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La fauna della palestra è cambiata. Colpa degli specchi.

Da Nubifragi82 @nubifragi

E’ tutta colpa degli specchi. Gli specchi sono vetusti, superati, non hanno saputo rimanere al passo con i tempi, intercettare le necessità del nuovo animale metropolitano. Così la gente ha cercato altrove. Ecco.

palestra

Il fatto è che una volta gli avventori delle palestre si comportavano diversamente. Detto così pare siano trascorse manciate di lustri. Invece no, si tratta di pochi anni. Tre, quattro, al massimo cinque. E ripeto: la chiave di volta sta proprio in quegli specchi che tappezzano le pareti.

Una volta in palestra funzionava così: terminavi il tuo esercizio, lasciavi che la giugulare si riprendesse dallo stress immane a cui l’avevi sottoposta, ti avvicinavi allo specchio e fingevi di controllare la rasatura. Ma solo se eri timido, vestivi una T-shirt a maniche corte manco troppo attillata e ti accontentavi delle protuberanze che pian piano spuntavano all’altezza dei pettorali. Perché se invece facevi parte della categoria degli audaci, quelli in canotta aderente, non avevi certo timore di tendere il gomito verso la spalla sotto gli occhi di tutti. I più fieri cercavano poi lo sguardo degli altri riflesso nello specchio, mentre i più esaltati si esercitavano e parlavano solamente davanti al vetro, a costo di spostare macchine e invertire il senso di marcia dei Tapis roulant. Si narra di un atleta talmente rapito dalla forma del proprio deltoide riflessa nello specchio da terminare la seduta di allenamento senza eseguire alcun esercizio. E manco accorgersene.

C’erano poi gli allupati, epigoni del Brunelleschi in grado di guardare, grazie ad un complesso gioco di prospettive, il sali e scendi di un bel paio di natiche da qualsiasi ubicazione si trovassero.

Biosistemi uniti dallo specchio. Poi, come detto, tutto è cambiato. Non hanno voluto investire, ricercare, si sono rifiutati di scommettere sul buon vecchio vetro. Ed oggi gli specchi non interessano più a nessuno. Nessuno socializza più attraverso di loro. Addio agli sguardi vanesi, all’ammirazione dell’altrui avvenenza. Oggi a nessuno importa chi e cosa riflettano quegli specchi. A dire il vero, a nessuno interessa alcunché di ciò che ha intorno.

Ma se l’avventore della palestra non è interessato al prossimo, diversamente è alquanto attratto dal remoto. Non vi rivolgerà mai la parola, ma in compenso tratterrà discussioni argute con colleghi, facete con amici e non disdegnerà nemmeno di provarci con la barista del localino sotto casa. E dove sarebbero codeste persone? Ovunque nel mondo e allo stesso tempo compresse da algoritmi e stipate dentro lo schermo di uno smartphone.

Quindi, cari gestori di palestre, potete anche sostituire i vostri vetri con tappezzerie a fiori di Lillà. Piuttosto, assicuratevi che:

Ogni esercizio non duri più di dieci secondi. Oltre questo limite l’idea del vostro assistito di postare quella citazione nella pagina di tendenza potrebbe essere brevettata da qualcun altro. E’ poi preferibile che l’esercizio impegni un solo arto superiore alla volta, di modo che l’aspirante atleta possa nel frattempo dispensare faccine a destra e manca.

E voi che andate in palestra per esercitarvi, portatevi dietro la pazienza, oltre la salvietta. Perché troverete postazioni occupate da smartphone, uomini socializzanti seduti da ore presso la stessa macchina, donne connesse nel cyberspazio sedute ad una Cyclette dai pedali arrugginiti. E non vi crediate di implorare il posto per qualche secondo, giusto il tempo di un esercizio. Finireste, vostro malgrado, in una qualche chat di sconosciuti con l’eponimo non gratificante di “ilRompicazzo”.

Non rimane quindi che osservare la vostra triste e solitaria figura riflessa dagli ancestrali specchi mentre a pochi metri da voi si sbirciano tendenze newyorkesi, sputtanano mogli berlinesi e infilano pollicioni blu nel sedere di ex compagne di classe che non si vedono (fisicamente) da anni.

Ma non disperate: la scienza fa passi da gigante. In men che non si dica qualcuno inventerà un vetro capace di trasformare la vostra faccia in uno smile da condividere con tutti i bodybuilder sparsi tra Portland e Macao.



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