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La Coppa del Mondo è made in Italy

Creato il 19 giugno 2014 da Brasilitalia
La Coppa del Mondo è made in Italy
Forse non avete mai sentito nominare Paderno Dugnano, una località in provincia di Milano, ma sicuramente conoscete uno dei suoi prodotti più famosi: la Coppa del Mondo. E’ da un’azienda locale infatti che nasce il trofeo più ambito nel calcio internazionale, quella coppa che finirà anche quest’anno tra le mani della squadra vincitrice del Campionato del Mondo.
La GDE Bertoni è un’azienda storica che produce le coppe per la FIFA. Ebbene sì, la Coppa del Mondo è Made in Italy dal 1974, e da allora, vincitori o no, un pochino di azzurro sale sempre sul podio. Dopo il mondiale del Messico 1970, la FIFA indisse un concorso per realizzare il trofeo successivo: fu il progetto dello scultore Silvio Gazzaniga, direttore artistico della ditta GDE Bertoni a venire scelto. Nel 1974 il premio andò nelle mani della Germania dell’Ovest, squadra di casa in quella edizione, e da allora la coppa è rimasta la stessa, Made in Italy.
La ditta di Paderno nasce all’inizio del ‘900 da Eugenio Losa e il suocero Emilio Bertoni, e produce medaglie e oggetti sacri. Le Olimpiadi di Roma del 1960 segnano la svolta per la ditta, ancora oggi attiva e amministrata da Valentina Losa, nipote del fondatore, e conta una dozzina di dipendenti. Da qui provengono anche i trofei di Champions League, della Coppa Uefa e tante altre importanti manifestazioni, anche pallavolistiche, di baseball, di lotta.
La Coppa del Mondo è un oggetto fortemente simbolico e dinamico, facile da impugnare nonostante 6 chili e 175 grammi di peso. Alta 36,8 centimetri, è in oro massiccio, e occorrono 8 persone perrealizzarla, in un processo che va dallo scioglimento del metallo in uno stampo fino all’assemblaggio finale. La squadra vincitrice del mondiale porta a casa una copia in ottone dorato, mentre l’originale, di proprietà della FIFA, torna in ditta per un breve restauro, e per aggiungere il nome della nazionale vittoriosa all’elenco inciso sulla base.
Fonte: La Stampa

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