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La contraddizione di Fassina

Creato il 13 marzo 2013 da Keynesblog @keynesblog
La contraddizione di Fassina

Stefano Fassina, responsabile economico del PD, su "L'Unità" di ieri [ link] ha analizzato le cause della sconfitta del centrosinistra in collegamento con i temi europei. Un'analisi convincente, in cui Fassina spiega che il voto a Grillo non è solo "anticasta". Sono però le conclusioni a lasciare perplessi.

Procediamo con ordine. Secondo il "giovane turco" del PD:

Lo scenario per larga parte dell`euro-zona è di depressione, aumento della disoccupazione e innalzamento del debito pubblico. Austerità autodistruttiva e svalutazione del lavoro aggravano la questione sociale e, inevitabilmente, la questione democratica. Gli elettori italiani a stragrande maggioranza hanno detto no all`Agenda Monti, ossia all`agenda dell`euro-zona....

Le economie periferiche dell`euro-zona sono in una depressione di intensità superiore a quella vissuta durante le seconda guerra mondiale...

La Germania e i suoi satelliti vivono nel migliore dei mondi possibili, mentre i Paesi periferici e, sempre più la Francia, sono soffocati in un scenario di profonda sotto-occupazione e aumento del debito pubblico: tassi di interesse reali negativi per le aziende tedesche e tassi proibitivi per le aziende dei Piigs; impossibilità per i competitore europei della Germania di svalutare; Euro meno forte di quanto sarebbe stato il Marco. In sintesi, il Titanic euro si avvicina a velocità sempre più alta all`iceberg.

A questo aggiungiamo quanto sostenuto dallo stesso Fassina durante la direzione nazionale del PD: un partito progressista dell'Europa periferica, in questo quadro, non ha speranze.

Quindi, sarebbe la conclusione logica, il PD dovrebbe impegnarsi a cambiare il quadro. Dovrebbe proporre un governo anti-austerità e avversario del mercantilismo tedesco. Dovrebbe minacciare la Germania e le istituzioni europee di disubbidire alle imposizioni, così come fanno gli enti locali italiani contro i vincoli del "patto di stabilità interno". E, al limite, minacciare l'uscita dall'euro, sia pure come extrema ratio, se le richieste non verranno accolte.

Ma, al contrario di quanto sembrerebbe consequenziale, Fassina nell'ultima parte dell'articolo propone di formare un governo per, tra l'altro, " completare il trasferimento alla Commissione europea dell`autorità sulle politiche di bilancio (come previsto dal "Two pack") ". Uno strumento che è stato peraltro approvato proprio ieri dal parlamento europeo con il voto favorevole del PD e dei socialisti europei.

La contraddizione di Fassina

Come è possibile, ci chiediamo, muovere da un'analisi così lucida ed arrivare alla conclusione opposta, ovvero quella di accelerare la cessione dell'autonomia fiscale residua al livello europeo, senza alcuna contropartita, e per di più ad un organismo che oggi è il baluardo più inamovibile dell'austerità, un organismo il cui commissario agli Affari economici è il falco dell' "austerità espansiva" Olli Rehn? Come è possibile auspicare che il nuovo governo sia in grado di "ridefinire gli obiettivi nominali di deficit e debito pubblico" per favorire politiche di spesa, quando questi obiettivi non sono più nelle mani dei singoli stati? Come è possibile scagliarsi contro l'austerità e l'Agenda Monti e poi ritagliarsi il ruolo di sostenitori degli strumenti che, tramite il rafforzamento del vincolo esterno e senza previsioni di una politica fiscale federale, rendono l'austerità un dato non più modificabile?

Se la linea del PD continuerà ad essere così "euroreligiosa" difficilmente le prossime (probabilmente ravvicinate) elezioni potranno regalare al centrosinistra la maggioranza. E a nulla varrà lamentarsi delle conseguenze.

p.s. In proposito, consigliamo di leggere questo interessante articolo di Ashoka Mody [ link], già capo missione del FMI in Germania e Irlanda, che partendo da un'analisi simile, al contrario del responsabile economico del Partito democratico propone di ridare agli stati il controllo delle politiche fiscali e di bilancio, proprio per ricostruire l'Europa su basi più paritarie. Forse non la strada migliore o più realistica, ma almeno non incoerente con le premesse.


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