prossimi tre anni, massimizzando i vantaggi non soltanto per il Dragone, ma anche per il Continente. Secondo questo nuovo programma, si vorrà dare priorità ad uno sviluppo sostenibile promuovendo trasformazioni strutturali e una diversificazione della produttività continentale. L’Unione Africana (UA) giocherà inoltre un ruolo importante nell’armonizzare le politiche di sviluppo dei vari Paesi [1]. A fronte di queste premesse, all’”Agenda 2063” – il piano di azioni implementate dall’UA per promuovere lo sviluppo economico e sociale in ogni segmento delle società africane – e ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite – che coinvolgono i leader mondiali nell’attuazione di un programma di sostenibilità economica, sociale e ambientale – il 2016 sarà un anno cruciale per lo sviluppo dell’Africa. Un processo al quale la Repubblica Popolare Cinese sembra voler attivamente partecipare, investendo e promuovendo un pieno sviluppo economico e sociale, sostenibile ed inclusivo.

La Cina è sembrata intenzionata dunque a voler adottare un nuovo indirizzo strategico, mirato da un lato a promuovere un’immagine più positiva di se stessa, dall’altro a rigettare le accuse – spesso denunciate dai Paesi occidentali – di un neo-colonialismo nell’area sub-sahariana e di mirare ad un pragmatismo economico che non fa differenza tra governi democratici e autocratici. Sebbene le premesse iniziali fossero differenti [2], la Cina ha fortemente ampliato i settori d’interesse commerciale nel Continente, mostrando un interesse crescente verso altri settori, come quello manifatturiero, agricolo e dei servizi. Inoltre, in virtù di questo nuovo approccio mirato ad uno sviluppo economicamente e socialmente sostenibile, sulla cui linea si sta mantenendo anche l’attuale Presidente Xi Jinping [3], le relazioni sino-africane sviluppatesi in questi ultimi anni hanno mirato al soddisfacimento delle reciproche esigenze: da una parte vi è la grande domanda cinese di risorse naturali; dall’altra la necessità dell’Africa di dotarsi di infrastrutture.

Su questi presupposti, nell’arco di dieci anni, gli scambi commerciali si sono decuplicati, passando dai 20 miliardi del 2003 ai 200 miliardi del 2012 e registrando un tasso di crescita annuale del 16%. Nel 2014, le importazioni cinesi dall’Africa hanno superato i 200 miliardi di dollari, mentre quelle africane dalla Cina hanno raggiunto i 93 miliardi di dollari. Ad oggi, Pechino è arrivata a garantire 20 miliardi di dollari agli Stati africani, che, grazie a tali investimenti, hanno sviluppato infrastrutture e favorito processi di crescita delle piccole imprese e di ammodernamento dei sistemi agricoli, prevedendo altresì borse di studio per la formazione di personale specializzato in campo medico. Con i 60 miliardi di dollari di stanziamenti promessi dal Presidente cinese, gli Stati africani potranno puntare alla modernizzazione dell’agricoltura, l’industrializzazione, all’espansione infrastrutturale, alla crescita dei servizi finanziari, allo sviluppo economico, alle semplificazioni e agevolazioni del commercio e degli investimenti, alla lotta alla povertà, al miglioramento della sanità, alla promozione di pace e sicurezza e alla condivisione culturale. Lo stesso Xi ha inoltre aggiunto che una parte di tali stanziamenti sarà utilizzata per lo sviluppo sociale ed interno ai singoli Stati. 

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Fonti: Zawya; China-Africa Research Initiative

Nel tentativo duplice, quindi, di diversificare le proprie strategie economiche in loco e di non dipendere solo ed unicamente dal comparto minerario-energetico africano, Pechino ha riservato una grande attenzione alle infrastrutture, finanziando e sviluppando, per esempio, progetti per la costruzione di reti ferroviarie (ad alta velocità), autostradali e aeree. Una politica, questa, motivata dalla complementarietà economica esistente con i Paesi africani. Da un lato, infatti, l’Africa resta carente di centrali elettriche, reti di telecomunicazione e di trasporto, mentre la Cina vanta oggi una delle più grandi e competitive industrie delle costruzioni civili. Dall’altro lato, la crescente richiesta cinese di materie prime, utili a massimizzare un processo sviluppista interno, ha indotto il Dragone a richiedere sempre più risorse naturali per sostenere la propria crescita economica. Pertanto, in questo senso si potrebbe parlare di “win-win stategy”: la Cina necessita delle risorse di cui l’Africa abbonda, ma la cui estrazione e trasformazione sono rese possibili solo dalle nuove infrastrutture costruite da società cinesi. Ne è conseguenza di ciò l’aumento costante annuo di rapporti commerciali e degli investimenti cinesi in Africa.

Sulla base di questi presupposti, potremmo affermare che i rapporti commerciali e di cooperazione tra il Continente nero e il Dragone continueranno a crescere anche a fronte del rallentamento della crescita economica che ha spinto Pechino a restringere le proprie politiche fiscali e a ridurre gli investimenti all’estero. Esperti del Fondo Monetario Internazionale (FMI) [4] hanno stimato infatti che le economie sub-sahariane dovrebbero continuare a crescere, nonostante la dipendenza africana dall’import della spesa infrastrutturale cinese potrebbe causare indirettamente dei contraccolpi o un blocco inaspettato in un prossimo futuro. Malgrado il contesto economico sfavorevole a Pechino, non si sono ancora registrati dati allarmanti che facciano intendere un tale percorso negativo.

Se dal punto di vista economico gli Stati sub-sahariani beneficiano grandemente dalla presenza della Repubblica Popolare Cinese, un ragionamento differente deve essere affrontato sullo sviluppo sociale della popolazione africana. Infatti, è difficile effettuare una valutazione precisa degli investimenti diretti esteri della Cina in Africa e dell’impatto che questi provocano, poiché il governo di Pechino non fornisce dati o statistiche affidabili. Risulta pertanto arduo comprendere quale sia il reale impatto sociale degli investimenti orientali sulle popolazioni locali. Paesi come Mauritius, Seychelles, Botswana, Sudafrica, Namibia, Repubblica del Congo e Zambia, dove la presenza cinese è forte, hanno effettivamente registrato un aumento dell’Indice di Sviluppo Umano dell’ONU. Tuttavia, non esistono dati certi che possano far ricondurre questo miglioramento agli investimenti cinesi. Sicuramente, però, continuano ad esistere delle profonde barriere socio-culturali che spesso nel recente passato hanno creato un rapporto conflittuale tra locali e cinesi. In alcune occasioni, infatti, le popolazioni africane hanno dimostrato la loro riluttanza e diffidenza nei confronti dei cinesi, come per esempio accaduto nelle sommosse contro lo sfruttamento della manodopera e nelle manifestazioni di una richiesta di maggiori diritti da parte dei lavoratori locali verificatesi in Etiopia, Lesotho, Angola, Sudafrica e Congo; oppure la campagna elettorale vinta nel 2011 da Michel Sata in Zambia e fondata contro “l’invadenza colonialista” del governo di Pechino, accusato di trattare come schiavi i lavoratori zambesi delle miniere di rame.

Le critiche delle popolazioni locali nei confronti della Cina hanno palesato un malessere diffuso: ad una crescita economica importante non è corrisposto un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione media africana. Se da un punto di vista economico gli investimenti cinesi si stanno rivelando vantaggiosi per i Paesi africani beneficiari, maggior attenzione dovrà essere prestata al contesto socio-culturale, promuovendo azioni di ridefinizione politico-culturale bilaterale affinché i rapporti tra Cina e Africa continuino a fiorire, cercando di garantire una convivenza e una convenienza reciproca. Sotto questo aspetto, molti passi avanti sono stati fatti e i governi africani e cinese si sono impegnati a promuovere uno sviluppo economico sostenibile ed inclusivo a livello sociale. Lo stesso Xi, in occasione del FOCAC 2015, ha annunciato che tra gli obiettivi prioritari vi sarà il miglioramento delle condizioni di vita locali e che una parte degli investimenti promessi per il prossimo triennio mirerà allo sviluppo sociale degli Stati africani.

Pertanto, sebbene le relazioni sino-africane non possano essere ancora considerate una piena collaborazione “win-win”, la Cina rimane un ottimo alleato per gli Stati sub-sahariani. Spetterà ora ai governi africani e al Dragone trovare i mezzi giusti per contrastare gli effetti negativi della collaborazione e costruire una seria, reciproca e più giusta relazione “vincente”. 

* Giorgia Mantelli è OPI Trainee

[1] Yun Sun, The Six Forum on China-Africa Cooperation: New Agenda and New approach?, in “Foresight Africa: Top priorities for the Continent in 2015”, The Brookings Institution-Africa Growth Initiative, 4 December 2015.

[2] Inizialmente, le attività commerciali erano concentrate esclusivamente in quei Paesi dell’Africa ricchi di risorse naturali come petrolio, gas naturale e minerali (Sudafrica, Angola, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo e Nigeria).

[3] Il Presidente Xi Jinping ha in effetti ribadito di voler promuovere pace e prosperità, ma anche un nuovo tipo di relazione internazionale basata sull’interesse comune e sullo sviluppo reciproco.

[4] Regional Economic Outlook: Sub-Saharan Africa, International Monetary Fund, April 2014.

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