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La Consulta “boccia” ministeri in Lombardia

Creato il 19 giugno 2011 da Lalternativa

Il trasferimento di quattro ministeri in Lombardia “non ha ragione al mondo, è pura propaganda, è una operazione che finirebbe per creare confusione, difficoltà di funzionamento e moltiplicazione dei costi, insomma non sta né in cielo né in terra”.

Il presidente Emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, boccia senza mezzi termini le dichiarazioni degli esponenti della Lega sulla volontà di spostare al nord alcuni ministeri. La riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione, nel 2001, ha istituito Roma Capitale, che è stata dotata di una forma particolare di autonomia: “é quindi necessario – ragiona Onida – che le istituzioni maggiori di governo della Repubblica, dal capo dello Stato, al Parlamento, al Governo, abbiano sede a Roma. La capitale, infatti, non può che essere il centro delle istituzioni principali di Governo.

Altra cosa sarebbe ragionare sulla collocazione in altre città di istituzioni non di governo (dalla Corte costituzionale ad autorità amministrative indipendenti, alcune delle quali hanno già sede fuori Roma). Quanto ai ministeri, sono uffici del Governo: possono esistere loro uffici decentrati ma non c’é ragione di crearli, si finirebbe per moltiplicare i costi.

E d’altra parte la creazione, nel 2001, di Roma Capitale, che non era prevista nella Costituzione Italiana entrata in vigore nel 1948, impone anche una sorta di vincolo che riguarda la sede”. Insomma, la Costituzione non dice, ovviamente, quale deve essere la sede dei ministeri, ma sarebbe illogico che, con Roma Capitale, il governo decidesse di spostarsi in giro per l’Italia.

Tra i primi evidenziare la necessità di “allargare l’effetto capitale” ovvero di trasferire in altre città alcune parti delle funzioni dello Stato centrale, è stata la Fondazione Agnelli la quale, con un piccolo volume, lanciò nel 1993 il concetto di ‘capitale reticolare’ sostenendo che questa era una tendenza in atto nei maggiori Paesi europei. In un breve saggio che concludeva il volume, il giurista Gustavo Zagrebelsky metteva a fuoco le diverse finalità concretamente perseguite dai “delocalizzatori” e sottolineava che il silenzio della Costituzione italiana sulla capitale non cancellava la necessità che la capitale vi sia, quale “luogo del sovrano e quindi, oggi, degli organi politici più elevati”.

Essa è infatti “elemento costitutivo di ogni organizzazione costituzionale, anche per ragioni di diritto internazionale, di rappresentanza e così via”. Il silenzio sulla capitale d’Italia, comunque, con la riforma del Titolo V della Costituzione, nel 2001, è venuto meno.


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