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La città dei sogni, Torino. Intervista a Pier Massimo Prosio.

Creato il 17 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Abbiamo avuto l’onore e il piacere di assistere alla presentazione del libro “La città dei sogni. Il romanzo di Torino” al Circolo degli Artisti di Torino. La penna eccezionale è dello scrittore torinese Pier Massimo Prosio, che ci ha concesso di raccogliere questa breve, ma piacevole intervista.

Pier Massimo Prosio, scrittore. Come potrebbe brevemente descriversi ai nostri lettori.

Mi definirei uno scrittore un po’ anomalo, un outsider, in quanto ho imboccato varie strade di scrittura mosso soltanto dal piacere dello scrivere e dalla inclinazione dei miei interessi culturali: voglio dire senza condizionamenti esterni in quanto non ho mai fatto parte di centri ufficiali di cultura. Così ho cercato di seguire le mie due grandi passioni culturali, l’interesse e l’amore per la mia terra e la mia città, e poi l’amore per la grande letteratura, la grande letteratura di tutti i tempi di tutti i paesi: e la parte erudito-critica e saggistica della mia opera è segnata da questi due motivi. Ma poi sono stato sopraffatto da una insistente voglia di raccontare , di narrare, non solo più di studiare e di indagare, e quindi mi sono dedicato alla narrativa con romanzi e racconti: una narrativa, lo riconosco, che risente ben poco delle linee portanti della narrativa contemporanea, ed è decisamente appartata.

Dove nasce l’idea di questo Suo ultimo libro che dipinge un meraviglioso affresco della Torino post bellica?

La città dei sogni è un libro che covavo da tempo dentro di me, e che dopo una lunga gestazione è venuto alla luce. A metà tra memoria e invenzione tra storia e fantasia, è nato dall’incontro di due esigenze. La prima quella di testimoniare la realtà non solo esteriore ma interna, psicologica e morale, di una città e in particolare di un quartiere, il Cit Turin, durante i quindici anni che vanno dalla fine della guerra sino all’inizio degli anni 60. E dall’altra il desiderio di ripercorrere un tempo della mia vita, anche se trasfigurato dal tempo e dalla fantasia. Così che i protagonisti sono due: da un lato chi dice “io” nel libro, dall’altro Torino. Insisto nel chiarire che di un romanzo si tratta, e quindi di un’opera sostanzialmente di fantasia,e non di un’autobiografia, e nemmeno di una guida storica ad una zona di Torino.

Dato che il nostro giornale affronta sempre le notizie con un occhio rivolto al passato, ritiene positivo lo sviluppo che Torino ha avuto negli ultimi 60 anni. Cosa salverebbe di allora e cosa ritiene sia stato giustamente abbandonato?

Vista con occhio “storico” certo la città di oggi ricorda assai poco quella descritta nel romanzo. E’ tutta diversa nei pregi e nei difetti e quindi un paragone è assai difficile. Certo allora c’era un maggior senso di “appartenenza”, la sensazione di far parte di una comunità con cui perciò si condividono gioie e dolori, fortune e sventure. Ma, forse, insieme a questo, pendant quasi inevitabile, c’era una ristrettezza di orizzonti che molti indicavano definendo Torino come città “provinciale”, troppo chiusa nella sua storia così diversa da quella delle altre grandi città italiane, una forma di misoneismo, di orgoglio a volte non del tutto giustificato. Oggi non c’è dubbio che Torino si è “aperta”: ma sarebbe bello che quel sentirsi parte integrante di una comunità con le sue esigenze specifiche la sua storia le sue particolarità non fosse del tutto dimenticata.

Trova che la scrittura di un romanzo possa ancora essere un metodo moderno ed efficace per trasmettere le proprie emozioni per un ragazzo di oggi che vive a Torino?

Credo che trasferire in un romanzo le proprie impressioni sensazioni idee sia un modo efficacissimo di obettivare una realtà interna e di veder meglio dentro se stessi. Quindi ritengo che anche oggi il costruire una storia in un romanzo, o comunque un’opera narrativa, sia per un giovane torinese un eccellente modo di “crescere”, di contribuire alla propria crescita e anche a quella della sua città.

Cosa ne pensa del giornalismo digitale e degli e-book?

Purtroppo io sono piuttosto vecchio e quindi come lettore e scrittore sono cresciuto nella carta stampata, e qualche difficoltà ad adattami a questo mutamento davvero epocale confesso di averla avuta, e magari di averla ancora un po’. Ma naturalmente ritengo giornalismo digitale e e-book un grande raggiungimento culturale ricchissimo di prospettive e di successi, e quindi più che benvenuto.

Festeggiamo i venticinque anni dalla caduta del muro, cosa non deve dimenticare un giovane Torinese nato all’indomani della caduta del muro di Berlino, della nostra città?

Sentirsi parte di una storia, segmento di una vicenda umana e storica, ricordare che l’avvenire non può ignorare il passato. Uno scrittore torinese, Carlo Levi ha intitolato un suo libro Il futuro ha un cuore antico : ecco, consiglierei ad un giovane di prendere questo titolo come un’insegna. Naturalmente poi ci sono vari momenti nella storia di Torino degni di essere ricordati da un giovane nella loro originalità e nel loro pregio, e basta sfogliare un libro di storia per rendersene conto. Ma io vorrei ricordare e scegliere come memento quell’indicazione gobettiana di Torino come “l’altra Italia”: definizione che non sarà da prendere come sciocco campanilismo ma come coscienza di una diversità, di una caratterizzazione che anche i giovani farebbero bene a non dimenticare.

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