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La domanda di Debora resta senza una risposata

Creato il 24 aprile 2013 da Antonioriccipv @antonioricci

Mentre ci avviamo all’incarico di formare il governo per Enrico Letta resta una questione di fondo a cui i dirigenti del PD non hanno dato una risposta adeguata.

Il tema è stato posto ieri con chiarezza dalla neo presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani:

La domanda di Debora resta senza una risposata

“Vogliamo una spiegazione – esordisce – vorrei capire perché sono state fatte due direzioni nazionali in cui si era detto no al governissimo, per poi fare un accordo sul nome di Franco Marini, non si è capito se su un accordo con Berlusconi; vorrei capire il no a Prodi, il no a Rodotà e come siamo arrivati al presidente Napolitano. Lo vorrei capire per poterlo spiegare. Non sto dicendo che non le condivo o le contrasto, ma vorrei mi venissero spiegate”.

In effetti spiegare il percorso del mio partito dalle elezioni ad oggi risulta molto complicato.

Il Pd ha sempre detto no al governissimo, ha parlato per due mesi di governo del cambiamento e ha ragionato sulle larghe intese solo sul Presidente della Repubblica.

Lo ha pure votato in direzione nazionale.

Certo le mosse di candidare al Quirinale prima Marini e Poi Prodi in quest’ottica risultano del tutto incomprensibili.

Come scrive Civati: “Quando si parla di credibilità, si parla soprattutto di casi come questi.

E quando si parla di pluralismo, si deve essere almeno sinceri e riconoscere che la posizione ora considerata eversiva era quella della segreteria uscente (per tutti, tranne forse che per il vicesegretario, che non si è dimesso, per altro).

E quando si cambia posizione, sempre che si sia cambiata, bisogna almeno mostrarsi un po’ critici e sofferti: a meno che, appunto, l’alleanza con il Pdl, perché di questo si tratta, non sia ritenuta auspicabile”.

La sensazione è che, alle spalle del segretario, si sia sempre lavorato per il governissimo da parte soprattutto dei famosi 101 impallinatori di Prodi e dei loro capicorrente.

Ora è proprio il caso di capire e di aprire il dibattito non certo di chiuderlo.

A proposito che fine faranno gli otto punti di Bersani?

“In particolare, degli otto punti sono volate via alcune cose che è un po’ complicato fare con Berlusconi: la prima, riguarda la nuova legge sulla corruzione, che avrebbe dovuto (condizionale passato, modo e tempo del verbo che saranno molto frequentati da oggi in poi) superare di slancio la legge Severino che il Pdl aveva molto ridimensionato (già); la seconda, riguarda il conflitto d’interessi, che scivolerà nelle priorità fino all’ultimo posto, insieme alle questioni riguardanti incandidabilità e ineleggibilità; la terza, riguarda la riforma fiscale, perché si sa che il Pdl detesta la patrimonializzazione del fisco; la quarta, e andiamo nel ‘sociale’, riguarda la riforma degli ammortizzatori e il dibattito che si sarebbe potuto aprire sul reddito minimo; la quinta, e veniamo al capitolo sviluppo, è quell’idea di mobilità, di infrastrutture e di politiche ambientali che rimarranno ancora sullo sfondo (come accade da un secolo)”.



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