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La dignità dello scrittore: un decalogo

Creato il 14 novembre 2012 da Mcnab75

La dignità dello scrittore: un decalogo

Non troppo tempo fa ho scritto e pubblicato un articolo molto simile: La dignità del blogger. Visto che è sempre attuale, vi consiglio di dargli una ripassata.
Fatto? Ok, procediamo.
Questo secondo decalogo nasce dall’ennesimo articolo folle e denigratorio di cui la categoria degli scrittori non sembra poter fare a meno. Questa volta i bersagli sono gli scrittori indipendenti (autopubblicati), perculati malamente da una tizia che gestisce un blog e che, guarda un po’, lavora per una casa editrice. No, non vi pubblico il link perché non merita gloria né pubblicità.
Resta il fatto che, da quando ho iniziato a scrivere e a pubblicare romanzi e racconti, ho trovato decine di articoli più o meno feroci e saccenti, da cui se ne ricava una sola, assurda regola: lo scrittore è sempre e comunque una figura che merita più critiche che elogi, più sberleffi che non rispetto.
Il che, ovviamente, è una gran boiata.
In primis perché, fermo restando la libera espressione di opinioni e critica, il rispetto va sempre mantenuto come faro, come punto di riferimento in qualsiasi campo, artistico e non.
Per farla breve, cari amici scrittori, scribacchini e imbrattacarte, vorrei ricordarvi quali sono i nostri diritti, invitandovi a farli valere con chiunque cerchi di passarvi sopra.

Dieci diritti sacrosanti per chi scrive

  • Scegliere la propria strada. Che sia essa un concorso di scrittura, il canonico invio di manoscritti alle case editrici, l’autopubblicazione etc etc. Non esiste una via giusta e una sbagliata, lasciate che siano i risultati ottenuti a essere giudicati, non il percorso fatto per arrivare a essi.
  • Cercare dei lettori. Di nuovo: scriviamo per essere letti. Quindi è nostro diritto cercare un pubblico a cui rivolgerci. Farlo via blog, via social network, sui forum o in altro modo non è una discriminante.
  • Difendere i propri lavori. C’è chi dice “dovresti solo ringraziare chi ti giudica e startene zitto“. Sbagliato! Giusto ascoltare critiche ponderate, consigli e giudizi anche negativi. Non abbiamo invece nessun obbligo di dare ragione a chi la ragione la vuole avere per partito preso, da un punto di vista oggettivo, cosa che nel mondo della scrittura esiste assai raramente.
  • Respingere i molestatori. Come ogni personaggio che si espone al pubblico, piccolo o grande che sia, ogni scrittore, anche il più imberbe, attira troll, hater, molestatori di vario genere e tipo. E’ nostro diritto respingerli con ogni mezzo, perché in loro non c’è volontà di dialogo né di discussione. Se qualcuno di questi va sull’insulto personale in pubblico, suggerisco di fargli arrivare una bella querela, senza mezzi termini.
  • Parlare bene di chi ci pare. Perché, se parli bene di un collega, sei un venduto. Se invece ne parli male sei un figo. Fermo restando che i leccalulo esistono da sempre, non si può fare di tutta l’erba un fascio. Vi sfiora mai il sospetto che, se parlo bene del romanzo di un mio amico, è perché lo stimo? E che magari la nostra amicizia è nata anche da un’ammirazione di tipo artistico?
  • Prendere le distanze dagli editori. Perché la discriminante, secondo alcuni, è questa: se hai pubblicato con un editore sei uno scrittore, sennò sei uno sfigato. E loro giudicano, danno le etichette e la patente di categoria. Sì, ma solo nella loro fantasia. Di nuovo: lasciate che siano i vostri risultati a parlare, non qualche blogger infognato con questa o quella casa editrice.
  • Non giustificare. Troverete sempre il lettore certosino che vi elenca una serie di cose mancanti nel vostro racconto, di cui lui vuole le spiegazioni omesse, giudicando ciò un grave errore. Lasciatevelo dire da me, che pure abbondo di dettagli: non siete tenuti a dare spiegazioni. Il racconto è vostro, lo stile è vostro. Magari ciò che avete scritto farà schifo ad alcuni, ma non per questo dovete giustificare le vostre scelte.
  • Mantenere il proprio ritmo. Non fatevi mettere fretta. L’entusiasmo dei lettori è bello, positivo, ma non dovete forzare i tempi per non scontentarli. Ogni volta che l’ho fatto, ho sbagliato. E poi a pagare son proprio loro, i lettori, che si trovano davanti qualcosa di meno completo del previsto.
  • Rifiutare. Rifiutate gli inviti a partecipare a questo o quel concorso, a questo o quel progetto di scrittura condivisa. Se non ve la sentite, tiratevi indietro. Meglio così che non lavorare a qualcosa di controvoglia, solo per mantenere le opportune public relations.
  • Farsi pagare. Avete il diritto di chiedere un compenso adeguato al vostro lavoro. Sì, anche quello autoprodotto. Prezzo e modo li decidete voi, ma ne avete del tutto facoltà. Perché scrivere è fatica, è impegno, ed è – appunto – un lavoro. Allo stesso tempo i lettori avranno il diritto di non comprare ciò che vendete. Semplice, no?

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