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“La danza della realtà” di Alejandro Jodorowsky: quando la psicomagia è arte curativa

Creato il 09 novembre 2014 da Alessiamocci

«Tutto quello che diventerai, lo sei già. Tutto quello che conoscerai, lo sai già. Quello che cercherai ti sta già cercando, è in te», ha detto lo scrittore e cineasta Alejandro Jodorowsky in uno dei suoi libri più amati dai lettori: La danza della realtà, pubblicato dalla casa editrice Feltrinelli nel 2004.

“La danza della realtà” di Alejandro Jodorowsky: quando la psicomagia è arte curativaSi tratta di un’autobiografia romanzata nella quale l’autore narra della sua vita sorprendente poiché, durante la ricerca incessante di se stesso e della propria individualità, scopre che è importante intraprendere la strada dell’universo filosofico e sciamanico. Solo questo percorso gli consentirà di capire molto di sé e inoltre gli aprirà le porte dell’immaginazione che è insita nell’uomo e che lui chiama la psicomagia, in altre parole una forma d’arte che ha come fine ultimo la guarigione.

Da questo libro Jodorowsky ha tratto un film biografico, dal titolo omonimo, distribuito in Italia da Garabondo – Arte in movimento. Il film, infatti, racconta la sua infanzia e le sue esperienze che gli hanno permesso di diventare l’uomo che è oggi, assai amato per la sua naturale inclinazione al mondo esoterico dei tarocchi e degli arcani, oggetto di studio analizzato in particolare in La via dei tarocchi (Feltrinelli, 2005), ma anche alle divinità.

«Nei tarocchi ci sono ventidue arcani maggiori», spiega l’autore nel libro, «ciascuno dei ventidue arcani dei Tarocchi marsigliesi è disegnato all’interno di un rettangolo composto da due quadrati. Il quadrato superiore può simboleggiare il cielo, la vita spirituale, mentre quello inferiore la terra, la vita materiale. Al centro del rettangolo s’iscrive un terzo quadrato che simboleggia l’essere umano, unione tra la luce e l’ombra, ricettivo verso l’alto, attivo verso la terra».

Una spiegazione senza dubbio affascinante e dettagliata di un mondo solo velatamente sconosciuto, perché in realtà attira un numero considerevole di appassionati del genere e dell’intera opera del maestro, le cui radici sono complesse giacché proviene da una famiglia d’immigrati ebreo-ucraini sfuggita alle persecuzioni razziali. «La gente desidera smettere di soffrire, è vero, ma non è disposta a pagarne il prezzo, a cambiare, a cessare di definirsi in funzione delle sue adorate sofferenze», dichiara in un altro suo fortunato libro Psicomagia. Una terapia panica (Feltrinelli, 1997), che rappresenta un’analisi approfondita degli studi nati dai traumi e dai dolori e dal metodo con cui guarire le ferite dell’anima, le stesse di cui parla in La danza della realtà che è un incrocio di magia e psicomagia, arte e surrealismo, cinema, droghe e illuminazioni. Questo è, dunque, l’universo di Jodorowsky che qui si tenterà, almeno in parte, di analizzare.

In che modo, quindi, è nata e si è sviluppata la psicomagia e, soprattutto, quali sono stati i punti di riferimento sui quali si è basato lo scrittore? Diversi sono gli scettici di questo modo di pensare e di agire, tuttavia il maestro ha proseguito con i suoi studi sulla psiche “La danza della realtà” di Alejandro Jodorowsky: quando la psicomagia è arte curativaumana, coinvolta nella cura pensata da chi in questo caso ha avuto esperienze diverse. Ogni esperienza, dunque, ha come fine ultimo l’accrescimento intellettuale. Per prima cosa è importante capire che Jodorowsky è un surrealista, grande estimatore della corrente di pensiero che fa capo agli studi sviluppati durante gli anni Sessanta da André Breton, il quale nel Manifesto del Surrealismo – un testo dichiarativo che ha scritto nell’autunno del 1924 – suggella la nascita ufficiale del movimento: «Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente sia in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale». Questo è perciò la base sulla quale lo scrittore poggia il suo discorso e l’intera opera.

Ciò nonostante Alejandro Jodorowsky è un artista poliedrico che non si è focalizzato solo su un’unica rappresentazione artistica, com’è la scrittura appunto, ma ha indagato e ha fatto sua l’arte in tutte le sue possibili accezioni e manifestazioni, cosicché è sì scrittore, ma anche saggista, drammaturgo, regista teatrale, cineasta e poeta. Non solo, ma è anche l’icona della controcultura degli anni Settanta e perfino maestro di esoterismo. Famose sono, infatti, le sue sedute di lettura dei caffè e nelle librerie parigine ed è un guru per tutti quelli che seguono i suoi studi in cui, più che orientarsi sul metodo scientifico e asettico della psicanalisi, preferisce sviluppare un metodo senz’altro originale che coinvolge i sensi.

Che cos’è quindi la psicomagia se non un metodo diverso di affrontare e pensare il mondo e la società? L’atto psicomagico è, dunque, il risultato di una teatralizzazione di atti inconsci che nella loro bizzarra forma e attuazione manifestano la loro efficacia. Quello che precede l’atto psicomagico è, invece, il risultato dell’esperienza vissuta nei rapporti interpersonali e nei vari ambienti che caratterizzano la società, dalla famiglia al lavoro. Sono queste le esperienze che il maestro chiama «la danza della realtà», che gli ha concesso di cercare soluzioni inconsuete ai problemi che rendono le persone facilmente vulnerabili. L’immaginazione è l’elemento cruciale di questa nuova elaborazione dell’agire umano, poiché abbatte le barriere del razionale, portando la coscienza a esplorare nuovi linguaggi che l’uomo non è abituato ad ascoltare giacché esulano dalla razionalità. «L’immaginazione attiva è la chiave di una visione più ampia, permette di mettere a fuoco la vita dai punti di vista che non sono i nostri, pensare e sentire partendo da prospettive diverse», dichiara nel testo.

Eppure, come ha detto nel suo libro, «soltanto chi conosce il dolore può avvicinarsi alla sapienza», poiché è questo che muove “La danza della realtà” di Alejandro Jodorowsky: quando la psicomagia è arte curatival’uomo a conoscere se stesso e ad apprendere dall’intero apparato culturale. La terapia di Jodorowsky si fonda perciò sul potere degli oggetti materiali, e in tal senso si ricollega alla teoria elaborata dall’antropologo Alfred Gell, il quale suggerisce che un insieme di produzioni artistiche sono «oggetti distribuiti» che combinano la molteplicità e la dispersione spaziotemporale in una coerenza immanente. Si rileva, quindi, che non esiste un vero contrasto fra la mente individuale e quella esterna all’individuo, visto che tutto è insito nelle percezioni dello stesso.

A differenza della psicanalisi, che analizza i fenomeni psichici che risiedono al di fuori della coscienza, la psicomagia attua un’elaborazione inversa, in altre parole predilige l’analisi elaborata direttamente dall’inconscio che ha il compito di decifrare i messaggi inviati al conscio, e questo è possibile perché il linguaggio degli oggetti corrisponde a quello dell’inconscio. Per questo si possono spiegare anche quelle pratiche magiche che sono legate agli oggetti, come per esempio accade in alcune statuine di cera che sono usate dalle streghe per danneggiare a distanza le vittime designate, una pratica che ha inciso profondamente anche nell’intera industria culturale e massmediale con la rappresentazione in varie forme di quest’atto irrazionale.

Il linguaggio simbolico degli oggetti e delle azioni è la materia sulla quale poggia gran parte del discorso elaborato da Alejandro Jodorowsky il quale, ci tiene a rilevarlo, sostiene che l’efficacia della terapia va di pari passo con il disinteresse del terapeuta per il mero aspetto economico. L’obiettivo non è guadagnare dalle sedute utili alla guarigione del paziente, ma rendersi utili affinché la stessa si realizzi.

Leggere i suoi libri è affascinante poiché il maestro ci conduce in un luogo diverso da quello cui tutti siamo abituati a vivere. Un mondo che in La danza della realtà è una continua scoperta dopo che «l’anima che trasporta il nostro corpo, non sappiamo da dove viene né dove va, ma adesso, qui, le vogliamo bene e non desideriamo perderla, è un tesoro. Una coscienza misteriosa, infinitamente più grande della nostra, conosce l’origine e la fine ma non ce le può rivelare perché il nostro cervello non è abbastanza evoluto da comprenderlo».

Written by Maila Daniela Tritto


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