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La felicità a tempo indeterminato

Creato il 21 luglio 2015 da Alessandro Zorco @alessandrozorco
La felicità a tempo indeterminato

Oggi ho letto un bell'intervento della sociologa Lilli Pruna che mi ha colpito molto. Sarà che amo chi parla in prima persona e cerca di esprimere la propria opinione partendo dalla sua testimonianza e dal suo vissuto. Mentre amo un po' meno chi sa elargire solo giudizi e parla dal pulpito senza mettersi mai in gioco. Dicevo, in questo pezzo pubblicato da SardiniaPost ( Chi ha un lavoro stabile ha il dovere di combattere la precarietà) la professoressa Pruna, esperta di diritto del lavoro, esorta chi ha un posto fisso a non dimenticarsi mai la fatica fatta per ottenerlo e a prodigarsi, soprattutto se ha incarichi di responsabilità, perché il maggior numero di persone abbiano la sua fortuna.

Condivido pienamente. Perché se è vero che la vita è precaria, se oggi ci siamo e domani chissà, è anche vero che un contratto con su scritto "tempo indeterminato" ti cambia innegabilmente la vita. Ti allunga l'orizzonte e ti regala un po' di serenità dandoti la possibilità di progettare il futuro.

E' qualcosa che, almeno per un momento, ti fa assaporare qualcosa che assomiglia alla felicità.

Una specie di felicità...

La felicità a tempo indeterminato

Ricordo ancora quella mattina di fine maggio del 2004 quando sono andato a fare il colloquio per entrare al Giornale di Sardegna.

Nella lunga scrivania che poi sarebbe diventato il desk centrale del giornale c'erano l'editore, Niki Grauso, il direttore Antonio Cipriani e il collega Claudio Cugusi.

Dopo quel breve colloquio mi aspettavo il solito " le faremo sapere ". Invece Cipriani mi porse subito il contratto da firmare.

Lo firmai nella scrivania più periferica di una redazione open space fiammante che quel giorno mi sembrava gigantesca.

Non so se è esprimibile la felicità di firmare un contratto a tempo indeterminato quando non sei più un ragazzino e hai alle spalle una interminabile gavetta da cronista, fatta di migliaia e migliaia di articoli scritti a casa su portatile, spediti via mail e pagati pochi euro.

Non so se è esprimibile la felicità di sapere che in quella redazione con i muri di pietra sarda c'è una scrivania anche per te, c'è un computer dove ogni giorno potrai fare la cosa che ami di più: scrivere. E che ci saranno dei colleghi con cui condividerai l'avventura più appassionante per chi fa il nostro lavoro: la nascita di un nuovo giornale.

La felicità è poter mostrare quel contratto a tempo indeterminato ai tuoi genitori che nel corso degli anni hanno seguito con ansia e preoccupazione il tuo tortuoso percorso professionale senza farti mai mancare la loro presenza e il loro supporto. La felicità è sapere che qualcuno ha apprezzato i tuoi sforzi, il tuo lavoro quotidiano e ha avuto fiducia in te. La felicità è poter andare l'indomani mattina in banca e indebitarti per i prossimi vent'anni, sapendo che però potrai finalmente dare alla tua famiglia un'esistenza più decorosa.

La verità è che tutti abbiamo bisogno di un po' di stabilità. Hanno voglia di sostenere il contrario i soloni che sponsorizzano il lavoro flessibile e che ci prendono in giro raccontandoci che al giorno d'oggi il posto fisso non esiste più.

Certo, la felicità è un attimo, ma tutti vorremmo che quell'attimo fosse il più lungo e il più bello possibile. Vorremmo che fosse un attimo a tempo di indeterminato. E' una felicità a cui, stando alla nostra Costituzione, tutti dovremmo avere diritto.

La felicità è un attimo, meglio se a tempo indeterminato Click to Tweet

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