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La Dodicesima Notte: Festa Circense di un Sogno d’Amore

Creato il 29 maggio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
La Dodicesima Notte: Festa Circense di un Sogno d’Amore

"Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni" ("We are such stuff / As dreams are made on"), scrive William Shakespeare ne La tempesta tra 1610 e 1611. Ma già qualche anno prima, ne La d odicesima notte, composta tra 1599 e 1602, il sapore onirico si può gustare in tutta la sua pienezza: in un'isola - tradizionale emblema di luogo separato dal mondo, in cui lo scorrere del tempo non è lineare, ma ciclico, mitico, e dove tutto è possibile - a situazioni paradossali ed equivoci s'intrecciano scherzi e beffe malandrine, e tale impasto comico si accompagna e si mescola alla consueta trama amorosa di fondo, naturalmente contrastata e bloccata in una situazione di apparente stallo.

Sembrerebbe quasi che l'amore nelle commedie shakespeariane rifiuti la regolatezza di un sistema causa-effetto, e i fortuiti avvenimenti che rovesciano la situazione siano quindi provvidenziali per smuovere ciò che altrimenti rimarrebbe intorpidito nella non attuazione. E può capitare, come in questo caso, che l'intreccio secondario, volutamente comico nella caratterizzazione ad hoc di ogni singolo personaggio coinvolto, diventi più coinvolgente ancora del principale, tanto che lo spettatore riesce nello stesso tempo a credere davvero in ciò che vede e vivere comunque i fatti da osservatore esterno in un sogno di suo estremo gradimento.

Carlo Cecchi ha diretto la compagnia Marche Teatro in questa nuova messa in scena della commedia shakespeariana che abbiamo potuto ammirare al Teatro Carignano di Torino. Scenografia totalmente assente, ma pienezza dello spazio ugualmente garantita da un elemento fondamentale, la musica, composta da Nicola Piovani ed eseguita dal vivo direttamente sulla scena. I personaggi entrano ed escono continuamente, interagendo tra loro con il ritmo vivace di un carosello, oppure fermando tempo e azione con monologhi velati di un'ironica malinconia. Gli spasmi d'amore del Duca d'Illiria per la Contessa, ostinata nel suo continuo rifiuto e infagottata in abiti di lutto, non troverebbero soluzione se il destino non facesse capitare sull'isola una ragazzina, Viola, sopravvissuta a un naufragio: e questa, più per foga infantile che per matura temerarietà, decide subito di entrare nelle grazie del Duca travestendosi da paggio e accettando di intercedere per lui presso la Contessa.

Da qui in poi è tutto un susseguirsi di imbarazzanti equivoci, come da sempre accade nelle storie che includono il famigerato tema del travestimento: la Viola-paggio si innamora del Duca, ma ovviamente non può dimostrarglielo, mentre a sua volta la Contessa s'invaghisce di questo aggraziato e romantico emissario del suo spasimante. Tensione erotica e istinti repressi rendono questo primo plot estremamente arguto, strizzando l'occhio alla modernità che seguirà negli anni successivi (ancora una volta Shakespeare si è dimostrato veggente). Nel secondo plot, invece, i personaggi bastano a se stessi: se prima i moti dell'animo erano unicamente regolati e indirizzati dalle spinte dell'amore, adesso ogni individuo ha vita propria, domina la scena ricoprendo il ruolo prestabilito dalla tradizione (le figure della servetta astuta, dello scemo del villaggio, del vecchio zio ubriacone e dell'immancabile fool) ma rivendicando un posto di spicco nella tessitura di avvenimenti sottostanti la smania amorosa dei gran signori.

E tra questi emerge un soggetto difficilmente classificabile, il maggiordomo della Contessa, Malvolio (interpretato qui dallo stesso Cecchi): "La follia che percorre la commedia, come in un carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo capro espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico che aspira a recitare una parte nobile, quella del Conte Consorte", spiega il regista. Logorato da una misantropia cronica e dall'amore impossibile per la sua padrona, vittima della propria caduca vecchiaia e agognante una scalata sociale alla nobiltà, cui si sente affine per il disprezzo verso gli inferiori e per un narcisismo di fondo mai sfogato, Malvolio è un personaggio di cui il pubblico non può più fare a meno, soprattutto dal momento in cui diventa vittima di un crudele scherzo organizzato dalla masnada sopra citata.

Si ride e si sta bene, in questa colorata festa circense. Anche il finale, con il classico scioglimento dell'equivoco e l'apparizione del gemello di Viola creduto morto, non impedisce allo spettatore di continuare a credere in un sogno fatto di pulsioni omoerotiche, follia che supera in lungimiranza la ragione, musica come ritmo costituzionale di una vita che voglia a volte staccarsi dallo scorrere lineare del tempo per tuffarsi in un universo favolistico, dove tutto è possibile.


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