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La denuncia di Pertusi

Creato il 09 settembre 2011 da Nonzittitelarte

Pertusi1Il grande basso Michele Pertusi, denuncia la cattiva gestione del teatro Regio della sua città: Parma

Questo articolo è uscito a firma di Valentina Zinelli sul settimanale indipendente IL NUOVO DI PARMA di questa settimana.

LA TRAMVATA
Il basso Michele Pertusi non fa sconti a nessuno.
“Fuori gli incompetenti dal Regio”

E’ come l’Esultate per Otello l’entra in scena di Michele Pertusi sul palcoscenico del Festival Verdi. Una prova da grande interprete che solo in pochi si possono permettere. E l’amato basso parmigiano non si risparmia. Ma non è la sua voce calda e profonda che possono sentire i parmigiani quanto i suoi strali contro una gestione della lirica ducale con cui non vuole avere nulla a che fare. Con ostinazione e con orgoglio, nonostante le profferte di pace arrivate dai piani alti del Regio. «La mia amata città deve sapere che ho rifiutato le gentili offerte che mi sono arrivate perché non voglio avere niente a che fare con questa gente. Non voglio che il mio nome venga legato a quel che resta del Festival Verdi». La sua rottura è netta, il divorzio consumato. Le prime critiche erano arrivate all’indomani della scorsa edizione: critiche sui contenuti, sulla mancanza di progetto e sull’inconsistenza delle proposte. Ora il suo tiro si sposta sulla gestione di un patrimonio colletivo come Verdi e delle risorse pubbliche. «Ce lo stiamo facendo scippare sotto il naso. E la città guarda silenziosa per non disturbare i manovratori. Ma il silenzio è complicità e io non voglio essere complice».

Per lui si sarebbero aperte le porte del Falstaff che verrà eseguito al Teatro Farnese, l’opera verdiana che gli valse un Grammy Award per l’incisione con la London Symphony Orchestra, a sua disposizione un ruolo nei Masnadieri. Si sarebbe trovata una particina anche nell’Alzira, dove non ci sono ruoli per basso, se solo lui avesse allungato la mano in segno di pace. «Manca solo mi offrissero Suor Angelica dove sono tutte interpreti femminili…», ride Pertusi.

«No, dopo quello che è successo con Rolli, Rabaglia, Cortesi, ottimi professionisti costretti all’esilio per capricci inspiegabili, non metterò certo la mia reputazione al servizio del Regio». E lo dice con il rammarico di chi, in altri momenti, si è sempre speso in prima persona. «Non è accettabile una gestione delle risorse così fumosa. Possibile che le multe non pagate del sovrintendente bloccassero 500 mila euro? E adesso chi ha pagato? Lui o noi cittadini?». Parla di etica e di trasparenza il basso parmigiano. «Non sono uomo di numeri, ma nel bilancio del Regio è chiaro che qualcosa non quadra. Se non hanno nulla da temere abbiano il coraggio di essere trasparenti. Ci vuole etica per gestire i soldi pubblici. E rispetto, rispetto di chi ti finanzia e rispetto dei contribuenti». Solo alcune amenità spulciando i bilanci dove tra i costi del Trovatore spunta una voce “banda” quando il libretto dell’opera non la prevede. Stando ai conti Yuri Temirkanov fa il direttore artistico gratis, non si capisce quanto vengano pagati gli orchestrali tra prove e recite… E alla fine di questo caos, caso più unico che raro nei teatri italiani, è responsabile il segretario generale che ha potere di firma e non il sovrintendente che non ce l’ha. Il maestro Meli è uomo di idee non di vil denaro, arrivato con la benedizione di Fedele Confalonieri, che gli ha consegnato in dote qualche campagna pubblicitari gratuita sulle reti Mediaset, e la protezione dell’allora ministro Lunardi che gestiva i fondi Arcus per la cultura ora prospera grazie alla complicità dei potentati locali. «Abbiamo scambiato Verdi per un crogiolo di ricatti. Ma non si mercanteggia su queste cose. Chi copre questo sistema se ne deve andare. Fuori gli incompetenti dal Regio», tuona Pertusi. E non parla del Sovrintendente ma di chi amministra nelle stanze dei bottoni senza mai prendere una posizione. Eppure il malumore serpeggia se Barilla è uscito sbattendo la porta e non mette più un euro né per la stagione né per il Festival mentre la Provincia di Parma ha mollato la presa dopo due anni e non paga il contributo di socio fondatore. Litigi consumati nei corridoi, cause dietro le quinte. I migliori se ne vanno, il Festival rimane una sagra di paese senza alcun appeal sulla scena internazionale, le poche risorse gestite nell’ombra. Ma proprio perché i soldi non scorrono più a fiumi deve arrivare il tempo delle scelte. Ma chi sceglie per noi? «Nelle interviste di rito al gotha parmigiano alla fine di un’opera molti  premettono “ah, io non me ne intendo…” ma allora se non se ne intendono lascino il campo ha chi ha competenze di musica, di progetti, di risorse o di marketing». «Perché – conclude Pertusi – chi copre questo sistema sarà responsabile di fronte alla città e alla storia di aver disperso uno dei nostri patrimonio più preziosi».

Posted on 09/09/2011 by gianlucafloris

La denuncia di Pertusi
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