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La d eufonica: un mistero risolto

Creato il 29 marzo 2014 da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

canstockphoto1514440Ovvero quando metterla e quando no

Il punto è questo: la d eufonica non è obsoleta e non va messa a caso ogni qual volta che una preposizione o una congiunzione precede una parola che ha come iniziale una vocale.

Dal momento che stiamo parlando di linguaggio “moderno” e il nostro stile risulta comunque essere adatto ai tempi in cui viviamo, allora è bene confrontarsi con un italiano che, per fortuna, non è una lingua statica e ama evolversi seguendo i flussi del tempo. La bellezza dell’italiano, oltre che nell’evidente eleganza, consta proprio nell’adattabilità e nell’elasticità con cui è possibile giocare con le parole, nell’immenso vocabolario che permette di trovare l’esatto termine per ogni situazione, nella ricchezza dei sinonimi, che evitano il ripetersi cacofonico di alcuni fraseggi e nella meravigliosa duttilità con cui è possibile variare le regole prestabilite.

L’eufonia è l’insieme di quelle caratteristiche che rendono il suono di una parola (o frase) gradevole e fluido. Dunque, se il piacere di leggere (o scrivere ovviamente) si propone nel contenuto, diventa ancora più importante se abbinato a forme linguistiche che creano la giusta armonia. Non vi è nulla di più sgradevole che leggere un testo e “inciampare” in parole, locuzioni o suoni che distolgono dalla trama e dalla bellezza di un passaggio.

Quindi, tornando a monte del discorso, cerchiamo di capire quali sono tutti quei casi in cui la d eufonica può essere utilizzata e quali in cui è altamente sconsigliato farne uso. Sia chiaro, tale regola non è dettata da fattori grammaticali risaputi, bensì da quell’evolversi della lingua scritta e parlata a cui accennavamo prima. Per semplificare la questione, possiamo riassumere in questo modo:

  • si utilizza la d eufonica abbinata alla preposizione a quando anticipa una parola che inizia con la stessa vocale: ad andare
  • si utilizza la d eufonica con la congiunzione e oppure più raramente con la o: ed emergere, od ottemperare. Si noti come, in ogni caso, la o risulta essere sempre un po’ zoppicante con l’aggiunta della d.
  • si utilizza la d eufonica con le parole straniere che iniziano con la h (quando la pronuncia resta muta) e la cui conseguente vocale, a livello sonoro, richiama la preposizione o la congiunzione che precede la parola stessa: od hotel.
  • si utilizza la d eufonica in tutti quei casi, ormai radicati, in cui il suono, nel caso venisse omessa, risulterebbe comunque sgradevole: ad ogni modo, ad esempio, ed io.

I casi in cui non andrebbe utilizzata sono invece i seguenti:

  • Non si utilizza la d eufonica nella forma scritta quando precede la virgola: spengo la luce e (dunque non ed), esattamente come tutte le notti, precipito nel buio.
  • Non si utilizza la d eufonica nei casi in cui la vocale, con cui inizia la parola, è seguita da un’altra d: e editare, o odorare.
  • Non si utilizza la d eufonica quando la preposizione a e le congiunzioni e/o precedono vocaboli che iniziano sì con una vocale, ma differente: e ancora, a opprimere.
  • Non si utilizza la d eufonica con parole straniere che iniziano con la lettera h quando essa viene pronunciata: e Helsinki

Detto questo, va ricordato il principio per il quale il miglior metro di giudizio resta comunque il nostro orecchio, ovvero il suono prodotto nella lettura di una determinata frase, in poche parole: controllate  se vi “suona” bene. L’armonia di uno scritto dipende anche da questi piccoli particolari che, se eccessivi nell’effetto negativo che potrebbero produrre, rovinerebbero comunque qualsiasi contenuto meritevole. In sostanza, un uso eccessivo della d eufonica genera una sorta di cacofonia che diventa fastidiosa nella lettura e rende uno scritto meno elegante.


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