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La crisi colpisce le Olimpiadi di Rio 2016: gli organizzatori nei guai tra tagli, problemi e aziende in fuga

Creato il 16 dicembre 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

L’orizzonte si fa sempre più fosco per le Olimpiadi del 2016. La gravissima crisi economica che ha investito il Brasile ha costretto un governo mai così impopolare a effettuare crescenti tagli alle spese, con un impatto che si preannuncia durissimo per l’organizzazione dei Giochi.

La situazione dell’organizzazione delle Olimpiadi di Rio 2016 nelle scorse settimane. Appena quattordici giorni fa fa il portavoce di Rio 2016, Mario Andrada, aveva spiegato che agli atleti sarebbe stato chiesto di pagare per l’aria condizionata e che la mancanza di fondi non avrebbe consentito di sistemare dei televisori nei loro appartamenti. La scorsa estate l’Associated Press aveva messo in guardia riguardo i pericoli per la salute degli atleti derivanti dalla scarsa salubrità delle acque nelle strutture olimpiche e paralimpiche, che conterrebbero virus e batteri fecali che avrebbero già causato problemi di salute in alcuni sportivi che si stanno allenando in loco.

E’ invece di oggi la notizia, riportata da Reuters, secondo la quale la compagnia scozzese Aggreko ha abbandonato la gara d’appalto per la fornitura di elettricità alle strutture olimpiche. Andrada ha assicurato di non avere alcun problema con le aziende rimaste a concorrere, ma c’è una ragione se l’agenzia britannica parla di “un colpo enorme per gli organizzatori, che ora dovranno assicurarsi in fretta una fonte di energia per il maggior evento sportivo del mondo”. Aggreko infatti non è un’azienda qualunque. Il gruppo di Glasgow ha finora illuminato ben nove edizioni delle Olimpiadi e sei Mondiali di calcio e, sulla base di tale esperienza, appariva a tutti scontato che si aggiudicasse l’appalto.

“C’è un grande rischio che la commessa vada a qualcuno che non abbia esperienza”, osserva Will Kirkness, analista di Jefferies, “c’è qualcuno là fuori con abbastanza attrezzature? Può essere. Ma dal punto di vista operativo, la Aggreko ci sa fare davvero”. Posto che un’azienda con abbastanza attrezzature esista. Fonti vicine al dossier hanno confidato a Reuters che le aziende internazionali e brasiliane ancora in lizza sarebbero così inadeguate a occuparsi di un evento di tali proporzioni che “è probabile che chiunque vinca sarà costretto a chiedere generatori in leasing ad Agrekko”. “Non siamo stati colpiti dall’apprezzamento del dollaro, non abbiamo materiale da importare e possiamo offrire un prezzo migliore”, giura Abraham Curi, ad di Tecnogera, una delle società rimaste in gara. I soliti ben informati sostengono però che il contratto possa essere proposto in camera caritatis al colosso Usa Caterpillar, che non ha finora commentato le indiscrezioni.

Aggreko non ha spiegato le ragioni del ritiro ma è abbastanza plausibile che, molto prosaicamente, abbia il timore di non essere pagata. Il problema di fondo è che Brasilia, costretta a una dura austerità, non può coprire eventuali aumenti imprevisti dei costi. L’organizzazione potrà contare quindi solo sui ricavi di sponsor e prevendite e sulla garanzia del Comitato Olimpico Internazionale. Peccato che, nel frattempo, i costi siano aumentati di 520 milioni di dollari rispetto agli 1,9 miliardi previsti, complici l’inflazione galoppante e il crollo del real. Ciò ha costretto gli organizzatori ad abbassare da 5.000 a 4.500 il numero di persone assunte per i lavori (in ritardo di 12 mesi rispetto alla tabella di marcia dei giochi di Londra, sottolinea ancora Reuters) ed effettuare continui tagli, “i più profondi dei quali”, sostiene Bloomberg, “riguarderanno probabilmente catering, trasporti e servizi di pulizia”.

“Finché non compromettiamo i giochi, la qualità dei giochi e l’esperienza del pubblico, dovremo aumentare l’efficienza”, aveva dichiarato Andrada a Bloomberg alcuni giorni fa, “il processo non è stato doloroso finora ma da adesso lo sarà perchè dobbiamo concluderlo”. Quel che si rischia, insomma, è una sorta di “apartheid” tra gli atleti dei Paesi ricchi che potranno permettersi di optare per un albergo di lusso (come hanno già fatto le stelle dell’Nba nella squadra di basket Usa) e quelli dei paesi più poveri che, non avendo alternative, dovranno accontentarsi di stanze senza condizionatore e televisore, con il rischio aggiuntivo di contrarre un virus dall’acqua corrente. (AGI)


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